Il diritto dei somari

Il mega-risarcimento inesistente a un esercito di clandestini è un'arma di distrazione di massa: serve a coprire l’euro-riarmo da 800 miliardi per comprare armi.

di Marco Travaglio

Da due giorni la politica e la stampa al seguito discutono di una sentenza che non è una sentenza (ma un’ordinanza), di un mega-risarcimento inesistente a un esercito di migranti clandestini (che se va bene sono uno, non clandestino e non risarcito), di fantomatiche toghe rosse che condannano il governo a dirottare cifre astronomiche dai veri bisogni dei cittadini onesti (la somma, per ora solo ipotetica, va dai 960 ai 1600 euro). Se il movente di quest’arma di distrazione di massa non fosse lampante – distogliere l’attenzione dall’euro-riarmo che ruba ai cittadini onesti 800 miliardi per comprare armi da guerra – ci sarebbe da promuovere una class action per chiedere i danni al governo e all’intera stampa (con un’eccezione che non citiamo per pudore) per abuso della credulità popolare. Il caso è semplicissimo. Nel 2018 la nave Diciotti della Marina militare soccorre 190 migranti dopo che Malta, chiamata a intervenire nelle sue acque, se n’è fregata. Il ministro Salvini, visto che il suo premier Conte ha appena strappato al Consiglio Ue l’impegno volontario dei 27 Stati membri a ripartirsi i migranti che approdano in Italia, fa subito sbarcare malati e minori non accompagnati. Per gli altri, attende che l’Ue faccia il suo, poi dopo 10 giorni autorizza lo sbarco a Catania. Molti sono eritrei in fuga dalla dittatura, dunque hanno diritto all’asilo. Ma non lo chiedono in Italia: preferiscono invocarlo in altri Paesi e lo ottengono.

Salvini viene indagato per sequestro di persona, ma il Senato nega l’autorizzazione a procedere perché il suo era un “atto politico” insindacabile. Quaranta eritrei fanno causa civile allo Stato. Il Tribunale di Roma nel 2019 e la Corte d’appello nel 2024 danno loro torto. Tutti i denuncianti si arrendono, tranne uno, che vive a Londra e ricorre in Cassazione. Questa giovedì emette a Sezioni Unite un’ordinanza che annulla la sentenza d’appello e gli riconosce il diritto al risarcimento del danno per l’“illegittima restrizione” sulla nave, non si sa se solo per i quattro giorni in alto mare o anche per i sei nel porto di Catania. E restituisce gli atti alla Corte d’appello per una nuova eventuale sentenza, che potrà arrivare solo se entro sei mesi il ricorrente riassumerà il giudizio per un risarcimento che ha quantificato in 160 euro al giorno. Se lo farà e la Corte seguirà la Cassazione, avrà 960 euro (calcolando solo i 6 giorni in porto) o 1600 (contando anche i 4 in mare aperto), più le spese legali. E nessuno degli altri 190 migranti rimasti sulla Diciotti potrà sfruttare la sua sentenza: la prescrizione scatta dopo cinque anni e qui ne sono passati otto. Il diritto afferma che “la legge non ammette ignoranza”. Ma noi viviamo nel rovescio, dove l’ignoranza non ammette legge.

Il Fatto Quotidiano, 9 marzo 2025

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