Il complotto renziano contro le sorelle Meloni un capolavoro di comicità involontaria

Il complotto contro le sorelle Meloni è una farsa che risolleva Renzi e lascia Giorgia nei guai. Un’autogol politico che sfiora il ridicolo.

Il complotto renzian-giudiziario contro le sorelle Meloni sembra una parodia mal riuscita, tanto che perfino Mel Brooks avrebbe fatto di meglio. Tra accuse senza capo né coda e la risurrezione politica di Renzi, che si crogiola nella sua ritrovata visibilità, la vicenda sfiora il ridicolo. Giorgia Meloni, nel tentativo di sviare l’attenzione dai veri problemi, finisce solo per alimentare sospetti inutili, dimostrando che anche un autocomplotto può essere fatale se gestito male.

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Colpi di sòla

di Marco Travaglio

Se il complotto renzian-giudiziario contro le sorelle Meloni l’avesse sceneggiato Mel Brooks, non sarebbe venuto così bene. Una domenica d’agosto l’autorevole Sallusti annuncia che misteriose entità politiche, mediatiche e giudiziarie tramano per indagare Arianna Meloni per traffico di influenze illecite nelle nomine negli enti pubblici da lei fatte (poche) o a lei attribuite (molte) e rovesciare il governo. La prova sarebbero gli articoli di alcuni giornali sull’attivismo della Sorella d’Italia e le sparate di Renzi&C. sul familismo meloniano. La presunta notizia dovrebbe suscitare l’ilarità generale perché presuppone, nell’ordine, che: Sallusti possa scrivere qualcosa di vero; Renzi possa essere preso sul serio da qualcuno, e non in Arabia, ma nella magistratura; il traffico d’influenze, appena svuotato da Nordio, possa essere affibbiato a una dirigente di partito che fa ciò che fanno tutti da sempre e non risulta che riceva in cambio soldi o altre utilità. Eppure lo scoop sallustiano raccoglie conferme sdegnate dalla premier, da tutto FdI e dalla stampa di destra (incluso Sallusti, che si conferma da solo). Nessuno sa dove sia l’inchiesta né per cosa, ma queste sono quisquilie. Per rendere più credibile il tutto, Giorgia dice che era già successo a B.. Avesse detto Virginia Raggi, plurindagata e pluriassolta, potrebbe cascarci qualcuno. Ma l’idea che per indagare B. occorresse inventare reati, quando la sua biografia era un catalogo di opzioni, fa sganasciare. Gran finale: Renzi, che non sapeva più come farsi intervistare dai giornaloni per offrirsi al Pd, torna al centro della scena, tutto contento che qualcuno gli attribuisca qualcosa di serio e fintamente indignato per l’altrui familismo (senti chi parla) e complottismo (risenti chi parla). Vedi mai che il Pd boccalone lo creda davvero in grado di portarle in dote, in mancanza di voti, le teste delle due Meloni su un piatto d’argento.

Resta da capire perché una tipa sveglia come Giorgia abbia montato questo can-can. Per distrarre l’attenzione dai guai autunnali? Avrebbe scelto un sistema meno suicida: ora tutti penseranno che abbia qualcosa da nascondere in famiglia, anche se non ce l’ha. Per smentire che dietro a ogni nomina ci sia la sorella? Le basterebbe convocare la stampa spiegando la genesi e i motivi di ogni nomina. Perché, come molti inquilini di Palazzo Chigi, è in piena sindrome di accerchiamento? Può darsi: anche lei, come Conte, è vista come un’intrusa dalle élite più putride, use a scalzare gli outsider tramite qualche infiltrato. Ma Conte aveva la sfortuna di avere Renzi in casa: lei ha la fortuna di averlo fuori. Perciò, più che all’esterno, dovrebbe guardare all’interno della sua maggioranza. Gli unici complotti che funzionano sono gli autocomplotti.

Il Fatto Quotidiano, 20 agosto 2024

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