Sarà che il potere dà alla testa e logora anche chi ce l’ha, ma prima o poi arriva il momento balurdùn. Che, in alcuni dialetti del Nord, significa stordimento, capogiro, perdita di lucidità. Di solito è dovuto a troppa sicurezza di sé, troppo consenso, troppa adulazione, troppa compiacenza dei collaboratori che dovrebbero fungere da freno inibitore contro i rischi di ùbrise delirio di onnipotenza, spesso misti a mania di persecuzione e sindrome di accerchiamento. A B. capitò dopo la perdita della madre e della prostata, quando si tuffò nei bunga bunga con decine di ragazze a botta, anche prostitute, anche minorenni. A Renzi quando i sondaggi sul referendum volsero al No e pensò di spaventare gli italiani con la minaccia di lasciare la politica, che i più vissero come una speranza. Salvini stravinse le Europee 2019 raddoppiando i voti in un anno ed entrò in modalità Papeete rovesciando il Conte1 per votare subito e governare con “pieni poteri”: da allora non ne azzeccò più una. Neppure Conte fu immune dal balurdùn: fu quando, in vetta ai sondaggi dopo il successo dei 209 miliardi di Pnrr, annunciò la nuova stretta per la seconda ondata Covid con una serie di “non consentiremo” che rompevano la sua comunicazione morbida e inclusiva. Draghi entrò in fase Marchese del Grillo quasi subito, con i diktat sul Green Pass spacciato per scudo spaziale contro i contagi attivi e passivi in barba alla scienza; poi tracimò con l’incredibile autocandidatura e autopromozione al Quirinale e si schiantò contro il Parlamento.
Ora tocca alla Meloni. Fino alla liberazione di Cecilia Sala dettava l’agenda e nascondeva i disastri del governo dietro la sua parlantina e la sua immagine. Ogni cosa che sfiorava diventava oro. Poi Re Mida è diventato Re Merda. Ha perso il tocco magico. Anziché imporre i suoi temi, insegue i ceffoni che le danno la realtà e le opposizioni per gli errori suoi e dei suoi. Anziché “metterci la faccia”, si nasconde e lascia la vetrina alla sua improbabile classe dirigente. A volte è solo colpa sua, come su Almasri, Santanchè e i migranti. A volte c’è pure la sfiga: il Pil e l’occupazione giù, il gas su, i treni fermi, l’indagine al Tribunale dei ministri, gli strani smottamenti nei Servizi, Trump che scredita se stesso e gli amici in tutto il mondo, il libro di Giacomo Salvini che riapre vecchie ferite con la Lega. La Giorgia di qualche mese fa avrebbe chiuso il caso Almasri in mezzo minuto: “L’abbiamo liberato perché la Libia ci ricatta sui migranti e sugli italiani che lavorano lì per Eni&C. Di più non posso dire: è segreto di Stato”. E l’avrebbe volto a suo vantaggio. Invece ha spedito Totò e Peppino a coprirsi e coprirla di ridicolo in Parlamento. È presto per dire se sia iniziato il declino. Ma la luna di miele è un lontano ricordo.
Il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2025