Giuseppe Salamone
Non poteva mancare di certo lui a Sanremo, quello che per vincere un Oscar taroccò la storia facendo arrivare per primi i carri armati statunitensi a liberare i campi di concentramento. Dimenticandosi che erano stati i Russi. Stiamo parlando di Roberto Benigni. Uno che quando conformismo chiama, lui risponde e anche alla grande:
“Presidente Mattarella, siamo sempre vicini alle sue parole, ci riconosciamo, non abbiamo mai sentito uscire da lei una parola che non fosse di verità e di pace. Siamo orgogliosi di essere rappresentati da lei, per la sua dignità e umanità”.
Evidentemente per verità si riferiva alle parole pronunciate contro la Russia paragonandola al Terzo Reich e che ha causato un incidente diplomatico. Per pace forse faceva riferimento ai bombardamenti in Serbia con uranio impoverito, alla posizione ultra Atlantista nella guerra per procura in Ucraina e al silenzio sul gen*cidio a Gaza. Ora da Benigni non è che ci si possa aspettare granché. Figuriamoci…
Una volta li chiamavano giullari di corte. Ovvero personaggi che avevano lo scopo di compiacere e far passare momenti leggeri al Re. Oggi ce li passano come grandi artisti. La morte intellettuale di un paese passa anche e soprattutto da queste cose. E noi siamo un paese morto. Completamente morto ucciso da un bieco conformismo non più ideologico, ma esistenziale…