Avevamo previsto come sarebbe finita la guerra in Ucraina, ma anche la reazione dei guerrapiattisti alla resa dei conti: fischiettano tutti come se i fatti non sbugiardassero proprio loro. Spacciano la resa di Zelensky su Donbas e Crimea per una sua mossa geniale: “La svolta di Zelensky” (Repubblica), “Pace in Ucraina, Zelensky apre” (Stampa),“Svolta di Zelensky: trattiamo” (Messaggero), “Zelensky apre il negoziato” (Giornale). Come a dire: sono tre anni che provo a mettermi con Monica Bellucci, non l’ho mai vista se non in foto, ma ora se mi chiama magari le rispondo. I più ottusi, tipo il rag. Cerasa sul Foglio cavillano sulle parole di Zelensky: “Non ha detto di rinunciare ai territori occupati, ha detto: europei tocca a voi”. Cioè: siccome da tre anni l’Ucraina non fa che perdere territori, ora l’Ue ordinerà a Putin di restituirli tutti e lui obbedirà all’istante. Il duo comico Taradash&Loquenzi (mantenuto dai contribuenti) vomita bile sul Fatto per il titolo Abbiamo perso la guerra. I poveretti pensano che abbiamo attribuito la frase a Zelensky, senza accorgersi che non ha virgolette perché è nostra. E parla dell’Europa sconfitta e suicida per una guerra persa in partenza, non solo dell’Ucraina che ci ha messo i morti per procura. Mieli, più furbo, non prova neppure a negare la debacle, ma continua a falsificare la posizione di chi ha avuto ragione: “Dicevano dal primo giorno quanto ‘convenisse’ la resa immediata di Kiev”. No, ciccio: nessuno ha mai chiesto una resa, ma un negoziato che prima dell’invasione russa l’avrebbe evitata (gli accordi di Minsk violati dai governi ucraini) e un mese dopo l’avrebbe fermata con 1/20 di vittime e condizioni molto più vantaggiose delle attuali (l’intesa di Istanbul sabotata da Usa e Uk).
Ma i fischiettatori vanno capiti: dopo tre anni passati a compilare liste di putiniani e a pendere dalle labbra di un rincoglionito (Biden), uno squilibrato (Johnson) e un mitomane illuso da noi (Zelensky), temono che emerga la verità: i veri amici di Putin e nemici degli ucraini erano loro. E fingono di non essere quelli che “con Putin non si tratta”, “il cessate il fuoco è un favore ai russi”, “Mosca in default”, “le sanzioni funzionano”, “Putin morente”, “Russia isolata”, “pace giusta”, “piano della vittoria”, “riconquista di Donbas e Crimea”, “confini del 1991”, ”Kiev nella Nato”, “controffensiva vincente”, “Armata Rotta”, insulti a Trump, a Orbán, a Scholz e persino al Papa perché provavano a mediare. Uno normale scaverebbe una buca e sparirebbe per sempre. Ma i pappagalli Usa non si vergognano, anzi si credono coerenti: ieri leccavano Biden, ora leccano Trump. Come gli sciuscià che lustrano le scarpe di questo e quello senza neppure alzare gli occhi per vedere di chi sono.
Il Fatto Quotidiano, 20 dicembre 2024