Sembra ieri che senza l’Ucraina la NATO non potesse più esistere, che la Georgia fosse un pezzo imprescindibile della sicurezza atlantica, che senza questi due paesi saremmo stati spacciati. Peccato che bastava leggere cosa significasse NATO: North Atlantic Treaty Organization. Nord Atlantico, capito? Non Black Sea Treaty Organization, non Caucasian Defense Club, Nord Atlantico. Ma l’abbiamo mandata giù per trent’anni questa balla, a ripeterla a loop come dei pappagalli addestrati. Adesso basta un Trump qualsiasi che dice “sapete che c’è? L’Ucraina nella NATO ve la scordate” e puff, sparita. Nessuno ne parla più, nessuno la rivendica. La Georgia poi non la nomina neanche più il portinaio della NATO. Quindi, domanda: se davvero era così indispensabile, perché adesso non interessa più a nessuno?
Nel frattempo, però, su questa balla colossale si sono costruiti due colpi di stato e due guerre. Una in Ucraina e una in Georgia. E mica perché sono paesi speciali, perché lì la democrazia è più fragile, o perché la Russia è cattiva. No, semplicemente perché avevano il difetto di avere regioni russofone che non volevano saperne di sentirsi occidentali: Donbass e Crimea da una parte, Abkhazia e Ossezia dall’altra. Perfette per essere usate come esca, per provocare Mosca, per tirarla dentro a una guerra e poi magari riuscire pure a farla a pezzi, spezzettarla come la Jugoslavia. Il sogno bagnato dei neocon americani, che sono uguali da trent’anni sia con i Democratici che con i Repubblicani: far fuori la Russia e spartirsi le sue risorse.
Piccolo ripasso storico per smemorati
- Crolla il Muro di Berlino. Summit a Malta: Bush padre promette a Gorbaciov che la NATO non si allargerà “neppure di un pollice” oltre la Germania. 1991: il Patto di Varsavia si scioglie, la NATO no. Anzi, a Bonn i diplomatici americani, inglesi, francesi e tedeschi mettono nero su bianco che la NATO non si espanderà. 1994: Clinton cambia idea. La Russia di Eltsin, che sta in ginocchio e dipende dai soldi occidentali, avverte: “così non avremo una pace vera, ma una pace fredda.” Nessuno lo ascolta.
1997: l’Ucraina firma un accordo con la NATO, ma anche con la Russia. È neutrale. Jelzin dice a Clinton: “Lascia stare l’Ucraina.” Nel frattempo i neocon come Brzezinski e Cheney scrivono i loro piani: prima si inglobano i paesi ex sovietici, poi i baltici, poi l’Ucraina. 1999: la NATO tradisce tutti gli impegni, si prende Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, poi bombarda Belgrado e smembra la Serbia, alleata della Russia. Jelzin protesta: “Se la NATO arriva ai confini della Russia, brucerà tutta l’Europa.” Nessuno lo ascolta. Alla fine dell’anno si fa da parte, al suo posto arriva Putin.
Vent’anni dopo, la NATO è al confine russo. E adesso?
Quello che è successo dopo è cronaca. La NATO si è allargata fino alla Russia, i russi hanno reagito come avevano sempre detto che avrebbero reagito. Prima in Georgia, poi in Ucraina. Noi europei invece ci siamo comportati da perfetti idioti: abbiamo accettato di distruggere la nostra economia per sanzionare Mosca, mentre gli americani facevano affari con lei sottobanco. Adesso Trump decide di chiudere il teatrino, e invece di festeggiare perché almeno il disastro finisce qui, noi cosa facciamo? Ci ostiniamo a voler combattere una guerra che ormai interessa solo a noi.
La Meloni e la NATO di carta
Perché poi c’è pure questo dettaglio tragicomico. L’Italia firma un accordo con l’Ucraina che è praticamente carta straccia. I francesi e i tedeschi almeno qualcosa scrivono, noi facciamo retorica. Poi la Meloni dice che bisogna estendere all’Ucraina l’articolo 5 della NATO, cioè la mutua difesa. Giusto per capirci: significa che se Mosca lancia una bomba nucleare su Kiev, noi dobbiamo dichiarare guerra alla Russia. Ottimo. Così ce la togliamo subito questa voglia di fare gli eroi.
E il bello è che, alla fine, se la pace arriva sarà per motivi di soldi. Perché in tutto questo c’è un piccolo dettaglio: l’accordo per lo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine. Acciaio, carbone, terre rare. Se le grandi imprese occidentali – cioè americane – mettono le mani su quei giacimenti, allora possiamo stare certi che l’Ucraina sarà al sicuro. Perché nessuno bombarda il proprio business. È una regola più ferrea dell’articolo 5.
Il grande equivoco su Putin
E infine c’è la questione più grossa: abbiamo passato vent’anni a raccontarci che Putin è il peggio che potesse capitare alla Russia. E se invece fosse il meno peggio? Se dopo di lui arrivasse qualcuno di molto più pericoloso? Perché è successo lo stesso con Prigozhin: ci hanno detto che era un dissidente, un ribelle, un nemico di Putin. Poi quando ha fatto il suo colpo di stato, hanno capito che sarebbe stato pure peggio. E se domani crolla il regime e arriva uno che la bomba nucleare la usa davvero?
Ci abbiamo mai pensato? O vogliamo continuare a farci del male, inseguendo l’ennesima guerra inutile, mentre gli americani si preparano a trattare con Mosca e lasciarci nella merda?