Gli USA contro i paesi BRICS: divide et impera

Trump promette di rilanciare l'America con tariffe e reindustrializzazione, ma consumismo, inflazione e il boom della Cina rendono il suo obiettivo irrealizzabile.

Donald Trump, con la sua solita fanfara, ha promesso agli americani di “far tornare grande l’America” a colpi di tariffe, guerre commerciali e reindustrializzazione lampo. Ma la realtà è ben diversa: il consumismo sfrenato, le importazioni record e un sistema industriale vetusto rendono queste promesse fumo negli occhi. Mentre gli Stati Uniti si attorcigliano su sé stessi con sanzioni e minacce, la Cina avanza con la sua Belt and Road, i BRICS crescono e il mondo si svincola dal dominio del dollaro. Trump, che sventola lo slogan come una bacchetta magica, si trova davanti a un futuro dove l’America, più che grande, rischia di diventare irrilevante.

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L’ascesa di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha rappresentato un terremoto politico e geopolitico. Fin dall’inizio della sua campagna elettorale, Trump si è proposto come un outsider, un uomo del popolo contro l’establishment, promettendo di risolvere tutti i problemi del paese attraverso una strategia chiara: “Make America Great Again”. Tuttavia, dietro lo slogan accattivante si celano politiche contraddittorie, spesso inefficaci, che hanno esacerbato alcune delle più profonde debolezze del sistema americano.

Il cuore delle promesse di Trump era una reindustrializzazione massiccia e la ripresa dell’egemonia economica americana. Tuttavia, la realtà economica degli Stati Uniti è profondamente radicata in un consumismo sfrenato. Nel 2023, il paese ha importato beni e servizi per un valore di oltre 3,8 trilioni di dollari, dimostrando una dipendenza cronica dalle importazioni. Questo squilibrio commerciale è emblematico di un modello economico insostenibile, in cui la cultura del consumo supera di gran lunga la capacità produttiva nazionale. Gli americani, abituati a vivere in un contesto di abbondanza, difficilmente accetterebbero un cambio di paradigma che li porti a consumare meno o in modo più responsabile.

Per affrontare questa situazione, Trump ha adottato misure protezionistiche, imponendo tariffe su beni importati da alcuni dei principali partner commerciali degli Stati Uniti. Tuttavia, queste politiche rischiano di generare inflazione e danneggiare ulteriormente l’economia americana. L’idea di utilizzare il dollaro come arma economica, una strategia già sfruttata in passato, sta spingendo molti paesi a cercare alternative alla valuta statunitense. La crescente tendenza a svincolarsi dal dominio del dollaro segnala un cambiamento epocale, che mina uno dei principali pilastri del potere americano.

La promessa di reindustrializzazione, che Trump ha presentato come una soluzione rapida e indolore, si scontra con una realtà ben diversa. Ricostruire il tessuto industriale americano richiederebbe decenni, investimenti enormi e una profonda trasformazione delle infrastrutture logistiche. Nel mondo globalizzato di oggi, la velocità di fornitura è diventata una priorità tanto quanto il costo dei prodotti. Paesi come la Cina, che hanno sviluppato catene logistiche avanzate e competitive, rappresentano un modello difficile da eguagliare. Mentre in Cina i droni consegnano cibo a domicilio, negli Stati Uniti la logistica è ancora legata a sistemi obsoleti e inefficaci. Questo gap tecnologico e organizzativo rende la sfida della reindustrializzazione ancora più ardua.

Sul fronte geopolitico, gli Stati Uniti sembrano aver perso la capacità di esercitare la loro influenza in modo positivo. La guerra in Ucraina è un esempio emblematico: Trump aveva promesso di risolvere il conflitto in 48 ore, vantando relazioni amichevoli con Putin e Zelensky. Tuttavia, queste dichiarazioni si sono rivelate solo propaganda elettorale. La realtà è che gli Stati Uniti continuano a sostenere conflitti e destabilizzazioni in diverse parti del mondo, dall’Ucraina a Gaza, passando per tentativi di colpi di stato in paesi come la Bielorussia e la Georgia. Questo approccio, basato su interventi militari e pressioni politiche, ha reso gli Stati Uniti sempre più isolati sulla scena internazionale.

Mentre gli Stati Uniti si affidano a politiche aggressive, la Cina ha adottato una strategia completamente diversa. La Belt and Road Initiative, avviata oltre dieci anni fa, è un esempio di come Pechino stia costruendo relazioni economiche e infrastrutturali a lungo termine. Investimenti per oltre un trilione di dollari, eliminazione delle tariffe per i paesi in via di sviluppo e sostegno alla pace attraverso le istituzioni internazionali sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano l’approccio cinese. Questa politica inclusiva ha permesso alla Cina di rafforzare la propria leadership globale, mentre gli Stati Uniti si concentrano su sanzioni e minacce.

Anche sul fronte economico globale, gli Stati Uniti stanno perdendo terreno. I paesi del BRICS, che rappresentano oggi il 35% del PIL globale rispetto al 30% dei paesi del G7, stanno dimostrando una crescita costante e significativa. L’Asia, in particolare, si conferma il motore dell’economia mondiale, con tassi di crescita molto superiori a quelli dell’Occidente. La produzione industriale, la capacità di innovazione tecnologica e lo sviluppo di nuove rotte commerciali stanno spostando l’asse economico verso Est, lasciando gli Stati Uniti in una posizione sempre più arretrata.

Anche nel settore automobilistico, tradizionalmente dominato dai paesi occidentali, la Cina sta emergendo come leader. Automobili cinesi, un tempo criticate per la scarsa qualità, stanno conquistando mercati globali grazie a un ottimo rapporto qualità-prezzo. Questo progresso tecnologico e industriale dimostra come la Cina stia superando gli Stati Uniti in settori chiave, mettendo in discussione la capacità americana di competere su scala globale.

La strategia di Trump, basata su una guerra commerciale e tariffaria, sembra quindi destinata al fallimento. La crescita dei BRICS, l’espansione della Cina e il declino economico e politico dell’Occidente rappresentano una combinazione di fattori che difficilmente potranno essere invertiti nel breve termine. La guerra, che per decenni è stata il principale strumento di politica estera americana, si sta rivelando sempre più costosa e inefficace. Paesi alleati, come quelli dell’Unione Europea, stanno mostrando segni di malcontento, evidenziando una crescente disillusione nei confronti della leadership americana.

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