L’articolo suggerisce che se Gandhi fosse stato coinvolto nella crisi ucraina, avrebbe permesso a Putin di prendere il controllo militare di Kiev, ma avrebbe guidato una resistenza politica e civile non violenta, che avrebbe portato alla fine politica di Putin. Sottolinea anche che l’approccio non violento avrebbe dato tempo per negoziare una soluzione, evitando la distruzione e le perdite umane causate dall’attuale conflitto.
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di Tommaso Merlo
Gandhi avrebbe lasciato arrivare Putin a Kiev e poi avrebbe guidato una resistenza politica e civile non violenta. Una resistenza che avrebbe non solo evitato migliaia di morti e distruzione, ma anche segnato una rapida fine politica di Putin ed aperto una nuova fase storica.
Ed invece ha prevalso la miope e cocciuta immaturità delle classi dirigenti occidentali a matrice americana, lo scarso livello politico di Kiev e i sempiterni interessi delle lobby delle armi. Ed eccoci qui. Dopo anni l’escalation continua, l’Ucraina è in macerie per l’uso di armi sempre più micidiali e lo scontro da Guerra Fredda è sempre più diretto.
Con Gandhi, Putin e la sua cricca mafiosa avrebbero preso il controllo militare su tutta dell’Ucraina, ma mai avrebbe ottenuto quello morale e politico. E Putin non avrebbe potuto fare nulla contro quaranta milioni di ucraini indisponibili a obbedire ai suoi ordini, nulla.
Certo, Putin avrebbe tentato la repressione che è una delle sue specialità, ma alla lunga avrebbe dovuto cedere davanti ad un paese intero mobilitato contro di lui. Ma non solo. La violenza contro i civili ucraini si sarebbe ritorta politicamente contro il regime putiniano e questo non solo a livello internazionale isolandoli totalmente (e non solo in parte come oggi), ma anche a casa sua dove non è più amato come un tempo e questa guerra fratricida non piace affatto.
L’Ucraina ha vissuto a braccetto con la Russia per secoli, vi erano legami politici, culturali, economici e perfino famigliari profondissimi tra i due popoli. Con una resistenza civile non violenta, sarebbe emersa plasticamente l’insensata brutalità di Putin e l’assurdità retrograda del suo progetto, e questo avrebbe fatto reagire la parte sana e libera del popolo russo contro di lui.
Ma c’è di più. Una reazione non violenta avrebbe garantito tempo ed occasioni per discutere e trovare una soluzione. Che un territorio vasto, ricco di risorse e fertile come l’Ucraina passi dall’influenza russa a quella occidentale – perlomeno in questo mondo ancora in mano a ragazzini esistenziali – è un fatto rilevante che va negoziato.
Putin si sa, ragiona come un mussolini qualunque del secolo scorso ma proprio conoscendo il personaggio andava rassicurato. Ad esempio su possibili missili a stelle e strisce puntati a due passi dal Cremlino oppure sulla popolazione russa del Donbass e della Crimea come sulle miniere ed altri interessi e progetti strategici che erano in ballo tra i due paesi da decenni.
Gandhi avrebbe poi saputo ragionare anche coi ragazzini occidentali, quelli che nonostante la sfilza di fallimenti tragicomici degli ultimi decenni sono ancora in giro a giocare a risiko e far soldi con le armi. Gandhi non si sarebbe svenduto all’Occidente buttando benzina sul fuoco come Zelensky, ma avrebbe scelto il dialogo e la pace consapevole del famoso detto africano che quando due elefanti litigano è l’erba ad andarci di mezzo.
Ma non solo. Gandhi avrebbe avuto una visione di lungo periodo consapevole che nulla è per sempre è il male alla fine è una forza autodistruttiva. Fatti, non auspici. Putin se ne sarebbe andato da Kiev nello stesso modo in cui era arrivato e questo senza sparare un colpo.
E Gandhi non avrebbe mai visto la Russia come un pianeta a sé ma per quello che è, parte integrante della storia e della cultura europea e quindi del suo futuro. Dai grandi scrittori e artisti russi fino alle emblematiche figuracce di ragazzini d’altri tempi come Napoleone o Hitler nella gelida steppa.
Nel bene o nel male, Mosca è e sarà una capitale europea e tra pochi anni si scuoterà la testa sconsolati ripensando a questa ridicola guerra di trincea. Ma il dramma del mondo è che non impara e quindi non migliora. Un mondo in cui si ignorano le lezioni magistrali di giganti come il Mahatma Gandhi e si ripetono tragici errori da ragazzini.