Un minuscolo rettangolino di plastica rischia di incenerire il pochissimo che resta di uno dei rarissimi pregi della destra postfascista: quello che i fessi chiamano “giustizialismo” e che invece è (anzi era) solo legalitarismo. Quello che portò il giovane Borsellino a iscriversi al Fronte della Gioventù e a frequentarne le feste fino al 1990. Quello che nel 1992 portò il Msi dalla parte del pool Mani Pulite e contro l’immunità parlamentare (abolita nel ’93 a furor di popolo su pressione soprattutto di Lega e Msi). Quello che, dopo troppi compromessi, tornò in mente a Fini nel 2010, quando ruppe con B. sulla lotta alla mafia e all’impunità. Il rettangolino di plastica è la scheda sim dello smartphone consegnato l’altroieri da Leonardo Apache La Russa ai pm milanesi che ne avevano appena disposto il sequestro nell’indagine per stupro. La sim è intestata alla società che controlla lo studio legale La Russa, guidato dall’altro figlio di Ignazio, Antonino Geronimo, ma di cui il presidente del Senato è azionista. Con un’interpretazione molto generosa dell’articolo 68 della Costituzione, la Procura ha ritenuto che la sim, diversamente dal cellulare, non potesse essere sequestrata senza il permesso del Senato, anche se la usava solo Leonardo. E anche se l’immunità rimasta dopo la riforma del ’93 copre solo i parlamentari e solo per intercettazioni, misure cautelari e processi per opinioni e voti espressi nell’esercizio delle funzioni: non gli oggetti a essi riferibili in uso ad altri. Altrimenti che si fa se un eletto compra un’auto e la presta a qualcuno che investe un passante e lo ammazza o fa una rapina in banca?
In ogni caso, per quieto vivere, i pm hanno restituito la sim a Leonardo Apache. Ma ora, se scopriranno che sullo smartphone manca qualcosa di utile all’indagine che può essere memorizzato solo sulla sim, chiederanno al Senato l’autorizzazione a sequestrarla. E ad acquisire chat su (o con) Ignazio e tabulati telefonici. Quindi è possibile che il Senato, trasformato in Fort Apache e presieduto dal padre dell’indagato, debba presto votare su una o più richieste dei pm che indagano sul figlio. Con lunga scia di imbarazzi per Meloni e FdI, ma anche per Lega e FI. Sarà dura intonare il coretto della persecuzione giudiziaria, trattandosi di verificare la denuncia di una ragazza che sostiene di essere stata stuprata. Non da un parlamentare sacro e inviolabile, ma da un cittadino comune. Che farà a quel punto il partito che fino all’altroieri, per bocca di Meloni, Santanchè e pure La Russa, invocava per gli stupratori 40 anni di galera e la castrazione chimica? Riusciranno i nostri eroi a mettersi nei guai da soli un’altra volta, o già oggi La Russa padre e figlio correranno in Procura per cacciare la sim?
Il Fatto Quotidiano, 16 luglio 2023