Miracolo! Ieri, per la prima volta dai tempi del Conte-2, tutti i giornali di destra, centro e sinistra attaccavano il governo. Per l’aumento mensile medio di 1,8 euro alle pensioni minime? Per l’aumento mensile medio di 7.193,11 euro a 8 ministri e 9 sottosegretari non parlamentari più 1.200 per spese telefoniche e viaggi e un’altra barcata di soldi per nuovi assistenti e consulenti? Per l’abolizione del Reddito di cittadinanza a chi non ha nulla e l’ulteriore stretta sull’indennità di disoccupazione? Per il record della povertà più alta e dei salari più bassi? Per l’affossamento della norma contro chi (uno a caso) sta in Senato e prende soldi da Stati esteri? Per il salva-grattacieli abusivi di destra&Pd? No. Lo sdegno unanime è per una delle poche cose giuste fatte dal governo in 26 mesi: il taglio dei fondi pubblici ai giornali che FI (ramo d’azienda del primo gruppo editoriale) vuole portare a 136,6 milioni e il Pd&Iv a 145,6, ma che il governo ha ridotto a 20. La Fieg (Federazione editori giornali) riempie pagine autopromozionali per battere cassa “a tutti i Parlamentari italiani”, paragonando la carta stampata a settori finanziati dallo Stato che non c’entrano nulla: edilizia, cinema, musica, teatro, danza (si scordano l’automotive per non offendere gli Elkann). E il fatto stesso di azzardare quel paragone blasfemo è la miglior prova che non si ha la più pallida idea di cosa sia l’informazione: il “quarto potere” che deve controllare gli altri – governo, Parlamento, partiti di maggioranza e opposizione, magistratura, finanza ecc. – dunque l’ultima cosa che dovrebbe fare è mettersi in condizione di farsene ricattare, piatendo fondi pubblici col cappello in mano fuori dai palazzi della politica.
Chi poi impartisce lezioni di “libero mercato”, brandendo financo la motosega di Milei, dovrebbe sapere che non c’è mercato meno libero di quello in cui giornali senza lettori campano e ingrassano coi soldi dello Stato (cioè dei cittadini che non li leggono e non li comprano), e fanno concorrenza sleale a quelli che si reggono sul mercato con le proprie gambe, cioè coi propri lettori. Mai che si pongano la domanda giusta: non sarà che il giornalismo è sempre più sputtanato perché sta dalla parte del potere per farsi finanziare? Appellandosi ai parlamentari “affinché votino gli interventi per garantire effettività all’art. 21 della Costituzione e al Pluralismo (maiuscolo, ndr) dell’informazione”, la Fieg scambia il pluralismo e gli altri valori tutelati dall’articolo 21 per merci acquistabili nei supermarket di Palazzo Chigi, Montecitorio e Palazzo Madama. La libera stampa si difende battendosi contro le leggi bavaglio, non nascondendole o difendendole per poi chiedere la carità a chi le approva.
Il Fatto Quotidiano, 17 dicembre 2024