Ignazio La Russa

Astensionismo? La Soluzione Magica di La Russa

La Russa propone di eliminare i ballottaggi per combattere l'astensionismo, ma ignora che il problema non si risolve così facilmente. Se davvero volessero cambiare qualcosa, dovrebbero iniziare a mantenere le loro promesse elettorali.

La brillante idea di La Russa di eliminare i ballottaggi alle Comunali per combattere l’astensionismo è un mix di novità sorprendente e assurdità cronica. Scopre l’astensionismo solo dopo la sconfitta delle destre ai ballottaggi e crede che abolire il secondo turno, che non ha nulla a che fare con l’affluenza, possa magicamente aumentare i votanti. Nel primo turno, gli elettori hanno scelta; nel secondo, sono costretti tra due mali minori. Se La Russa e compagnia volessero davvero risolvere l’astensionismo, dovrebbero mantenere le promesse anziché fare promesse impossibili. Ma cambiare il proprio comportamento sembra più difficile che inventare nuove leggi.

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Ex voto

di Marco Travaglio

L’ideona anti-astensionismo di La Russa – abolire i ballottaggi alle Comunali quando un candidato supera il 40% – contiene una notizia bella e due brutte. La bella: la seconda carica dello Stato ha scoperto l’astensionismo. Le brutte: lo scopre solo ora che le destre han perso quasi tutti i ballottaggi col 52,3% di astenuti, ma non ci aveva fatto caso alle Europee col 50,3% di astenuti; il ballottaggio non c’entra nulla con l’astensionismo e abolirlo non farebbe aumentare i votanti al primo turno, che anzi diventerebbe un ballottaggio anticipato perché costringerebbe partiti molto diversi a coalizzarsi (e dunque a snaturarsi) per raggiungere il 40%. Nel primo round gli elettori sono più numerosi perché possono scegliere, fra molti candidati, il proprio o il più vicino; nel secondo, il derby fra i due più votati esclude chi proprio non ce la fa a votare il meno lontano, anche perché nel finto bipolarismo italiota non riesce a trovarlo. Se davvero La Russa, Meloni&C. volessero combattere l’astensionismo, non dovrebbero cambiare le leggi (a parte quella elettorale, e non per aumentare il premio di maggioranza che scoraggia gli elettori, bensì per tornare al proporzionale con preferenza unica), ma i comportamenti. Evitando di tradire le promesse agli elettori e quindi di prendere impegni impossibili da mantenere. Blocco navale, anzi raddoppio degli sbarchi. Tassa sugli extraprofitti, anzi no. Basta accise, anzi no. Basta Fornero, anzi no. Basta amichettismi, anzi pure cognatismi e sorellismi. Basta austerità in Ue, anzi no. Basta trivelle, anzi no. Presidenzialismo, anzi premierato. Abolire le Regioni, anzi Autonomia. Mai ostacoli ai pm, anzi sì. No alla vendita di Ita ai tedeschi, anzi sì. No alla privatizzazione di Poste, anzi sì. Mai in Ue coi socialisti, anzi sì a von der Leyen coi socialisti. È finita la pacchia per l’Europa, anzi è finita per noi.

Ormai gli elettori votano per la novità del momento e non c’è nulla di più frustrante di un leader che promette di cambiare le cose e poi, giunto al potere, lascia che siano le cose a cambiare lui. È accaduto alle due meteore del decennio, Matteo 1 e Matteo 2, precipitate dagli altari alla polvere in un paio d’anni. E rischia di riaccadere a Giorgia ed Elly, le due novità delle Politiche e delle Europee. La prima si snatura da due anni per farsi accettare dall’establishment nazionale e internazionale, ma sta scoprendo in queste ore che lorsignori vogliono la resa, se non l’harakiri. La seconda fu eletta segretaria del Pd per cacciarne i cacicchi e i capibastone, ma ora vince proprio grazie a loro e, passata la moda, gli elettori si domanderanno dove stia il “nuovo Pd”. E che senso abbia votare se l’unico cambiamento possibile è quello dei leader che promettevano il cambiamento.

Il Fatto Quotidiano, 28 giugno 2024

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