Europa in mano ai folli della guerra

Se subissimo ciò che facciamo agli altri, grideremmo all'aggressione. Ma le armi chiamano armi, e l'escalation ci spinge dritti nel baratro.

John Kennedy diceva che per costruire la pace bisogna mettersi nei panni del “nemico”. Che la pace ha inizio con i propri comportamenti, esaminando i propri atteggiamenti, che sono essenziali quanto quelli dei propri “avversari”, perché quello che fanno gli altri dipende da ciò che facciamo noi. Che il ciclo vizioso dei sospetti e della diffidenza reciproca rende tutti più insicuri, perché le armi chiamano sempre altre armi, e altra diffidenza reciproca, e altra tensione.

Ora, io mi chiedo: le cose che questa UE di psicopatici ipocondriaci sta facendo per renderci più “sicuri”, come le avremmo percepite noi se le avessero fatte i nostri “vicini”?

Se per esempio in un Paese vicino al nostro avesse vinto le elezioni un candidato presidente che parla di pace e di ricostruire rapporti di buon vicinato con noi, e i russi avessero fatto annullare le elezioni, arrestare il candidato ed escluderlo dalla ripetizione delle elezioni, non lo avremmo forse percepito come un atto ostile? Probabilmente non si parlerebbe d’altro nei nostri canali di (dis)informazione mainstream.

E se la rappresentante di un Paese vicino al nostro avesse pronunciato davanti a un parlamento squalificato e delegittimato un discorso di guerra, affermando la necessità di correre a riarmarsi, invocando la necessità di essere pronti a usare la forza, non ci saremmo sentiti minacciati? Credo che i nostri non esiterebbero un attimo a definirla come una pazza assetatata di sangue, pericolosa per la nostra sopravvivenza.

E se noi fossimo impegnati nell’apertura di un tavolo diplomatico per provare a risolvere una situazione di conflitto, e i nostri vicini provassero in tutti i modi ad avvelenare i pozzi, sabotando e ripudiando ogni possibilità di ottenere la pace attraverso il lavoro delle diplomazie e il reciproco ascolto delle ragioni altrui, come giudicheremmo noi la loro condotta? Non avremmo dubbi nel ritenerli dei personaggi poco raccomandabili.

Ancora, se il presidente di un Paese non distante da noi proponesse di condividere le sue armi nucleari con gli altri vicini, non lo sentiremmo come un pericolo?

E se un giornalista italiano venisse invitato in una tv straniera per parlare, e poi censurato su ordine di un politico di quel Paese, non lo riterremmo un atto autoritario e deplorevole?

Insomma, se tutte queste cose le avessero “subite” invece che realizzate, i nostri leader europei le avrebbero fermamente condannate, e avrebbero immediatamente pensato a delle contromisure da mettere in atto. Questa è la logica dell’escalation, e se nessuno tira il freno a mano prima o poi si finisce tutti nel baratro nucleare, o nella migliore delle ipotesi si costruisce per se e per gli altri un futuro grigio, fatto di tensione costante, impoverimento, militarizzazione della nostra società. Davvero non siamo in grado di provare a fare qualcosa di meglio?

Francesco Forciniti

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