di Massimiliano Sfregola
In Italia siamo letteralmente ossessionati dalle “eccellenze” ma anche questa ossessione mostra un grado di selettività non da poco: le celebriamo nello sport, nella scienza, nell’imprenditoria, e spesso ci lamentiamo di un Paese che non riconosce il merito. Quando si parla di questioni complesse e meno di marketing, ossia quando un’italiana eccelle nel campo dei diritti umani e della diplomazia internazionale, in un’epoca di sovranismo e governi di estrema destra, improvvisamente l’entusiasmo passa.
Prendiamo Francesca Albanese: dal governo Meloni fanno la fila per chiederne a turno la cacciata dall’incarico di Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. E la vorrebbero licenziata anche Francia e Germania. Ma ieri l’Olanda ha fatto un passo oltre: doveva intervenire oggi alla Tweede Kamer, la Camera dei deputati dei Paesi Bassi, su invito di alcuni partiti di sinistra. Invece di accoglierla e contestarla, seguendo il protocollo del 2025 le è stato impedito di parlare. La maggioranza di estrema destra che guida le scelte morali del paese (e che non coincide con il governo ma è un blocco trasversale, che include anche l’opposizione più di destra radicale, che si attiva quando serve una maggioranza per i lavori più sporchi, approvare le norme e mozioni più aggressive contro i manifestanti e contro i migranti, che la maggioranza ufficiale non ha numeri per far passare) ha sentenziato che Francesca Albanese è antisemita e non deve parlare.
Nel vecchio mondo le avrebbero aperto le porte e poi l’avrebbero messa sotto torchio. In quello nuovo l’hanno “cancellata”, lasciando alla piazza organizzata da Cidi – il centro di documentazione per Israele, un influente think-tank che in Olanda fa dossier e dà il tormento a chiunque solidarizzi con la causa palestinese – il compito di starle alle calcagna per gli altri appuntamenti nella sua visita olandese. Ieri ha parlato ad Amsterdam, dovrà parlare all’Università di Utrecht, a Rotterdam e all’Aja e in ognuna di queste circostanze ci saranno manifestanti con la stella di David a ricordarle che è “la prova del fallimento dell’Onu” (come da tempo cerca di dimostrare UN Watch, un altro influentissimo think-tank filo israeliano che compila dossier a ciclo continuo contro l’odiatissima organizzazione globale).
Nei Paesi Bassi la libertà d’espressione nel 2025 è considerata assoluta solo per chi spara a zero sull’Islam e sugli “hobby di sinistra” (diritti umani, ambientalismo, etc). Avete presente Wilders? Quello che accusa comunità per comunità gli stranieri di ogni nefandezza possibile e non? Ecco, Wilders gode del diritto assoluto di dire ciò che vuole. Chi sostiene, invece, posizioni diverse – come The Right Forum, l’associazione che ha invitato la Rapporteur Onu, esattamente una persona incaricata dalle Nazioni Unite di stilare un rapporto dettagliato sulla questione palestinese – no. Loro non possono esprimere opinioni contrarie all’attuale maggioranza di governo. Guerra all’Islam, moschea per moschea, è democrazia; parlare di diritti umani in maniera vocale e divulgativa è antisemitismo.
Che in Olanda ci sia chi vuole impedirle di parlare non sorprende: la cancel culture (una forma di vittimismo inventato da ambienti conservatori e ora usata come arma) ha molte facce, e la censura selettiva è una realtà sempre più evidente. Ma che anche in Italia manchi un sostegno deciso alla sua figura è inaccettabile. Non possiamo essere un Paese che celebra il merito solo quando è comodo. Se davvero crediamo nell’eccellenza e nella meritocrazia, dobbiamo difendere Francesca Albanese e il suo lavoro.
Albanese non è un’attivista con molta passione e poco rigore, ma una delle figure più influenti e rispettate nel suo ambito; farla passare per la svitata dello Speakers’ Corner è un atto pericolosissimo perché cancella le opinioni diverse e soprattutto marginalizza una fetta consistente della popolazione nei paesi europei, che non accetta in alcun modo l’opportunistica carta bianca che l’Europa ha garantito allo stato di Israele.
I primi a prendere come modello Francesca Albanese dovrebbero essere proprio gli italiani, perché le eccellenze non sono quelle che vanno all’estero e fanno un sacco di soldi in qualche multinazionale, ma quelle che raggiungono posti di vertice in organizzazioni che lavorano per pace e diritti di tutti.
Il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2025