Marco Travaglio loda Elly Schlein per la sua decisione di firmare il referendum CGIL contro il Jobs Act, considerandola una mossa che scuote profondamente il PD, paragonabile a una dichiarazione papale che neghi l’esistenza di Dio. Analizza il percorso del PD, marcato da scelte politiche fallimentari che hanno favorito lavoro precario e paghe basse, e critica il partito per non aver innovato significativamente, rimanendo stagnante nei sondaggi nonostante le promesse tardive su temi come il reddito di cittadinanza e il salario minimo.
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Per 15 mesi abbiamo sperato che Elly Schlein cambiasse nel Pd qualcosa oltre al segretario, criticandola perché non lo faceva. Ora, dimenticando per un attimo l’incredibile candidatura finta alle Europee, merita solo applausi per aver firmato il referendum Cgil contro il Jobs Act. Mossa che comprensibilmente terremota il partito, perché vi ha lo stesso effetto che avrebbe sulla Chiesa un’enciclica del Papa dal titolo: “Dio non esiste”. Da quando nacque con Veltroni, peggiorò con Napolitano e Letta, s’infettò con Renzi e defunse con ri-Letta al seguito della fantomatica Agenda Draghi, il Pd ha sempre venerato la trimurti Lavoro precario-Sussidi alle imprese-Paghe da fame: dalla legge Treu al Jobs Act, dall’abolizione dell’articolo 18 ai voucher di Gentiloni, dai no al Reddito di cittadinanza e al dl Dignità del Conte-1 alla restaurazione draghiana che smantellò il dl Dignità, attaccò il Rdc e levò il salario minimo dal Pnrr contiano. Lo chiamavano “riformismo”, parolaccia che nasconde il più ciclopico fallimento della storia e che la gente perbene ha imparato a neutralizzare dotandosi di mutande di ghisa e da camminare rasente al muro. Infatti la setta degli adoratori superstiti della Trimurti, accampati fra Azione e Iv, veleggia fra il 5 e il 6% ni sondaggi.
Il guaio, per la Schlein, è che il 99% del Pd, anche quello che sta con lei, dieci anni fa votò il Jobs Act senza fare un plissé. Il che spiega, con tutte le altre scelte demenziali, perché i dem non si schiodano dal 19-20% e hanno ancora i 5Stelle alle calcagna: perché il M5S diceva 10-15 anni fa ciò che il Pd dice solo ora (su Rdc, dl Dignità, salario minimo, Jobs Act, spesa militare) o dirà domani. A proposito di domani: ora che persino il Corriere, con un ottimo commento di Massimo Nava, invita tutti (in primis il Corriere) a non “zittire come filorusse le voci critiche” su Kiev, a smetterla di “riempire di armi l’Ucraina prolungandone l’agonia” e a scoprire “un po’ di realismo che tenga conto dei rapporti di forza” (Orsini, è lei?), forse prima o poi il Pd smetterà di votare con le destre per la guerra a oltranza fino all’ultimo ucraino (salvo ammettere di aver candidato Tarquinio, Strada e Cristallo come foglie di fico). Poi forse la pianterà di astenersi sulle schiforme della giustizia, di fare inceneritori e opere inutili da Calce&Martello e di negare ai giudici le prove contro Renzi&C. Se poi prendesse a prestito dai 5Stelle le regole che vietano di candidare voltagabbana e poltronari con sei, sette, dieci mandati, Elly si libererebbe gratis di tutti i famosi cacicchi ed eviterebbe pure scandali tipo Puglia, Sicilia e Piemonte. Ma soprattutto scioglierebbe il famoso nodo del rapporto con Conte: a quel punto 5Stelle e Pd sarebbero la stessa cosa e potrebbero tranquillamente fondersi.
Il Fatto Quotidiano, 9 maggio 2024