La demolizione della Sanità Pubblica in Italia non è un’ipotesi futuribile o una teoria complottista: è un dato di fatto che si realizza giorno dopo giorno sotto i nostri occhi. Il governo guidato da Giorgia Meloni non ha fatto altro che accelerare una tendenza iniziata decenni fa con Berlusconi e portata avanti con zelo dal Partito Democratico nelle sue versioni renziane e lettiane. L’ultimo atto di questa tragedia è stato scritto con un emendamento alla Legge di Bilancio: quasi 200 milioni di euro sottratti alla sanità pubblica per ingrassare quella privata. Un trasferimento di fondi che, al di là delle formule burocratiche e dei tecnicismi, significa una cosa sola: meno cure per chi non può permettersi cliniche private e polizze assicurative, più guadagni per chi vede la salute come un business da sfruttare.
Che questa manovra sia passata sotto silenzio nei principali telegiornali non è un caso. Mentre le televisioni erano occupate a seguire le boutade di Salvini, che precetta chi sciopera, o a dare spazio agli sproloqui di Capezzone, impegnato a “asfaltare la sinistra” con il suo ruolo istituzionale da portaborse di testate come Il Dubbio o le trasmissioni di Porro, i tagli alla sanità pubblica venivano approvati con il solito cinismo. Del resto, se i media non informano, non c’è bisogno di giustificarsi davanti agli elettori.
Eppure, quei 200 milioni di euro sono stati tolti a settori fondamentali per il Servizio Sanitario Nazionale: la salute mentale, la prevenzione delle malattie ereditarie, la tutela materno-infantile, l’assistenza agli anziani, i servizi legati ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). In pratica, si taglia su tutto ciò che garantisce ai cittadini una vita dignitosa e un accesso equo alla salute. Mentre il sistema sanitario soffoca per la carenza di medici, infermieri e personale amministrativo, mentre le liste d’attesa si allungano fino all’assurdo, il governo sceglie di finanziare la sanità privata, lasciando la pubblica in agonia.
Non è un caso isolato. Giorgia Meloni ha già stabilito un record negativo per la spesa sanitaria in rapporto al PIL: entro il 2027, sarà inferiore al 6%, una soglia critica che ci riporta ai livelli dei paesi più arretrati in termini di welfare. Mancano 12 miliardi all’appello, ma invece di colmare questa voragine, si continuano a tagliare risorse, affossando ulteriormente un sistema già al limite del collasso.
Questa strategia non è improvvisata. È un piano preciso, che mira a costruire un sistema sanitario a misura dei più ricchi, lasciando i meno abbienti alla mercé della fortuna. Il carovita già sta strangolando il ceto medio-basso, senza che il governo si preoccupi di introdurre un reddito di dignità per chi è senza nulla o un salario minimo per chi lavora in condizioni di sfruttamento. Le pensioni minime sono state ritoccate di appena 1,90 euro al mese e agli infermieri, figure centrali per il funzionamento del sistema sanitario, sono stati concessi solo 7 euro in più in busta paga. Una miseria, uno schiaffo morale a chi ogni giorno tiene in piedi la baracca con turni massacranti e stipendi indecenti.
Nel frattempo, però, il governo non si è fatto problemi a buttare al vento 15 miliardi di euro per il Ponte sullo Stretto, un’opera che collega il nulla con il niente, né a spendere quasi un miliardo per un centro di detenzione in Albania. Soldi pubblici spesi per soddisfare le ossessioni propagandistiche di una maggioranza che gioca a fare la patriota, mentre in patria i servizi essenziali vengono smantellati pezzo per pezzo.
L’equità fiscale è un miraggio. L’8% della ricchezza nazionale è concentrato nelle mani di pochissimi: banchieri, burocrati, lobbisti. Ma questa ricchezza rimane intoccata. Invece di colpire i patrimoni di chi può permetterselo, il governo continua a spremere il restante 92% dei cittadini, quelli che faticano a sopravvivere. Le banche, nel frattempo, hanno guadagnato 43 miliardi di euro in due anni, grazie anche ai profitti record di istituti come Mediolanum. Ma di tassare questi extraprofitti non se ne parla: meglio continuare a mungere i soliti noti.
I numeri parlano chiaro. La sanità pubblica viene demolita con metodo e costanza, mentre i soldi pubblici vengono dirottati verso progetti faraonici e clientele. Chi si ostina a difendere questa maggioranza con tesserine di partito e slogan preconfezionati dovrebbe aprire gli occhi. La propaganda non cura le malattie, non accorcia le liste d’attesa, non paga le bollette. La realtà è fatta di ospedali al collasso, di famiglie che rinunciano a curarsi perché non possono permettersi visite private, di un sistema che gioca con la pelle dei cittadini.
È ora di reagire, di partecipare, di rompere il muro di indifferenza e di connivenza. Perché mentre questi giocano all’allegro chirurgo con la sanità pubblica e alla battaglia navale con le guerre internazionali, chi paga il prezzo più alto sono sempre i più deboli.