Il circo Salvini: una farsa a scapito della democrazia

Salvini è passato da buffone a pericolo per la democrazia, sfruttando odio e ignoranza per mantenere il potere, minando le istituzioni e legittimando la violenza.

In un paese in cui il teatrino della politica è diventato un appuntamento fisso, il più pagato e seguito dagli italiani, c’è un uomo che spicca per la sua capacità di prendersi sul serio senza mai capire quanto faccia ridere gli altri: Matteo Salvini, vicepremier, ministro delle Infrastrutture (nonché esperto di tutto), e re indiscusso delle sagre di paese. Salvini, per chi avesse trascorso gli ultimi anni in coma (fortunati loro), è il leader di un partito che ha iniziato la sua carriera urlando “Roma ladrona” e che ora, dopo decenni di “magnate”, non riesce più a farne a meno.

La commedia tragica di Salvini è quella di un uomo che non perde occasione per passare da una gaffe all’altra, salvo poi atteggiarsi a martire del politicamente scorretto. Del resto, quando si viene schiacciati dal peso della propria ignoranza, gridare “censura!” diventa l’unica via di fuga. Ma cerchiamo di essere giusti: Salvini non è solo un meme vivente, è anche un pericolo reale per la democrazia. E il passaggio da macchietta politica a minaccia nazionale si è consumato in un silenzio assordante, fatto di rosari esibiti come medaglie e selfie con le armi.

L’odio come strategia politica

L’ultima trovata del ministro delle Infrastrutture – come se la semplice parola “infrastrutture” non fosse già abbastanza ironica associata al suo nome – è quella di normalizzare l’odio in ogni sua forma. Il tutto condito da un linguaggio che farebbe arrossire persino un bullo di periferia. Non c’è da sorprendersi se una fetta di elettorato, abituata a digerire fandonie come fossero prelibatezze, lo idolatra come un salvatore. Dopo tutto, Salvini ha capito che, in un’Italia sempre più arrabbiata e frustrata, la strategia migliore è sfruttare l’odio per raccogliere consensi. Un’operazione finemente studiata, dove ogni dichiarazione e ogni post sui social media sono mirati a far emergere il peggio delle persone.

Questa volta, però, Salvini ha superato sé stesso, e lo ha fatto con la delicatezza di un elefante in una cristalleria. Le sue dichiarazioni sul caso della morte di una persona, accolte con giubilo come fosse un goal ai Mondiali, sono lo specchio di un clima sociale che va oltre la semplice polarizzazione politica. È la discesa negli abissi del linciaggio verbale, della denigrazione come mezzo per costruire una carriera. E Salvini, con l’aria da bullo in pausa pranzo, non fa nemmeno finta di avere scrupoli.

Ma qui, cari lettori, non si tratta più soltanto di uno scontro tra opposte fazioni politiche. Non è più solo la destra contro la sinistra, il Nord contro il Sud o il popolo contro l’élite. Qui è in gioco qualcosa di più grande: la tenuta stessa della nostra democrazia. Quando un ministro della Repubblica si permette di sghignazzare di fronte alla morte di qualcuno, quando insinua che la giustizia è un’opzione facoltativa e che l’odio verso il diverso è una virtù, allora c’è da preoccuparsi seriamente.

Il disprezzo per le istituzioni

Salvini non è nuovo agli attacchi frontali contro chiunque osi ricordargli che viviamo in uno Stato di diritto. I giudici? Una casta di rompiscatole che impedisce al popolo di farsi giustizia da solo. Le forze dell’ordine? Bravi ragazzi, ma solo quando obbediscono ai suoi ordini da capetto. Il Parlamento? Un palcoscenico per le sue performance da cabarettista. Il suo disprezzo per le istituzioni democratiche è tale che ormai non si cura nemmeno più di mascherarlo. E la cosa peggiore è che una buona parte del paese lo applaude, come se demolire i principi fondanti della nostra democrazia fosse un atto eroico.

La recente crociata contro i magistrati, colpevoli di non piegarsi al volere di un uomo che ha fatto dell’arroganza il suo marchio di fabbrica, rappresenta il punto di non ritorno. Salvini ha dimostrato di non avere la più pallida idea di come funzioni una democrazia. E, cosa ancora più grave, ha dimostrato di non avere alcun interesse a capirlo. In un altro paese, con un minimo di decenza istituzionale, sarebbe stato già cacciato a calci da tempo. Ma in Italia, dove il ridicolo è una forma d’arte, Salvini si muove a suo agio come una star di varietà.

L’uomo del popolo?

Naturalmente, Salvini ama dipingersi come l’uomo del popolo, il difensore dei poveri cristi oppressi dalle élite. Peccato che, dietro la sua maschera di finto proletario, ci sia un opportunista di razza, capace di sfruttare ogni occasione per arricchire sé stesso e i suoi amici. I condoni agli evasori fiscali, il taglio alla sanità pubblica, la protezione degli interessi delle grandi imprese: ecco il vero volto del Salvini “del popolo”. Quando si tratta di difendere i potenti, Salvini non si tira indietro, ma se c’è da fare due selfie con un poliziotto o parlare di “pieni poteri”, allora improvvisamente diventa l’eroe della legalità e del patriottismo.

Salvini non ha mai avuto interesse per i problemi reali della gente comune. Il suo obiettivo è mantenere il potere, qualunque sia il costo. E se per farlo deve fomentare l’odio, distruggere la credibilità delle istituzioni, o seminare il caos, poco importa. Il fine giustifica i mezzi. E il mezzo, per Salvini, è sempre lo stesso: sfruttare le paure e le frustrazioni di un paese stanco e confuso.

Una minaccia crescente

È questa la vera tragedia dell’epoca Salvini: non tanto la sua incapacità di governare (quella era prevedibile), ma il fatto che, giorno dopo giorno, stia erodendo le fondamenta del nostro sistema democratico. Ogni volta che attacca i giudici, che inneggia all’odio, che sfida apertamente le regole della convivenza civile, Salvini si spinge un passo più vicino al punto di rottura. E il fatto che una parte dell’elettorato continui a sostenerlo dimostra che, in Italia, la democrazia non è mai stata tanto fragile come oggi.

Ma attenzione, perché il Salvini-show non è solo una tragedia per chi lo guarda. È una tragedia per tutti noi. Perché quando un politico arriva a teorizzare il linciaggio come metodo di gestione del dissenso, quando trasforma l’insulto e la calunnia in strumenti di potere, quando deride la morte di una persona, non è più solo il buffone di corte. È una minaccia concreta alla nostra libertà, alla nostra sicurezza e alla nostra dignità.

Conclusione (ma senza dirlo)

Il circo Salvini continua, e con esso la sua grottesca rappresentazione della politica. Ma mentre lui ride, noi faremo bene a preoccuparci. Perché non c’è niente di più pericoloso di un uomo che gioca col fuoco senza rendersi conto che sta bruciando tutto attorno a sé.

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