Cimitero a Kharkiv, nel nordest dell’Ucraina nel settembre 2024

Chi chiederà scusa a pacifisti e morti?

L'economia di Mosca non è implosa, gli oligarchi non si sono ribellati, niente malattia fatale per Putin. L’Ucraina ha la più alta mortalità e la più bassa natalità al mondo. 7 milioni di emigrati.

“A oltre un mese dall’inizio dell’invasione, appare evidente che Putin ha fallito” (Maurizio Molinari, Repubblica, 27.3.22).
“40 democrazie sono più forti della Russia. Non c’è storia, vinciamo noi” (Beppe Severgnini, Otto e mezzo, La7, 1.5.22).
“Le sanzioni contro la Russia sono un successo completo. Il momento di massimo impatto sarà l’estate” (Mario Draghi, 31.5.22).
“A Est i russi sono in fuga: ‘Non reggono all’inverno’” (Repubblica, 3.10.22).
“La grande ritirata russa. Svolta nella guerra” (Repubblica, 10.11.22).
“Putin ha già perso la guerra… Il bersaglio minimo del Donbass… s’è mutato in una ritirata” (Goffredo Buccini, Corriere, 19.11.22).
“Putin non mangerà il panettone del 2023” (Parsi, 30.6.23).
“La Russia è in trappola: può cadere prima del voto Usa” (Antonella Scott, Sole 24 Ore, 28.9.23).
“Porteremo Putin alla resa” (Pina Picierno, eurodeputata Pd, Riformista, 21.9.24).

AGGREDITI E AGGRESSORI

di Nico Piro*

“Cosa avreste fatto, voi pacifisti, se casa vostra fosse stata occupata? Avreste detto all’invasore di accomodarsi?” Quante volte dal 24 febbraio del 2022 in poi abbiamo sentito questa domanda? Ha avuto un uso quasi equivalente al binomio “invaso-invasore” e “aggredito-aggressore” nell’armamentario dei tamburini del Pensiero Unico Bellicista, dispiegati a reti e pagine unificate per zittire e demonizzare chiunque tentasse di mettere in dubbio il feticcio della vittoria.

Già solo pochi mesi dopo l’inizio dell’invasione, era chiaro sul campo che la guerra non fosse un modo per aiutare davvero l’Ucraina. Con il fallimento della controffensiva dell’estate 2023 è diventato innegabile, ma non è bastato. Ci ritroviamo entrati nel quarto anno di guerra e, ai piazzisti di armi camuffati da politici e giornalisti, rispondiamo così: “Cosa avremmo fatto noi pacifisti?” L’Europa e l’Italia hanno fatto quello che voi bellicisti chiedevate: hanno ingrassato la guerra con altra guerra, hanno dichiarato di voler spegnere il fuoco usando idranti caricati a cherosene. Di fronte al fallimento dello strumento guerra, ve ne assumete la responsabilità?

Oggi l’Ucraina è il Paese con la più alta mortalità e la più bassa natalità al mondo; circa 7 milioni dei suoi cittadini sono all’estero e più passa il tempo più sarà difficile che tornino. Le sue infrastrutture chiave – quelle energetiche come le siderurgiche – sono a pezzi; un numero incalcolabile di ragazzi sfugge alla leva obbligatoria mentre reclutatori vanno in giro su furgoni anonimi a pescare per strada giovani in salute e a caricarli a bordo, di forza; la dipendenza dell’economia dagli aiuti stranieri è fortissima; i numeri sui caduti e sui feriti vengono custoditi come un segreto di Stato, ma la distesa giallo-celeste delle bandiere nei cimiteri testimonia la magnitudo della perdita di vite, fa immaginare in quanti siano rimasti senza braccia, gambe o in sedia a rotelle per il resto della loro esistenza. La legge marziale ha sospeso le elezioni, consentendo a un presidente in prorogatio di passare da una purga all’altra, non risparmiando nemmeno il capo delle Forze Armate, consacrato fino al giorno prima come un eroe. In termini di territorio controllato? L’Ucraina era in una posizione migliore (con molta meno distruzione e caduti) nella primavera del 2022, quando si poteva chiudere un accordo di pace con la Russia, che venne sacrificato nel braciere dell’illusione della vittoria. Illusioni come quelle – guarda caso nessuno le cita più dopo averle spacciate per certezze – di un’implosione dell’economia russa, di una rivolta degli oligarchi, di una malattia fatale per Putin.

Come se non bastasse, l’Ucraina oggi si trova messa alle strette dall’alleato da cui dipende di più, gli Stati Uniti, che la escludono dalle trattative di pace e la vogliono come terreno di conquista economica. Sin dall’inizio del conflitto si è detto che con Putin non si poteva trattare perché inaffidabile, oggi l’Ucraina si aggiunge a Iran e Afghanistan nel novero (più recente) di Paesi che si sono fidati degli Usa per ritrovarsi poi con le carte cambiate in tavola.

“Abbiamo fatto quello che avete chiesto voi bellicisti. E ora?” In un Paese normale, giornali e tv dovrebbero avere come ospiti fissi chi la follia di questa guerra ha denunciato, magari con il titolo “Ve l’avevamo detto”. Qualcuno dovrebbe scusarsi con loro: quelli che hanno bramato guerra su giornali e in tv, che li hanno bollati come putiniani, pacifinti e disinformatori, con tanto di foto sulla prima pagina del primo quotidiano nazionale.

Dovrebbero chiedere scusa almeno alle centinaia di migliaia di caduti che con la loro propaganda hanno contribuito a mandare in trincea. Non sta accadendo: gli opinionisti con l’elmetto sostengono non che la guerra sia stata una scelta sbagliata, ma che non abbiamo mosso abbastanza guerra e che quindi oggi ci vuole più guerra per raddrizzare una guerra fallita. Uno scioglilingua imbarazzante.

L’accordo di pace che Trump chiuderà con Putin non promette nulla di buono per l’Ucraina, del resto lo abbiamo visto in Afghanistan quando gli Usa trattarono direttamente con i talebani, escludendo il governo afghano, inserendo nell’accordo clausole che avrebbero portato all’implosione dell’esercito nazionale e alla vittoria degli studenti coranici. In quanto agli effetti globali, si scolpisce un ordine mondiale basato su accordi legittimati solo dalla forza e dalla potenza economica. Il bellicismo di Putin che incontra il bullismo di Trump, un mondo che torna indietro alla deterrenza stile Guerra Fredda, anziché proiettarsi verso la pace globale.

Sul nostro fronte domestico, poi, restano enormi danni. La parola “pace” è stata demonizzata, il pluralismo nei media ha finito di sgretolarsi, è stata avviata una paurosa corsa al riarmo che sposterà fondi da voci di spesa già sgarrupate come scuola, sanità, trasporti, servizi sociali. Sempre più si diffonde la “cultura” militare anche nelle classi. L’industria bellica è destinata a espandersi aumentando il ricatto dignità-lavoro (simbolico il caso RWM in un Sulcis in miseria). Il corto-circuito forse più grave sta però nel rapporto tra pace e politica. A livello globale, i progressisti dopo popolo e libertà, si sono fatti scippare dai sovranisti anche la parola pace. In Italia solo due partiti (M5S e AVS) hanno convintamente preso posizione contro la guerra, il PD negli ultimi tempi ha corretto (non abbastanza) la rotta nonostante la sua base (quella zittita da Riotta alla festa nazionale dell’Unità) sia in stragrande maggioranza per la pace. Il movimento pacifista ha dato grandi segni di vitalità organizzando, senza soldi e con tanta buona volontà, incontri ed eventi sotto ogni campanile, mettendo insieme un arcobaleno (non un arlecchino) di culture, ma non è riuscito a incidere nelle sedi dove si fanno leggi e decreti. La politica perde partecipazione, come dimostra l’allarmante astensione, i movimenti che invece la esercitano non hanno voce né sui media (chiusi nel quadrilatero dei palazzi del potere romani) né nelle stanze della politica. Su questo va fatta una riflessione critica, non basta dire solo “ve l’avevamo detto”. Si riparta dalla solidità di quelle ragioni a cui papa Francesco ha dato sempre voce, ma lo si faccia con una contro-narrazione più forte, ingaggiando la politica su provvedimenti concreti e sfidando i media a dare voce al popolo, non alle élite.

Il peggio deve ancora venire: uno stato di guerra permanente, in una società dal pensiero militarizzato che odia e sanziona il conflitto sociale e politico, quindi il pluralismo e la democrazia. Ma forse siamo ancora in tempo.

*inviato speciale del Tg3

Il Fatto Quotidiano, 9 marzo 2025

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