di Pino Cabras
Lo sveglissimo Pierluigi Bersani durante la trasmissione di Giovanni Floris ha detto di aver capito che il presidente degli Stati Uniti vuole arricchire l’America attraverso l’impoverimento dell’Europa. Ha perfino spiegato che se il presidente vuole, può farlo per tre motivi: ha le tecnologie (e noi non le abbiamo), ha il riarmo (e le armi le paghiamo a lui), ha l’energia (“e il gas glielo paghiamo sette volte quel che le paga lui”). Bersani, senza accorgersene, ha descritto in modo semplice cosa significa essere disperatamente e colonialmente dipendenti da una potenza che ci assoggetta in termini industriali e militari con intenti sostanzialmente predatori e ostili, per giunta con una prospettiva di netto peggioramento.
Il punto che Bersani non capisce è che questo è anche il suo capolavoro. Non solo suo, ovviamente, ma di tutta una classe dirigente italiana ed europea che si è prestata a questa dinamica per anni e ci ha consegnati mani e piedi ai padroni dell’Occidente, pronti a sudamericanizzare l’intera classe media europea.
Bersani è uno dei tanti che ancora sta lì a giustificare senza un ripensamento l’immenso trasferimento di centinaia di miliardi di dollari al buco nero ucraino per “non essere dipendenti dal gas di Putin”, che poi era un gas a buon prezzo che i russi non si sognavano di usare in modo ricattatorio. Il tutto per difendere l’indipendenza di Kiev. Bella “indipendenza”: un paese comandato a bacchetta da Londra e Washington, con quest’ultima che ormai dice: mi prendo tutti i vostri tesori minerari e voi non potete farci nulla, anzi ora mandate al fronte i diciottenni.
Ecco, Bersani viene invitato a recitare il ruolo del vecchio saggio, un farfugliatore di perle di buon senso da elargire durante interviste sdraiate fra i mesti applausi a comando della claque in studio. Non è un vecchio saggio. Qualcuno un giorno dovrà rivelarglielo.