di Marco Travaglio
Mentre tutti s’interrogano sulla “nuova destra” che avanza, B. s’incarica di avvertirli che è solo la vecchia che è avanzata. Il toto-ministri ruota intorno a due caselle, le solite dal 1994: Giustizia (per i processi) e Comunicazioni (le tv). Che, salvo rare parentesi, sono sempre state sue, per usucapione. Nel governo B. 1 (1994) alla Giustizia va l’avvocato Biondi (e solo perché Scalfaro respinge Previti) e alle Poste e Comunicazioni Tatarella: tutta roba sua. Nel governo Dini (1995) B. impone a Guardasigilli l’ex giudice siciliano Mancuso, nemico dei pool di Milano e Palermo, e alle Poste l’avvocato Gambino, ex difensore di Sindona (P2 come lui); poi non vota neppure la fiducia. Nel Prodi-1 (1996-’98), anziché Di Pietro, dirottato ai Lavori pubblici per non disturbare, va in via Arenula l’avv. Flick (dimezzato l’abuso d’ufficio e chiuse le carceri di Pianosa e Asinara, come da papello di Riina); e alle Comunicazioni l’inciucista Maccanico, che aggira l’ordine della Consulta di tagliare le reti Fininvest da tre a due. Nel governo D’Alema (1998-2000) la Giustizia va a Diliberto (rara avis non berlusconiana), mentre le tv le garantisce il dc siciliano Cardinale. Che infatti resta anche nell’Amato 2 ( 2000-’01), mentre alla Giustizia arriva il più affidabile Fassino, che riesce a demolire la legge sui pentiti, come da papello.
Il governo B. 2 (2001-’06) sistema nelle due caselle di casa l’ingegner Castelli e il fido Gasparri, autori o complici di memorabili leggi ad personam. Nel Prodi 2 (2006-’08) due gentili omaggi: guardasigilli Mastella (con indulto incorporato) e alle Comunicazioni l’amico di Confa-lonieri, Gentiloni, che difende la Gasparri contro Europa7. La giusta punizione è il B. 3 (2008-’11), col ritorno di Castelli e, per tv e affini, Landolfi. Con Monti (2011-’13) i due ministeri vanno all’avvocata Severino (oltre alla legge omonima votata anche da B., c’è la “riforma” della concussione che lo farà assolvere per Ruby) e a Passera (nulla contro il monopolio tv). B. resta in maggioranza con Letta (2013-’14), infatti non ha nulla da temere dal Guardasigilli Orlando né da Catricalà alle Comunicazioni. Idem per il governo Renzi (2014-’16): Orlando e la Guidi, poi rimpiazzata da Calenda. Orlando e Calenda restano anche nel Gentiloni (2016-’18). Nei Conte-1 e 2 (2018-’21), eccezionalmente, B. non tocca palla: Bonafede alla Giustizia, Di Maio e Patuanelli allo Sviluppo e Comunicazioni. Draghi (2021-’22) è manna del cielo, si torna alla normalità: Cartabia alla Giustizia e Giorgetti allo Sviluppo, con i forzisti Pichetto e Moles alle Comunicazioni e all’Editoria. Ora, per il Meloni 1, si parla di Sisto o Casellati alla Giustizia e Ronzulli allo Sviluppo (con Comunicazioni). Il solito sviluppo: il suo.
Il Fatto Quotidiano, 11 ottobre 2022