Criticare la politica israeliana può facilmente portare a accuse di antisemitismo, compromettendo carriere in politica e giornalismo. Questo fenomeno è particolarmente evidente durante eventi tragici come il genocidio a Gaza, dove l’influenza della lobby pro Israele ha portato a equilibrismi e faziosità nel racconto. Nonostante la legittima lotta della comunità ebraica contro l’antisemitismo, la lobby pro Israele spesso impone la sua agenda sionista, condizionando le politiche occidentali e nascondendo le violazioni dei diritti umani. L’attuale situazione mostra come la propaganda sionista sia stata messa in discussione a livello globale, evidenziando la necessità di una reazione coraggiosa e di una revisione critica della situazione.
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Chiunque osi criticare la politica israeliana viene additato di antisemitismo. Nella politica o nel giornalismo anche la minima accusa di odio verso gli ebrei può rovinare una carriera. Al punto che durante il genocidio a Gaza si son visti grotteschi equilibrismi con la lingua e con la penna oltre che una faziosità imbarazzante. Se la tragedia palestinese dura da così tanto ed ha raggiunto questi tragici livelli, è anche perché politicanti e giornalisti occidentali non hanno fatto il loro dovere e sovente si sono venduti. Da Roma fino a Washington passando per Bruxelles. Ma andiamo con ordine.
Che dopo la tragedia della seconda guerra mondiale la comunità ebraica si sia attivata per evitare il ripetersi di certe tragedie e combattere l’antisemitismo, è logico e comprensibile. Hanno dato vita ad una lobby tra le tante che ha raggiunto livelli impressionanti di potere al punto che tengono al guinzaglio il Congresso americano oltre che svariati governi europei. Potere che deriva dai soldi, da posizioni chiave ma anche da tanta ipocrisia di chi si omologa al pensiero dominante per arrivismo. Il punto è che la lobby pro Israele non ha nulla a che fare con lotta all’antisemitismo. Un conto sono gli ebrei come cultura e comunità, un conto lo sciagurato governo israeliano. La lobby pro Israele che condiziona politica e giornalismo occidentali, è piuttosto un potente mezzo con cui personaggi come Netanyahu ed i suoi complici impongono la loro agenda sionista. Condizionano cioè la politica estera dei paesi occidentali per ottenere supporto, protezione ed impunità.
Israele è un progetto sostanzialmente coloniale fuori tempo massimo, vogliono annettere la Palestina cacciando o sottomettendo i nativi. Per riuscirci devono ricorrere da sempre alla violenza e quindi hanno sviluppato nei decenni una propaganda diabolica per ribaltare la realtà e farla franca. Al punto che sono riusciti a spacciarsi come vittime invece che carnefici, con Israele democrazia modello piena di diritti che nega ad altri, nonché un alleato occidentale essenziale che lotta per tutti noi contro l’inciviltà araba. Lo ha ripetuto Netanyahu al Congresso americano tra una standing ovation e l’altra. Davvero pazzesco. E questo mentre ormai perfino l’ONU ha certificato l’occupazione illegale, l’apartheid, le innumerevoli violazioni del diritto internazionale. Da una parta la realtà, dall’altra una delle operazioni propagandistiche più impressionanti della storia e che ci riguarda tutti. Noi occidentali vittime di una manipolazione capillare ad opera di una lobby potentissima che ha sfruttato storia e sensi di colpa oltre che la buona fede di molti, ma anche molti israeliani ed ebrei perbene sparsi per il mondo vittime di un lavaggio del cervello casalingo. Ma siamo all’oggi.
Netanyahu ed i suoi complici sembravano aver trovato davvero la formula magica per completare la colonizzazione della Palestina, dopo decenni erano ormai al colpo di grazia se nonché un Netanyahu all’angolo e a fine carriera, ha finito per strafare a seguito del 7 ottobre ed ha fatto crollare tutto. Non ha resistito alla tentazione di sfogare il suo odio viscerale contro i palestinesi e realizzare i suoi sogni sionisti giovanili prima di congedarsi. Un errore fatale. Nei decenni il colonialismo israeliano non ha conosciuto un giorno di sosta ma è stato graduale, il devastante genocidio a Gaza ha cambiato tutto riportando il dramma palestinese al centro della scena mondiale in tutta la sua tragicità e facendo saltare decenni di propaganda e lobbismo sionista. È anche in questa ottica che vanno interpretate le raccapriccianti scene di Washington, un disperato tentativo di riprendere le redini della narrazione. Ma è troppo tardi. Le piazze si riempiono in ogni angolo del globo, molti governi si sono mossi per riconoscere la Palestina e le istituzioni internazionali stanno lavorando per arrivare ad un processo che faccia finalmente giustizia e contribuisca a voltare pagina storica per sempre. La sopravvivenza di Israele dipenderà anche dal contesto regionale, ma di certo la deriva sionista di Netanyahu è ai titoli di coda. E in tutto questo l’odio verso gli ebrei non c’entra assolutamente nulla. Certo, esiste l’antisemitismo come del resto esiste l’odio verso ogni categoria umana, ma è un odio minoritario, la solita manciata di estremisti che ancora ragiona per gruppi applicando pregiudizi basati su stupide generalizzazioni. Molti israeliani ed ebrei perbene sparsi per il mondo sono vittime di Netanyahu come lo sono i palestinesi e tutti noi. Altro che antisemitismo propagandistico, bisogna avere il coraggio di reagire. Politicanti, presunti giornalisti, persone comuni. È una questione di dignità e di umanità.