Abbassare i Tony | di Marco Travaglio

Tony Effe escluso dal Concertone per testi controversi. Gualtieri cede alla censura "liberale". Risultato: sold out per Tony, flop per Roma.

di Marco Travaglio

“Tony Effe, il centrodestra con Gualtieri. Il silenzio di Schlein”. Il titolo del Corriere è la miglior sintesi di come ci siamo ridotti da quando tutti sono “liberali” perché non sanno cosa voglia dire. Tony Effe è un giovane rapper che, come tutti i rapper, canta testi scorretti, eccessivi, osceni. Piace a molti adolescenti perché parla del loro mondo col loro linguaggio. Non un ideologo o un predicatore di tesi: un frullatore di frasi sue e non sue, giochi di parole e parolacce dette o sentite da lui o da altri. Il Comune di Roma sa che attira gente e lo invita al Concertone di Capodanno, che non è un ritrovo del Rotary: è una festa per ragazzi che non possono permettersi veglioni costosi. Ma una trasversale convergenza di bigotti, laici e democristiani (i cristiani sono altra cosa: la Santa Sede non dice una parola), maschi e femmine (e femministe), destri e sinistri, tutti fossili ignari di quel mondo, insorge: ma come, uno che dice quelle cosacce, e in pieno Giubileo, dove andremo a finire, poi non stupiamoci dei femminicidi, signora mia. Gualtieri cede alla canea censoria e revoca l’invito. Gli altri cantanti si ritirano per solidarietà col censurato. Che prenota il Palaeur per il 30 e il 31 e fa subito sold out, mentre il Concertone resta deserto. Salvo che si esibisca il sindaco con la chitarrina con cui accoglie le pop e rock star di passaggio. Incluso Vasco che, se esordisse oggi, sarebbe bandito per versi tipo “è andata a casa con il negro, la troia”. Idem Renato Zero (“sbattiamoci”, “se ti do il pelo tu che mi dai?”, “triangolo”), Dalla (“toccava il culo a una signora e rideva e toccava, sembrava lui il padrone”, “disperato erotico stomp”), Guccini (“l’avvelenata”), Raf (“ti pretendo, è inutile che dici di no, sei l’unico diritto che ho”) e i big mondiali del sesso-droga-rock&roll: Nirvana, Rolling Stones, Clash, Eagles, Marley ecc. Tutti big che ebbero la fortuna di nascere nel secolo delle ideologie, quando i “liberali” si contavano sulle dita della mano di un monco, ma a nessuno saltava in mente di decidere cosa dovessero o non dovessero cantare.

Ora i rapper sanno che, per salire su un palco pubblico, devono scatenarsi su Vola colomba bianca vola. E i registi, per evitare guai, devono dissociarsi da gentaglia tipo Woody Allen (sempre assolto, ma marchiato a vita dalla taccia di molestatore) e Bernardo Bertolucci di Ultimo tango a Parigi, finito al rogo nel 1976, riabilitato nell’86 e ora rispedito sulla pira in Francia dall’ultima versione del bigottismo: il femminismo misto al woke. Bertolucci con Tony Effe non c’entra, se non per l’idea ridicola che chi vede uno stupro in un film corra a commetterne uno e chi ascolta un rap diventi ipso facto un femminicida. La censura è sempre stupida, ma quella “liberale” batte tutti i record di idiozia.

Il Fatto Quotidiano, 22 dicembre 2024

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