Mancano 33 giorni all’insediamento di Donald Trump e c’è da temere, anzi da tremare per ciò che potrebbe accadere di qui ad allora. Il Partito della Guerra, ben incistato nell’amministrazione americana uscente e nelle cancellerie europee (purtroppo non tutte uscenti), farà di tutto per impedire l’unica cosa saggia che il presidente eletto intende fare dal 20 gennaio: chiudere con un compromesso l’“assurda carneficina” della guerra fra Russia e Nato in Ucraina. Da quando Trump ha vinto le elezioni, chi vuole allungare e allargare il conflitto ha iniziato ad appiccare fuochi dappertutto. In Georgia, appoggiando la presidente golpista Zourabichvili che rifiuta di sloggiare e riconoscere la débâcle elettorale. In Romania, sostenendo la cancellazione delle elezioni perché al primo turno ha vinto il candidato sgradito. In Siria, dando l’ok all’offensiva dei tagliagole al Qaeda&Isis spacciati per “moderati” come il loro leader Arnaldo Jolani. E in Ucraina, inducendo quel che resta di Biden a dare il via libera ai bombardamenti in Russia con missili Atacms, sempre negato perché definito dallo stesso Pentagono “militarmente inutile”. Ieri poi il servizio segreto ucraino, che non si sa più a chi obbedisca, ha messo a segno e subito dopo rivendicato il più grave attentato oltre confine, a Mosca, facendo saltare per la strada con un chilo di tritolo il generale russo Igor Kirillov e il suo vice.
Un gesto fatto apposta per innescare una nuova escalation: nessun vantaggio sul campo di battaglia, dove Kiev perde sempre più terreno; solo una prevedibile rappresaglia russa commisurata al grado degli ufficiali assassinati. L’ennesimo ostacolo al negoziato che non solo Trump&C., ma anche Zelensky e Putin, danno per scontato. Naturalmente la cosiddetta Europa continua a tacere sul regime terroristico che da dieci anni l’Occidente si alleva in seno a suon di armi, miliardi e spie e che, quando arriverà il cessate il fuoco, andrà demilitarizzato per evitare che continui a compiere attentati in patria e fuori (come la distruzione dei gasdotti Nord Stream, gli assassinii di Daria Dugina figlia del filosofo putiniano, di Korotky capo della sicurezza della centrale di Zaporizhzhia, dell’ex deputato socialista Kiva, del blogger Tatarsky, il tentato omicidio dello scrittore Prilepin e il sostegno ai gruppi jihadisti Qaeda in Niger, Mali, Burkina Faso e Siria). Resta da capire se Zelensky, mentre tenta di ingraziarsi Trump e prepara il suo popolo a durissimi sacrifici territoriali, abbia avallato l’ultima provocazione dei suoi 007, o se l’ala più oltranzista del regime l’abbia messo di fronte all’ennesimo fatto compiuto. Sia come sia, il leader ucraino nato come figura comica sta finendo come figura tragica.
Il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2024