Ucraina, quel che la coalizione dei volonterosi guerrafondai e i ‘fac-chekers’ non capiscono

Torneranno a sventolare le bandiere gialloblù. Erano sparite da un po’, forse perché nel frattempo si stava consumando un genocidio live stream, finanziato e sostenuto dalle nostre tasse, dai nostri voti e dalle nostre politiche nazionali e internazionali.

di Roberto De Vogli

Torneranno a sventolare le bandiere gialloblù. Erano sparite da un po’, forse perché nel frattempo si stava consumando un genocidio live stream, finanziato e sostenuto dalle nostre tasse, dai nostri voti e dalle nostre politiche nazionali e internazionali. Durante il massacro senza precedenti a Gaza, qualche dubbio sull’umanitarismo occidentale è sorto anche nelle menti più colonizzate. Un interesse sincero per la difesa universale dei diritti umani richiedeva infatti una protesta forte e decisa, con lo sfoggio di bandiere di altri colori. Chi lo ha fatto è stato preso a manganellate. Mentre l’esercito israeliano uccideva e amputava circa 20 mila bambini, dalle istituzioni europee arrivavano pacche sulle spalle o blandi rimproveri. I doppi standard adottati durante le crisi umanitarie a Gaza e in Ucraina hanno mostrato in modo impietoso il razzismo latente, a volte evidente, dell’Occidente.

Evitiamo il benaltrismo però. Non c’è nulla di male nell’esprimere solidarietà a un popolo invaso e messo in ginocchio da un aggressore straniero. Anzi. È proprio quello che dovremmo sempre fare nei confronti di tutte le vittime di aggressioni militari. Le manifestazioni di solidarietà a favore del popolo ucraino (che comprende le popolazioni del Donbass e della Crimea) non vanno criticate, ma sostenute e universalizzate. Tuttavia, una buona parte delle bandiere gialloblù che torneranno a sventolare non lo faranno per il popolo ucraino, ma per prendere posizione rispetto al recente litigio Trump-Zelensky. L’evento ha creato infatti un’ondata di indignazione nel cuore dei rappresentanti più fedeli del pensiero geopolitico Occidentale, ora pronti a rivendicare slogan ormai virali come “Io sto con Zelensky” e “Io sto con l’Europa.”

Per molti, Trump è la personificazione del male, mentre l’Europa e la Nato sarebbero valorosi difensori della democrazia, della libertà e dell’autodeterminazione dei popoli. Coloro che si azzardano a criticare tale visione del mondo vengono bollati come propagatori di fake news che, per fortuna, vengono puntualmente sbugiardati dai valorosi ‘fac-checkers’ occidentali immolati nel sacro dovere di smontare la propaganda filorussa.

Secondo quanto riportato, dietro la patina di nobili valori occidentali si nasconderebbe una coalizione di ipocriti guerrafondai che avrebbe spinto l’ex comico gialloblù a compiere scelte scellerate e disastrose. Dicono inoltre che anche se l’invasione dell’Ucraina vada assolutamente condannata, è stata chiaramente provocata. Da cosa? Non solo dalle politiche espansioniste della Nato, ma anche dalle azioni militari dei governi di Kiev nel Donbass dal 2014 in poi, durante la cosiddetta “guerra fantasma” chiamata così perché, anche se capace di generare migliaia di morti, quasi un milione di sfollati fuggiti in Russia, e la perdita di giornalisti come Andrea Rocchelli, per la maggior parte dei tifosi occidentali non è mai esistita.

L’invasione dell’Ucraina rimane comunque un atto criminale ingiustificabile: nonostante il governo di Kiev abbia continuato a bombardare il Donbass fino al 2022, nel 2021 si è registrato il numero più basso di morti dal 2014. Nonostante ciò, circa l’80% delle vittime civili dal 2014 al 2021 si è verificato nei territori controllati dalle cosiddette repubbliche del Luhansk e Donetsk, con uso indiscriminato di ordigni a grappolo. Nel 2021, il 79% dei civili uccisi durante gli attacchi militari ha riguardato i territori controllati dai separatisti. In altre parole, il governo di Kiev ha causato la morte di 4 civili su 5 nel Donbass. Come mai non ci sono state manifestazioni di solidarietà e non sono state sventolate bandiere in loro favore?

Gli avversari politici dell’Occidente sostengono inoltre che uno dei valori dell’Europa non sia l’uguaglianza, ma la democrazia a targhe alterne. Ad esempio, è stato notato che gruppi politici, militari e paramilitari di estrema destra che la stampa occidentale mainstream chiamava, prima del 2022, “neonazisti,” sono ora definiti in modo benevolo, ad esempio, come “il volto pubblico della resistenza ucraina” contro i russi. Beh, certo, difendere i confini nazionali da un’aggressione straniera richiede l’uso della forza. Inoltre, senza la violenza di questi gruppi di estrema destra, la rivoluzione di Maidan si sarebbe limitata a una “gay parade”, citando Yevhen Karas, leader del gruppo C14.

I critici dei valori europei affermano inoltre che la “diplomatica” statunitense Victoria Nuland, che nel 2014 veniva registrata al telefono mentre “indovinava” chi sarebbe diventato poi il primo ministro ucraino dopo la “fuga” di Yanukovych e l’ex senatore americano John McCain, che incontrava il leader del partito Svoboda (che al momento della sua fondazione ha utilizzato un logo in stile swastika) e che poi è entrato anch’esso a far parte del nuovo governo post-Maidan, [12] sono prove viventi che in Ucraina c’è stato un classico colpo di stato made in Usa. Inoltre, come dimostrato dalle analisi di Ivan Katchanovski, ucraino, professore all’University of Ottawa, le uccisioni di manifestanti Maidan sono state causate dagli spari di cecchini provenienti da edifici occupati da altri manifestanti Maidan, non dalla polizia guidata dal governo Yanukovych. Eppure, i ‘fac-checkers’ non hanno dubbi: sono tutte balle.

I nemici dell’Europa accusano inoltre l’Occidente, e in particolare Boris Johnson, di aver convinto Zelensky a non firmare il trattato di pace dell’aprile 2022 con la Russia (pochi mesi dopo l’inizio dell’invasione) come suggerito dall’ex primo ministro israeliano Naftali Bennett. Forse gli ucraini ricevettero delle assicurazioni che avrebbero sconfitto l’esercito invasore e i loro soldati, che secondo il quotidiano La Repubblica erano “senza munizioni” e costretti ormai a “combattere con le pale” mandati al macello da un presidente malato di cancro.

I leader occidentali, secondo questa narrativa, avrebbero convinto l’Ucraina a “fingere” di adottare gli accordi di Minsk, che in realtà servivano solo per prendere tempo e armarsi, in vista di un confronto militare contro la Russia. Questi accordi avrebbero dovuto garantire una certa autonomia politica ai civili del Donbass, non proprio felici di ricevere le attenzioni del nuovo governo di Kiev dopo la “rivoluzione” di Maidan. In effetti, il nuovo governo includeva partiti politici come Svoboda ed era appoggiato da “attivisti per i diritti umani” che la stampa mainstream bollava (prima del 2022) come gruppi “neonazisti” o di estrema destra come il Settore Destro, C-14 e il battaglione Azov (poi confluito nell’esercito nazionale).

Le fake news smontate dai ‘fac-checkers’ hanno focalizzato l’attenzione anche sulle curiose acrobazie intellettuali di opinionisti che hanno tentato di coniugare la difesa della democrazia e il sostegno a un governo che ha sospeso undici partiti politici. Anche le lamentele sulla lista dei nemici dell’Ucraina chiamata Myrotvorets, che include individui “pericolosi” come Roger Waters, Gerard Schroeder, Silvio Berlusconi, Henry Kissinger, Tucker Carlson e Tulsi Gabbard, sono disinformazione filorussa. Si tratta della stessa lista che ha aggiunto la scritta “eliminato” sulla foto di Andrea Rocchelli, ma no, non è una “kill list”, assicurano i ‘fac-checkers’. Sono solo notizie false. Anche le analisi delle cause remote dell’invasione russa dell’Ucraina offerte da famosi accademici statunitensi, che per decenni hanno studiato l’argomento, come Jeffrey Sachs e John Mearsheimer, sono solo fake news.

Le analisi di Federico Rampini, che ha velatamente accusato Putin di aver sabotato il gasdotto Nordstream, si sono invece rivelate assolutamente fondate, come dimostrato dal mandato di arresto nei confronti di un cittadino ucraino da parte delle autorità tedesche!

E allora tutti in piazza! Uniti a sostenere l’ultimo baluardo del bene contro il male. L’ex comico finito nei Pandora Papers e il battaglione Azov (la BBC anni fa notava lo sfoggio di tre simboli nazisti nella loro insegna) meritano di riprendersi il Donbass e la Crimea, e magari proporre Yulia Tymoshenko, famosa per aver proposto nel 2014 di sterminare gli “8 milioni di russi che vivono in Ucraina” con armi nucleari, come governatrice. Proprio così li definiva il Washington Post e chiedo gentilmente ai ‘fac-checkers’ di provare a ripeterlo molto lentamente: “8 milioni di russi che vivono in Ucraina”.

I ‘fac-checkers’ assicurano che il Donbass e la Crimea, diversamente da quanto emerso dai referendum-farsa organizzati da Putin, vogliono fortemente sottomettersi a Zelensky e al battaglione Azov. Anche i grafici delle elezioni del 2010 pubblicati sempre dal Washington Post, che mostrano la percentuale di voti a favore del presidente filorusso Yanukovych nel Donbass e nella Crimea, sono fake news pro-putiniane. E anche se non lo fossero, dove sta scritto che l’autodeterminazione dei popoli vale proprio per tutti? Un conto è la Slovenia che vuole separarsi dalla Iugoslavia, un altro sono il Donbass e la Crimea che si rifiutano di farsi governare da paladini della democrazia ispirati alle idee di Stepan Bandera, insignito del titolo di “eroe dell’Ucraina”.

Lo spettacolo offerto da Trump e Zelensky è stato imbarazzante. La mia solidarietà al popolo ucraino è assoluta e sacrosanta. Ma gli sbandieratori gialloblù che vanno in piazza a urlare “Io sto con l’Europa” e “Io sto con Zelensky” non hanno ancora capito una cosa, anzi due. La prima è che Zelensky e il popolo ucraino non sono la stessa cosa, esattamente come gli europei non sono rappresentati da Ursula war der Leyen. A proposito, la “coalizione dei volonterosi” guerrafondai si è chiesta cosa significhi veramente “stare dalla parte del popolo ucraino”? Un recente sondaggio ha mostrato che oltre la metà della popolazione (52%) già qualche mese fa preferiva la pace, una risoluzione negoziata il più velocemente possibile. Solo il 38% voleva continuare a combattere.

E quale sarebbe la seconda cosa che gli sbandieratori pro-Zelensky e pro-Europa non hanno capito? Questo: Trump non è il problema, ma solo il sintomo del problema. E anche se lo fosse davvero, sarebbe un problema proiettato da quello che gli sbandieratori gialloblù credono non lo sia. Trump 1.0 e 2.0 sono emersi dal vuoto valoriale del nostro sistema sociale, economico, culturale e politico. Gli inni all’Europa e a Zelensky ne sono la perfetta rappresentazione. Trump è solo l’effetto psicopolitico di una società decadente, da decenni svenduta al miglior offerente.

Il Fatto Quotidiano, 7 marzo 2025

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