Trump di fronte al Congresso, 4 marzo 2025

Riprendiamoci Panama, basta wokismo, bandiera su Marte: Trump rilancia l’Impero davanti al Congresso

Il presidente USA si vanta dei “progressi straordinari” della sua agenda a poche settimane dall’inizio del secondo mandato.

Donald Trump è tornato. E, a giudicare dal suo discorso al Congresso, sembra determinato a spingere l’acceleratore sul suo secondo mandato come se fosse la puntata finale del suo reality show. Un’ora e mezza di propaganda a reti unificate, tra proclami roboanti, nostalgie imperiali e guerre culturali condite con la solita retorica di chi divide il mondo in vincitori e perdenti. “L’America torna a comandare”, ha esordito il presidente davanti a una platea spaccata tra i cori da stadio dei suoi sostenitori e le contestazioni – in alcuni casi così accese da costringere il presidente della Camera a far uscire di peso i disturbatori.

Si potrebbe archiviare tutto come l’ennesima recita trumpiana, un’operazione di marketing studiata per rafforzare la presa sul proprio elettorato. Il problema è che questa volta Trump non sta soltanto facendo campagna elettorale: ha già vinto e sta governando. E il suo programma è chiaro, perché lo ripete in ogni occasione: distruggere tutto ciò che è stato fatto dal suo predecessore e portare avanti il suo progetto di restaurazione a colpi di decreti, epurazioni e provocazioni internazionali.

Uno dei momenti chiave del discorso è stata la rinnovata ossessione per la guerra in Ucraina, stavolta con un twist interessante: Trump si presenta come il pacificatore, l’uomo che fermerà il conflitto mentre i “globalisti” come Warren e Biden vorrebbero continuarlo all’infinito. “Milioni di morti inutili”, ha tuonato, puntando il dito contro il Congresso che fino a poco tempo fa approvava pacchetti di aiuti militari senza battere ciglio. Non è la prima volta che Trump si mette in posa da statista illuminato dopo aver alimentato per anni un clima da guerra fredda, ma questa volta la situazione è più complessa. Il presidente ucraino Zelensky, che fino a ieri era l’eroe dell’Occidente, è stato platealmente umiliato dalla Casa Bianca dopo aver osato mettere in dubbio l’affidabilità di Washington. Morale della favola: se vuoi continuare a ricevere aiuti, devi adeguarti ai tempi che cambiano.

E a proposito di tempi che cambiano, Trump ha annunciato senza mezzi termini che il Canale di Panama “tornerà agli americani”. Un’affermazione che ha il sapore di una dichiarazione di guerra commerciale contro la Cina, visto che Pechino controlla gran parte delle infrastrutture strategiche del canale. Il concetto è semplice: “Lo abbiamo costruito noi, quindi è nostro.” Nel frattempo, ha ripreso il vecchio pallino dell’acquisto della Groenlandia, perché, dice, gli Stati Uniti “la otterranno in un modo o nell’altro”. E c’è da scommettere che questa volta i danesi faranno bene a preoccuparsi.

Sul fronte interno, Trump ha dato ampio spazio alla sua crociata contro il “wokismo”, parola magica che per lui riassume tutto il male del mondo: politiche di inclusione, diritti delle minoranze, educazione sessuale nelle scuole, parità di genere. “L’America non sarà mai più woke”, ha promesso, mentre tra i repubblicani si levavano applausi scroscianti. Il messaggio è chiaro: in questi quattro anni Trump intende smantellare tutto ciò che resta delle politiche progressiste, con particolare accanimento sulle questioni LGBTQ+. “Cambiare sesso ai bambini è una follia criminale”, ha detto, chiedendo al Congresso di vietare la transizione per i minori. La lotta contro le “devianze”, come la chiama lui, passa anche dal ritorno del bando ai transgender nelle forze armate: “I nostri soldati devono essere guerrieri, non attivisti.”

E poi c’è il capitolo più surreale, quello che mescola fantascienza, nazionalismo e propaganda aziendale: la conquista di Marte. “Pianteremo la bandiera americana sul Pianeta Rosso”, ha promesso, con il sostegno entusiasta di Elon Musk, nominato zar della lotta contro gli sprechi nella pubblica amministrazione. Il tutto condito da una minaccia rivolta ai funzionari federali: “Se non siete con noi, siete fuori.”

Questa, in sintesi, la visione trumpiana per i prossimi quattro anni: un’America che riprende con la forza quello che ritiene suo, che schiaccia ogni dissenso interno, che si proietta nello spazio mentre sulla Terra taglia fuori chiunque non si allinei. Sembra un fumetto, e invece è la politica della prima potenza mondiale nel 2025. E chi pensava che il primo mandato fosse stato un incubo dovrà rassegnarsi: il sequel promette di essere ancora più estremo.

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