Bruxelles, riunione d’emergenza dei leader europei. La decisione? Spendere cifre folli per la difesa, nel disperato tentativo di tappare la falla lasciata dall’ennesima giravolta di Donald Trump, che ha deciso di bloccare gli aiuti militari e l’intelligence per l’Ucraina. Un’Europa che si scopre improvvisamente vulnerabile, ma che tenta di mostrarsi compatta. Peccato che, come al solito, l’unità sia solo di facciata.
A rovinare il teatrino, Viktor Orbán, che si è rifiutato di firmare la dichiarazione con cui gli altri 26 leader dell’UE – persino il suo sodale Robert Fico – ribadivano che l’Ucraina non può essere messa da parte nei negoziati. “Non ci possono essere trattative sull’Ucraina senza l’Ucraina”, recita il comunicato, scritto in tutta fretta per rispondere ai tentativi di Trump di svendere Kiev a Putin.
Volodymyr Zelenskyy, inizialmente previsto in videocollegamento, si è presentato di persona al summit. “Siamo grati di non essere soli”, ha dichiarato. Soli no, ma con amici del genere…
Ursula von der Leyen ha presentato il suo piano per aumentare la spesa militare europea di 800 miliardi di euro, definendo questo momento come “storico” per l’Europa e per l’Ucraina. Mette Frederiksen, premier danese, ha riassunto il concetto con parole semplici: “Spendere, spendere, spendere per la difesa e la deterrenza.” Un concetto che, come spesso accade, si traduce nel solito assegno in bianco per il complesso militare-industriale.
Zelenskyy, al suo arrivo, ha stretto mani e ricevuto abbracci, in una scena che contrastava con la freddezza glaciale di Washington. Negli USA, infatti, l’amministrazione ha ribadito la decisione di interrompere la condivisione di intelligence con Kiev. Il diplomatico americano Keith Kellogg ha spiegato la mossa con una metafora illuminante: “È come dare un colpo con un’asse da due per quattro sul muso di un mulo. Attira la sua attenzione.” Il livello del dibattito diplomatico è questo.
Nel frattempo, alcuni leader dell’opposizione ucraina hanno confermato di aver incontrato emissari di Trump, negando però di aver tramato per rovesciare Zelenskyy. D’altronde, negli ambienti trumpiani la tentazione di mettere un uomo di fiducia a Kiev non è mai stata un segreto.
Parlando davanti ai leader dell’UE, Zelenskyy ha posto la vera questione: “La Russia è davvero disposta a rinunciare alla guerra?” La risposta la si può leggere nei bilanci di Mosca: più spese militari, più soldati, più strategie per aggirare le sanzioni.
Il vertice straordinario dell’UE è stato convocato dopo l’iniziativa diplomatica di Trump con Putin, ma prima del suo show nella Sala Ovale con Zelenskyy e del successivo stop agli aiuti militari. La risposta europea è il piano von der Leyen per “riarmare l’Europa”. Sulla carta, l’UE promette di diventare più “sovrana e responsabile” della propria difesa, riducendo le “dipendenze strategiche”. Traduzione: chi ha soldi spenda di più, chi non ne ha si arrangi.
Von der Leyen ha detto ai giornalisti che l’Europa affronta un “pericolo chiaro e immediato”, dunque deve essere in grado di difendersi e garantire una “pace giusta e duratura”. Il piano prevede 800 miliardi, tra cui 150 miliardi in prestiti garantiti da fondi UE inutilizzati e 650 miliardi derivanti da maggiore flessibilità nelle regole fiscali. Ovviamente, tutto dipende dalle decisioni dei singoli governi, molti dei quali sono già riluttanti a spendere cifre simili.
A Bruxelles cresce la pressione sugli Stati membri per aumentare i bilanci della difesa, specie per i sette paesi della NATO – tra cui Italia e Spagna – che sono ancora sotto la soglia del 2% del PIL fissata oltre un decennio fa. Il premier belga Bart De Wever ha ammesso che il suo paese è “uno studente estremamente scarso” e “si merita il ceffone che ha ricevuto”.
Ma la vera svolta arriva da Berlino, dove il probabile prossimo cancelliere, Friedrich Merz, ha convinto CDU-CSU e SPD a modificare il “freno al debito” per permettere più spese militari. Un’eresia per i tedeschi, ma ormai anche i più rigoristi hanno capito che senza soldi non si gioca. Merz ha già incontrato von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo António Costa, pur non essendo ancora ufficialmente al potere. Olaf Scholz, attuale cancelliere in scadenza, ha confermato che il consenso per modificare la Costituzione tedesca in favore della spesa militare sta crescendo.
Intanto, Emmanuel Macron continua a proporre un “ombrello nucleare” francese per gli alleati europei. Scholz ha risposto con freddezza, insistendo sulla necessità di mantenere il coinvolgimento degli USA. Merz, invece, vuole discutere se le testate nucleari britanniche e francesi possano essere messe a disposizione della Germania.
Donald Tusk, premier polacco, sostiene che la proposta francese vada valutata seriamente in un quadro più ampio di difesa europea. “Abbiamo perso molto tempo, ma oggi le cose sono cambiate”, ha detto, riferendosi ai nuovi piani della Commissione e ai recenti summit di Parigi e Londra. Secondo lui, la Russia perderà la corsa agli armamenti “come l’Unione Sovietica 40 anni fa”.
Per quanto riguarda l’aiuto militare all’Ucraina nel 2025, l’UE è ancora nel caos. Il piano proposto dall’Alto rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, prevede tra i 20 e i 40 miliardi di euro per fornire armi e munizioni a Kiev, ma le cifre precise sono ancora in ballo. Kallas spera in un accordo politico già al summit di oggi, con i dettagli finanziari rimandati al Consiglio europeo del 20-21 marzo. E per evitare veti ungheresi, ha proposto una “coalizione dei volenterosi” che possa bypassare i sabotatori.
Orban, infatti, ha provocato l’ennesima crisi, scrivendo ai colleghi che l’UE dovrebbe seguire Trump e negoziare direttamente con Putin. Non solo: ha annunciato che avrebbe bloccato le conclusioni del vertice sull’Ucraina, provocando l’ira degli altri leader.
Slovacchia, invece, ha ceduto dopo aver ottenuto una menzione nel testo sulla disputa del transito del gas con Kiev. Il 1° gennaio, l’Ucraina ha chiuso il gasdotto che riforniva la Slovacchia da decenni, e Fico aveva minacciato di tagliare i fondi ai rifugiati ucraini.
Il presidente lituano Gitanas Nausėda ha detto che l’UE deve trovare modi per aggirare i veti di pochi paesi, “perché altrimenti la storia ci punirà”.
E infine, la nota più ipocrita: i leader europei, che parlano di “unità e determinazione”, hanno evitato accuratamente di inserire nei documenti ufficiali la proposta di emissione di nuovi eurobond per la difesa, temendo l’opposizione tedesca.
Un alto funzionario UE ha sintetizzato il momento con una frase che dice tutto: “L’Unione europea sta davvero voltando pagina sulla difesa. È la fine della storia? No, non credo.” Difficile dargli torto.