Come l’Occidente ha preparato la guerra in Siria secondo Roland Dumas

Roland Dumas rivelò che Londra pianificava la destabilizzazione della Siria già nel 2009, un piano sostenuto dall'Occidente e giustificato da interessi israeliani.

di Antonio Vacca

Quando nel 2013 l’ex ministro degli Affari Esteri francese Roland Dumas svelò in diretta televisiva che l’intervento occidentale in Siria era stato pianificato con largo anticipo rispetto al 2011, il mondo avrebbe dovuto fermarsi per riflettere. Ma l’eco di queste rivelazioni si è dispersa rapidamente, inghiottita dal rumore di una propaganda incessante che riduce ogni complessità geopolitica a una banale favola di buoni contro cattivi. Eppure, il racconto di Dumas è un pezzo fondamentale per comprendere non solo la guerra siriana, ma l’intero sistema di potere che guida le strategie occidentali, fatte di destabilizzazioni calcolate, alleanze opportunistiche e verità scomode da insabbiare.

Secondo le parole di Roland Dumas, il piano per rovesciare il governo siriano era già stato delineato a Londra nel 2009, due anni prima dell’inizio ufficiale delle proteste e della guerra civile. Durante un viaggio nella capitale britannica, Dumas venne avvicinato da alcuni funzionari che gli proposero di partecipare a un’operazione di destabilizzazione della Siria. L’invito era chiaro e privo di ambiguità: si stavano preparando milizie armate per invadere il Paese e rovesciare il governo di Bashar al-Assad. Alla domanda sul perché di una simile operazione, Dumas ricevette una risposta altrettanto esplicita: era nell’interesse di Israele. Un’affermazione che getta luce su dinamiche geopolitiche raramente discusse in pubblico, dove l’alleanza tra l’Occidente e lo Stato ebraico si traduce in interventi indiretti per indebolire governi considerati ostili o non allineati.

Le dichiarazioni di Dumas, pur clamorose, non rappresentano una novità per chi osserva da vicino le dinamiche del Medio Oriente. La Siria, da sempre uno dei pochi Paesi arabi a opporsi fermamente alla politica espansionistica israeliana, è stata a lungo nel mirino delle potenze occidentali. Ma ciò che colpisce è la naturalezza con cui gli apparati di Londra avevano già messo in conto una guerra civile ben prima che le prime manifestazioni del 2011 venissero strumentalizzate per innescare un conflitto su larga scala. L’idea che le cosiddette “primavere arabe” siano state movimenti spontanei di popoli desiderosi di libertà si dissolve miseramente di fronte alle parole di Dumas. Quella siriana, come altre rivoluzioni colorate, appare sempre più come un’operazione di ingegneria geopolitica mascherata da sollevazione popolare, una strategia che utilizza il malcontento sociale come miccia per un’esplosione pianificata a tavolino.

Dietro ogni intervento ufficiale si cela l’incessante lavoro dei servizi segreti, dei cosiddetti spin doctor e delle agenzie di intelligence. Dumas racconta di come questi funzionari agissero con disinvoltura, certi di poter orchestrare un cambiamento di regime senza troppi ostacoli. La Siria, come l’Iraq e la Libia prima di essa, era destinata a cadere sotto i colpi di una strategia che non conosce confini morali: l’importante è garantire l’egemonia geopolitica e assecondare gli interessi di alleati strategici. La complicità dei media occidentali in questo gioco è altrettanto evidente. Mentre Dumas rivelava i dettagli di questo piano, le principali testate giornalistiche erano impegnate a dipingere Assad come il “macellaio di Damasco”, ignorando volutamente il contesto più ampio e le responsabilità delle potenze occidentali nella creazione del caos siriano. La narrativa dominante doveva restare immacolata: l’Occidente interviene sempre per portare libertà e democrazia, mai per interessi geopolitici o economici.

Il coinvolgimento di Israele, come sottolineato da Dumas, non sorprende chi conosce la storia della politica estera israeliana. Lo Stato ebraico ha sempre avuto interesse a indebolire i Paesi vicini che potrebbero rappresentare una minaccia militare o politica. La Siria, con il suo sostegno ai movimenti di resistenza palestinese e libanese, è stata a lungo una spina nel fianco per Israele. Destabilizzarla significava eliminare un avversario storico e creare un cuscinetto di caos permanente che avrebbe reso impossibile qualsiasi minaccia coordinata ai confini israeliani. Questa strategia, nota come “dottrina del caos”, prevede di frammentare i Paesi ostili in una serie di conflitti interni, etnici e settari, impedendo loro di agire come entità statali sovrane. È una tattica già vista in Iraq e in Libia, e che in Siria ha trovato un’applicazione quasi perfetta. Il risultato è un Paese devastato, milioni di rifugiati e una regione sempre più instabile.

Nonostante la gravità delle rivelazioni di Roland Dumas, il suo intervento è stato rapidamente archiviato come una curiosità mediatica. Nessuna indagine, nessuna presa di posizione da parte delle istituzioni internazionali, nessuna ammissione di responsabilità da parte dei governi coinvolti. La morte di Dumas, avvenuta il 3 luglio 2024, ha segnato la fine di una voce fuori dal coro, una voce che aveva osato sollevare il velo su una delle operazioni più sporche della recente storia occidentale.

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