L’INTERVISTA • Franco Cardini
“Criminalizzare chi problematizza le questioni è una vecchia sindrome dell’Occidente”
di Silvia Truzzi
Nel giro di pochi giorni, il professor Franco Cardini – emerito di Storia presso l’Istituto di Scienze Umane e Sociali di Firenze, oggi assorbito nella Scuola Normale di Pisa – è stato additato come filoputinano e filohitleriano. Al telefono ce la spiega così: “Una sera, dopo una conferenza al Rotary sui problemi dell’Europa e dell’Asia, una signora mi ha detto: professore non ho capito se lei è fascista o comunista. E io le ho risposto: signora, faccia lei. Al di là delle battute, sono stato nel Movimento sociale quando avevo i calzoni corti, poi sono passato al castro-guevarismo, poi ho cominciato a studiare. Oggi mi definisco cattolico, socialista ed europeista”.
Professore, è davvero un sostenitore di Putin?
Amo la Russia, dove ho studiato, amo la sua letteratura e la sua musica. Ma non ho nessuna simpatia per l’ex colonnello del Kgb: a suo tempo ne ho scritto molto male per quello che ha combinato in Cecenia. Mi sono reso conto, negli ultimi viaggi in Russia, che ha organizzato uno Stato autoritario e oligarchico, ripristinando però anche un po’ di Stato sociale.
Perché qualsiasi tentativo di problematizzare e spiegare viene criminalizzato?
È una vecchia sindrome occidentale, che in una certa misura l’umanesimo e l’illuminismo hanno radicato. Cioè l’idea che in fondo l’Occidente non sbaglia mai. È quella che Hegel chiamava “la sera senza tramonto della storia del mondo”: l’Occidente è il migliore dei mondi possibili, senza se e senza ma. Questo implica che non si possono ammettere errori e limiti: tutte le volte che c’è qualche falla – vedi Trump – viene liquidata come un caso isolato, il matto di turno e via dicendo. Le posizioni altre sono sempre maccartismo. Certo servirebbe un’opinione pubblica diversa, mediamente colta, razionale e intellettualmente onesta, che purtroppo non abbiamo.
Una volta si diceva che bisognerebbe capire la storia senza demonizzazioni. Non vale più?
Guardi, il fatto che ci siano dei fermenti nazionalisti e nazionalsocialisti in Ucraina, tanto per fare un esempio, è vero. Io ne capisco anche le ragioni storiche e mi guardo bene dal demonizzarli. I mali assoluti sono evocati in continuazione, ma mettere i baffetti di Hitler o i baffoni di Stalin addosso all’uno o all’altro cattivo di turno non serve a capire.
Dal punto di vista del diritto siamo di fronte all’aggressione di uno Stato sovrano.
Benissimo: la Corte dell’Aja può procedere contro la Federazione Russa. Però le chiedo: a quando i processi contro la Nato (posta sotto l’alto comando Usa) per gli interventi in Serbia, in Afghanistan, in Iraq, in Siria?
Zelensky ha detto: “Non possiamo entrare nella Nato, va ammesso”. È uno spiraglio per una fine della guerra che non implichi una resa dell’Ucraina?
Io non voglio una resa dell’Ucraina, per rispetto di un popolo e di una terra che amo. Se io fossi Putin, farei in modo di lasciare una via d’uscita dignitosa all’avversario. Penso che Putin abbia deciso l’invasione prima che l’Ucraina entrasse nella Nato, perché dopo – essendo la Nato un’alleanza difensiva – sarebbe stato scatenare di fatto una guerra mondiale. Nel documento del 15 dicembre 2021, il governo russo aveva proposto un compromesso al governo americano per una “finlandizzazione” dell’Ucraina, il non ingresso nella Nato dell’Ucraina e l’indipendenza delle Repubbliche del Donbass. Cose che erano negli accordi di Minsk e che non sono state rispettate. Di nuovo, sapere serve a capire e non a giustificare una o l’altra parte.
Cosa pensa dell’invio delle armi e delle sanzioni?
L’invio di armi all’Ucraina in un momento di conflitto rappresenta formalmente una atto di guerra della Nato contro la Russia. Dal 1914 al 1917 l’America mandava aiuti all’Inghilterra con la scusa della legge sugli affitti e i prestiti: il Kaiser affondava i convogli inglesi con i sottomarini. E alla fine sono entrati nel conflitto anche loro: cerchiamo di non arrivare a questo. Quanto alle sanzioni contro la Russia: paga la Russia, ma anche l’Europa mentre gli Usa e la Nato, che pagano pochissimo, se ne fregano.
Il Fatto Quotidiano, 17 Marzo 2022