Il grande bluff di Trump e la bolla di Wall Street

Il castello di carte sta iniziando a tremare. E chi ha comprato il sogno di Trump come salvatore dell’economia americana, ora si ritrova con il conto da pagare.

La “pro-growth agenda” di Donald Trump. Le magnifiche sorti e progressive promesse ai mercati finanziari, ai grandi investitori, ai piccoli azionisti che si erano lasciati sedurre dall’illusione di un’economia inarrestabile, spinta da tagli alle tasse, deregulation e suprematismo energetico. Ricordate il grande mantra? L’America tornerà a essere la potenza industriale di un tempo, la manifattura risorgerà, i posti di lavoro torneranno a casa e la borsa schizzerà alle stelle grazie alle politiche geniali del tycoon.

Bene, ora, dopo qualche anno di ubriacatura collettiva e narrazione trionfalistica, siamo tornati con i piedi per terra. Anzi, più che tornati, siamo precipitati. Il mercato azionario americano è nel caos. L’indice S&P 500, dopo un crollo ininterrotto nelle ultime settimane, ha cancellato tutti i guadagni accumulati dal giorno in cui Trump è stato eletto. Il Nasdaq 100 è finito in correzione, con un tracollo del 10% in appena 17 giorni. E il titolo simbolo della bolla tecnologica, Nvidia, ha bruciato quasi 1.000 miliardi di dollari di capitalizzazione in due mesi, finendo addirittura sotto questa soglia prima che i soliti disperati speculatori intervenissero per limitare i danni.

Il grande timore ora si chiama stagflazione: inflazione che non accenna a scendere, disoccupazione in crescita (grazie anche ai licenziamenti federali voluti da Trump) e una crescita economica che sta rallentando visibilmente. Gli investitori, che prima osannavano l’ex presidente per la sua aggressività commerciale e le sue politiche muscolari, ora si chiedono quanto costerà davvero il conto della sua visione del mondo.

“Il mercato azionario è molto confuso riguardo ai piani tariffari di Trump,” ha dichiarato Jeremy Siegel, docente di finanza alla University of Pennsylvania. E con ragione: nessuno ha ancora capito se la guerra commerciale con Cina, Messico e Canada sia solo un bluff da negoziatore o se davvero Trump voglia trascinare il Paese in una nuova stagione di protezionismo autolesionista.

I mercati odiano l’incertezza, e il balletto sulle tariffe ha portato a una volatilità senza precedenti: per sei sessioni consecutive l’S&P 500 si è mosso di oltre l’1% in entrambe le direzioni, roba che non si vedeva dal novembre 2020, quando Trump stava ancora cercando di rovesciare il risultato delle elezioni.

Nel frattempo, i campioni dell’economia digitale, le cosiddette “Magnificent Seven” (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla), hanno registrato una perdita superiore al 12% in appena tre settimane. E qui la situazione si fa ironica: mentre Trump prometteva di riportare il lavoro negli USA con tariffe punitive, l’unico settore che cresceva davvero sotto la sua amministrazione era quello tecnologico. Ora, con l’ennesima ondata di incertezza e i mercati in affanno, anche i giganti della Silicon Valley stanno soffrendo.

Thomas Thornton, esperto di Hedge Fund Telemetry, ha detto chiaro e tondo: “Questo è un mercato incredibilmente difficile. La gente è ancora troppo ansiosa di comprare. Un buon bottom si ha quando nessuno vuole più comprare e tutti vogliono uscire il più velocemente possibile.” E sembra proprio che stiamo entrando in quella fase.

Gli investitori più scaltri avevano previsto che l’euforia di inizio mandato di Trump fosse esagerata. Barry Bannister, stratega capo di Stifel, Nicolaus & Co., è stato tra i pochi a predire il declino dei mercati nel 2025: “Sapevamo che l’interpretazione ottimistica del primo anno dell’amministrazione Trump era completamente sbagliata. Lui è un distruttore e per ricostruire qualcosa di nuovo deve prima demolire tutto.”

Peccato che, fino ad ora, si sia visto solo il lato della distruzione. Le grandi promesse sui tagli fiscali e la deregolamentazione si sono tradotte in un aumento del debito pubblico e in una crescita economica insostenibile nel lungo periodo. Le tariffe avrebbero dovuto rilanciare la manifattura americana, ma i dati dicono il contrario. E il presunto boom economico ha alimentato solo una speculazione finanziaria che ora si sta sgretolando sotto il peso delle sue stesse illusioni.

La prova definitiva di questa disillusione? Per la prima volta dal 2022, la maggioranza degli investitori individuali americani prevede un calo dei prezzi azionari nei prossimi sei mesi, secondo un sondaggio dell’American Association of Individual Investors. Solo il 20% crede ancora in una ripresa. Insomma, persino il pubblico più fidelizzato sta iniziando a guardare con sospetto alle promesse di Trump.

Dennis Dick, trader esperto di Triple D Trading, ha sintetizzato perfettamente il momento attuale: “Preparatevi a più ‘Trump pumps’ e ‘Trump dumps’. Il presidente non smette mai di parlare. Sembra che la mia testa sia su un perno.”

All’inizio dell’anno, gli analisti prevedevano che l’S&P 500 avrebbe chiuso il 2025 a quota 6.511,36, con una crescita del 13%. Oggi quelle stime sono state ridimensionate, e ora gli esperti parlano di una crescita attorno al 10%—sempre ammesso che l’economia regga e che i mercati non vadano incontro a nuovi scossoni.

L’attenzione ora è tutta sulle prossime mosse della Federal Reserve, che il 19 marzo dovrà decidere se tagliare i tassi di interesse o lasciare che il mercato si arrangi. La settimana sarà cruciale, con dati chiave su occupazione, inflazione e fiducia dei consumatori. Il presidente della Fed, Jerome Powell, ha provato a rassicurare dicendo che “l’economia è in una buona posizione,” ma i dati in arrivo potrebbero smentirlo clamorosamente.

In mezzo a tutto questo, le nuove tariffe su acciaio e alluminio entreranno in vigore mercoledì, aggiungendo ulteriore volatilità. E per completare il quadro, il Congresso deve approvare un accordo di spesa prima di venerdì, altrimenti scatterà il blocco del governo federale.

Come ha riassunto Lori Calvasina di RBC Capital Markets: “I rischi stanno aumentando e stiamo iniziando a chiederci quanto possa essere instabile l’economia. Siamo in un punto delicato. E le prossime settimane saranno decisive.”

In altre parole, il castello di carte sta iniziando a tremare. E chi ha comprato il sogno di Trump come salvatore dell’economia americana, ora si ritrova con il conto da pagare. Peccato che, come sempre, il vero conto lo pagheranno gli americani comuni.

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