Opinioni

Osteria di Ferragosto

di Marco Travaglio – A Ferragosto, Nordio sfodera l’ennesimo “piano” per le carceri, riproponendo soluzioni già fallite. Ma tranquilli, stavolta risolverà tutto, o forse no.

Antonio Tajani

Prese per il culo

Mentre il governo si perde in faccende secondarie, le guerre vere continuano. Tajani e l’Italia dovrebbero smettere di fare promesse vuote e decidere finalmente da che parte stanno.

La NATO è il vero burattinaio dietro le azioni di Zelensky contro la Russia

di Giuseppe Salamone Quel buffone di Zelensky non ha nemmeno l’autonomia di decidere quando andare in bagno, perché qualora decidesse di andare senza chiedere permesso ai servizi Usa e UK si ritroverebbe secco dentro la vasca da bagno. Quindi la sortita all’interno del territorio Russo non è farina del suo sacco, bensì del sacco della Nato. A voler essere precisi Zelensky è solo l’utile idiota che manda al macello il suo popolo per gli interessi degli Stati Uniti d’America. Ma questa è ormai una cosa risaputa. Sul fronte ucraino non hanno più niente da chiedere, perdono su tutti i fronti, perdono terreno quotidianamente, non hanno più uomini da mandare al fronte e gli arruolamenti, ovviamente “democratici”, avvengono nei luoghi pubblici a suon di botte, il paese è in bancarotta tanto da non essere riuscito a pagare le cedole in scadenza all’1 agosto e scarseggia financo la manodopera interna. Tradotto: hanno irrimediabilmente perso e non riusciranno a cambiare le sorti della guerra in nessun modo. E quando perdi non ti resta solo che una cosa: il terrorismo. La sortita a Kursk è terrorismo con armi Nato e secondo il volere Nato. Un suicidio militare annunciato che serve solo a far incazzare il Cremlino e a vendere qualche titolone sulla propaganda di regime. Ma le cose stanno molto peggio rispetto a quanto la stampa di regime non racconti, visto che continuano a lodare l’iniziativa dell’esercito ucraino senza rilevare la sua estrema gravità e pericolosità: siamo davanti a un’invasione terroristica della Russia. Lo conferma Zelensky: “Il capo di stato maggiore Sirsky ha già riferito diverse volte oggi riguardo al fronte, alle nostre azioni e allo spingere la guerra nel territorio dell’aggressore”. Se ancora non lo avete capito allora lo dico a parole semplici: la Nato ha appena invaso la Federazione Russa. E se non ci credete, andate a leggere le dichiarazioni della Commissione Europea che sostengono Kiev in questa azione e quelle della Casa Bianca che dicono che questa invasione terroristica rispecchia la loro politica nei confronti del conflitto tra Nato e Russia. Qualche ora fa è stata bombardata la città di Kursk con un missile occidentale, dove è stato colpito un palazzo, civile, di nove piani causando decine di feriti. Ora gli ucraini sono liberi di invadere chi vogliono, dove vogliono e quando vogliono. Ma qui il punto sta da un’altra parte e lo dico a chi continua a controbattere con “si ma la Russia ha invaso l’Ucraina”: questi ci stanno trascinando in guerra perché agiscono per conto anche dell’Italia, con le armi dell’Italia e con i soldi delle tasse dei cittadini italiani. Io non pago le tasse per finanziare una guerra per procura degli Stati Uniti d’America, i miei soldi non devono essere usati per una guerra causata meticolosamente e che se Biden e Johnson non avessero mandato tutto in vacca si sarebbe potuta concludere nel marzo del 2022. Chi non la pensa allo stesso modo, visto che quando non ci sono più argomenti, o ci accusate di essere delle spie del Cremlino e di trasferirci in Russia, è pregato di prendere armi, bagagli ed elmetto e recarsi immediatamente al fronte per difendere la vostra “democrazia” e soprattutto gli interessi dei vostri padroni della Casa Bianca che vi considerano carne da macello e nulla più. Ma a chi ripudia la guerra, vuole rimanere nel rispetto della Costituzione e preferisce il dialogo al suono delle bombe lasciatelo in pace e la parte dei loro soldi destinatela in spese sociali. Maledetti!

Bellicisti a reti unificate e censura per il dissenso

di Elena Basile Giacomo Gabellini, ricercatore e stimato autore di numerosi libri di geopolitica, ha intervistato l’ex colonnello dell’intelligence svizzera Jacques Baud sul suo canale Youtube ed è stato censurato. Baud è un politologo e scrittore che da anni pubblica saggi di successo sui conflitti in corso alla frontiera orientale dell’Europa e in Medio Oriente. Appare raramente sui media più ascoltati e letti dal largo pubblico in quanto porta avanti una critica documentata della politica statunitense e Nato. Smaschera con prove raramente attaccabili le menzogne della propaganda. Se il libero pensiero scompare anche dai social l’obiettivo della disinformazione totale dei cittadini occidentali sarà interamente raggiunto. Nelle società cosiddette autocratiche si ha contezza che i media e la stampa siano uno strumento del potere. Un russo, un cinese, un turco leggono con beneficio di inventario la stampa nazionale. L’operazione riuscita in Occidente, che fa comprendere come il sogno distopico di Orwell si realizzi con velocità sorprendente, è data dalla fiducia inculcata nella maggioranza della società civile di vivere in Paesi liberi, governati dallo Stato di diritto, in uno spazio mediatico che rispecchia la libera espressione. Vorrei riassumere gli argomenti oggettivi che da tempo illustro per confutare questa falsa sicurezza nostrana. L’ex rappresentante della Politica estera dell’Ue, Borrell, ha stabilito che in Europa non vi sia libero accesso ai media russi. La censura è stata giustificata con l’intento di voler proteggere i cittadini europei dalla disinformazione del nemico. Sappiamo bene che questo è stato ed è l’alibi delle dittature. A esso le nostre più alte cariche istituzionali si sono adeguate, biasimando in numerose occasioni la società civile italiana di farsi plagiare dai cosiddetti filo putiniani. L’epiteto è stato riservato a tutti gli analisti che nell’esame del conflitto russo-ucraino hanno illustrato le dinamiche risalenti agli anni Novanta in grado di provare l’espansionismo strategico e offensivo della Nato nei confronti di Mosca. La maggior parte di questi analisti non ha avuto accesso alle testate e reti che hanno gli indici di ascolto più elevati. Alcuni sono stati diffamati, querelati e linciati pubblicamente con menzogne evidenti. Su Corriere e Repubblica la sottoscritta è stata definita “pseudo ex ambasciatrice”. Basta una semplice ricerca in Internet per verificare come questo insulto diffamante sia una oggettiva menzogna. Con riferimento al conflitto israelo-palestinese si è fatto di peggio. Gli analisti non inclini a giustificare l’occupazione e lo sterminio di innocenti a Gaza quale operazione della civiltà contro la barbarie e come conseguenza del diritto di Israele a difendersi sono stati considerati antisemiti, in alcuni casi querelati per istigazione all’odio. È vero, negli spettacoli televisivi (non li chiamerò programmi come qualcuno vorrebbe) dedicati alla politica vengono ammessi in netta minoranza due, tre, quattro voci del dissenso, molto caratterizzate che servono soltanto a infondere negli spettatori (non sono ascoltatori) l’illusione che tutte le opinioni siano rappresentate. Naturalmente il dissenso ammesso è implicitamente denigrato, deriso. Passa il messaggio subliminale in molti casi che gli analisti fuori dal coro siano cabarettisti, incompetenti, non degni di attenzione da parte dei cittadini perbene e moderati. Le quattro agenzie di stampa internazionali copiano molte volte le veline diffuse dai servizi occidentali e i giornali con copia e incolla diffondono il verbo utilizzando le stesse espressioni. Se confrontate Corriere o Repubblica con La Libre Belgique, Le Monde e persino The Guardian, vedete assonanze inquietanti. Lo stesso accade con poche eccezioni in radio e tv, Rai News, La7 recitano il catechismo caro ai media europei. I pochi consapevoli dello stato abietto dell’informazione occidentale sono costretti a ricercare le notizie in Rete, tv indipendenti, youtuber competenti che intervistano personaggi scomodi da Mearsheimer a Chomsky, a Ilan Pappé, a Moni Ovadia, a Jeffrey Sachs, a Baud, al colonnello Mc Gregor, a ex diplomatici britannici e statunitensi ignoti alle audience dei conduttori di grido europei. Si tratta di una minoranza di autori e utenti consapevoli che non cedono al linguaggio stereotipato e semplificato, alla retorica in base alla quale Biden è un illustre e puro statista mentre Putin o Xi terribili dittatori assetati di sangue, l’Ucraina una democrazia che difende la libertà occidentale e altri luoghi comuni venduti senza vergogna anche da persone colte, istruite, editorialisti stimabili all’opinione pubblica. Ecco perché la notizia della censura a Gabellini mi ha colpito. L’ossigeno si assottiglia.

Le censure sulla censura

di Marco Travaglio La libertà d’informazione è affare troppo serio per lasciarla ai politici e ai giornalisti italiani. Che infatti la usano per tutt’altri scopi – difendere o attaccare il governo Meloni – tirandosi addosso tre diversi report sul tema senza distinguerli e scordandosi il punto di partenza, che precede di parecchio l’avvento dei Melones: l’informazione fa schifo da decenni. E lo faceva ancor di più ai tempi di Draghi e di Renzi (B. è fuori concorso), quando l’intera Rai e tutti i giornaloni erano turbogovernativi, le conferenze stampa dei premier erano messe cantate modello Corea del Nord che si concludevano con le standing ovation e ciononostante nessuno protestava: anzi, proprio per questo. La premier dice che la Relazione annuale della Commissione europea sullo Stato di diritto è stata travisata e strumentalizzata. Vero: critica alcune schiforme della giustizia del suo governo, ma sul premierato e la libertà d’informazione si limita ad affiancare alle posizioni governative quelle di “portatori di interessi” contrari (associazioni di categoria, osservatori, ong). Raccomanda l’indipendenza della Rai dai partiti, impedita dalla legge Renzi, e una riforma anti-querele temerarie, non certo nate con questo governo. Piuttosto minimalista e deludente, il report è pure viziato da sospetti di ricatto: doveva uscire il 3 luglio, ma fu rinviato perché Ursula stava trattando i voti FdI con Giorgia; poi non li ha avuti e oplà, il prezioso incunabolo è saltato fuori. La stessa puzza di estorsione si avvertì con le procedure d’infrazione aperte tre anni fa contro Ungheria e Polonia per violazioni dello Stato di diritto: poi Varsavia fu perdonata senza cambiare nulla perché obbediva alla Nato e dunque a Ursula sulle armi a Kiev, Orbán invece no perché disobbediva. La Meloni aggiunge che “la Commissione europea riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: Domani, Fatto Quotidiano e Repubblica”. E questo è falso. I tre quotidiani sono citati, con i nomi dei giornalisti consultati, da un altro report sulla libertà d’informazione: quello di un consorzio privato, Media Freedom Rapid Response, che la premier confonde o finge di confondere con quello di Bruxelles per degradare le critiche europee come attacchi della stampa ostile. C’è poi un terzo rapporto, quello dell’osservatorio Centre for media pluralism and freedom, che va giù duro sui bavagli Cartabia, Nordio e Costa, la Rai governativa e i conflitti d’interessi di Mediaset, Angelucci e Gedi. Ma Rep è riuscita a parlarne citando i finti martiri di TeleMeloni e censurando proprio il passaggio sul loro editore impuro. C’è una bella differenza anche tra i “portatori d’interessi”: noi del Fatto portiamo solo l’interesse dei lettori a essere informati. Il Fatto Quotidiano, 31 luglio 2024

Meloni in Cina: perché la dipendenza dagli Stati Uniti ha danneggiato i rapporti con Pechino

di Giuseppe Salamone Quindi Meloni è andata a trovare Xi Jinping e questa è una buona notizia, com’è una buona notizia il fatto di tentare di ripristinare la via della seta sotto mentite spoglie. Il problema sta nel fatto che i Cinesi le hanno chiaramente sbattuto in faccia che per cooperare con loro serve serietà e autonomia politica, cosa che Meloni non ha in quanto totalmente appecoronata a Washington. E i Cinesi lo sanno perfettamente! L’altro problema è che non ha perso tempo per dimostrarlo, infatti in una visita che doveva servire per tentare di rivitalizzare le relazioni commerciali con la Cina, è andata a dirgli ciò che gli ha detto il segretario di stato Usa Blinken e la segretaria al tesoro Usa Yellen qualche mese fa, ovvero di non sostenere e quindi interrompere la cooperazione industriale con la Russia. Ripeto: cooperazione industriale, non militare. Una follia praticamente: “Io penso che la Cina non abbia alcuna convenienza in questa fase a sostenere la capacità industriale russa, anche se come sappiamo non interviene direttamente, è evidente che questo crea una frizione perché lo abbiamo scritto in tutti i modi possibili e immaginabili e lo abbiamo ribadito”. A quanto pare serve farle il disegnino per fare in modo che capisca come ci si comporta a livello internazionale. La prima cosa da fare è quello di non interferire negli affari interni degli altri Paesi, soprattutto quando ti confronti con super potenze. Non puoi andare in Cina da serva quale sei e dirgli se devono o non devono cooperare con la Russia a livello industriale. Intanto perché sei irrilevante e sei percepita come tale, poi perché se c’è una cosa che da quelle parti vedono come fumo negli occhi e per la quale stanno alzando la testa, è il sentirsi dire ciò che è giusto o sbagliato fare, soprattutto nelle relazioni con altri Paesi. Inoltre a livello strategico è una roba gravissima legare le proprie relazioni con un Paese, qualunque esso sia, a una cooperazione con paesi terzi, in questo caso quelle tra Cina e Russia. Soprattutto perché stiamo parlando di un’economia in ascesa, che guida un blocco assai rilevante sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista delle materie prime e sia della popolazione mondiale che rappresentano. Praticamente, ed è quello che alla stampa di regime non sembra interessare, Giorgia Meloni è riuscita a legare i rapporti con i Cinesi in conseguenza a quelli dei Cinesi con la Russia. Incredibile ma vero! Non solo ci siamo martellati le balle trattando la Russia come un’appestata rinunciando alle sue materie prime che tenevano in piedi la nostra manifattura, ma adesso è diventata una premessa quella dell’esclusione della Russia per quanto riguarda le relazioni con altri Paesi. Piaccia o meno, la donna, madre e Cristiana è riuscita ancora una volta a dimostrare la propria bassezza politica e la propria altezza come serva di corte. Sostanzialmente la prima nemica del popolo italiano. Ciò che le resteranno sono le photo opportunity con quel sorriso falso come Giuda e una lunga e prosperosa carriera per tutelare gli interessi di Washington. Ma la storia insegna che i primi carnefici dei servi sono proprio i loro padroni. Kissinger lo diceva sempre: “Essere nemici degli USA può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale”.

Un Occidente rinsavito medierebbe con la Cina

La visita di Putin in Cina rappresenta una risposta alla visione occidentale che ha spinto la Russia verso l’Est. Dal 2000, Putin ha cercato di integrare la Russia nell’economia euroatlantica e mantenere la sovranità dello Stato, ma il colpo di piazza Maidan nel 2014 ha cambiato le dinamiche, portando all’annessione della Crimea e al deterioramento dei rapporti con l’Occidente. La Russia ha quindi rafforzato i legami con la Cina, firmando accordi energetici e collaborando economicamente, contrastando le sanzioni occidentali. Oggi, Cina e Russia promuovono una cooperazione strategica, sfidando l’egemonia statunitense e sostenendo la globalizzazione e il multilateralismo. Le critiche occidentali non colgono la crescente influenza dei Brics e la dedollarizzazione promossa da Pechino e Mosca. * * * di Elena Basile La visita di Putin in Cina costituisce un’ulteriore tappa del percorso a cui la visione patologica del mondo dell’Occidente ha costretto la Russia che per decenni aveva bussato alla porta dell’Europa. Putin nel 2000, quando prende il potere, ha due obiettivi strategici: l’inserimento della Russia nelle strutture della governance economica euroatlantica e la ricostruzione della sovranità dello Stato. Fino al 2014 riesce a riconciliare l’indipendenza strategica di Mosca con l’esigenza di stabili rapporti economici con l’Occidente. Il colpo militare di piazza Maidan, ampiamente documentato, del 2014, lascia il Cremlino esterrefatto. La scelta tormentata dell’annessione della Crimea per proteggere la base sul mar Nero di Sebastopoli avrebbe potuto dare inizio a uno sviluppo autarchico e togliere al presidente russo il consenso di quel blocco sociale ed economico che si era arricchito nei commerci e investimenti con l’Europa. La salvaguardia della sovranità russa non sembra più conciliabile con gli interessi dell’economia di Mosca. Del resto nel 2014 anche in Occidente la disintermediazione tra capitale e interessi della politica è avvenuta. L’Occidente rinnega la globalizzazione che aveva portato a una distribuzione del potere economico a vantaggio della Cina e degli emergenti. Si arrocca in una strategia che sarebbe giunta al friendshoring: si commercia e si investe solo con gli amici. Nel 2014 l’annessione russa della Crimea è attuata da una leadership sgomenta ma ponderata. La rivolta alla pax americana che vuole desovranizzare Mosca è possibile perché all’ombra della Cina un nuovo mondo sta nascendo. La nuova Via della Seta, che avrebbe potuto implicare sviluppo e prosperità per l’area euroasiatica con ricadute importanti per i Paesi europei, era stata lanciata nel 2013. Nel 2014 la Russia firma con la Cina un accordo per 400 miliardi di dollari per la fornitura di energia e la costruzione di infrastrutture energetiche. Inizia una cooperazione economica senza precedenti che fortifica l’unione economica eurasiatica. Dal 2008 in poi, il mondo multipolare si delineava all’orizzonte. I Brics nascono nel 2020, si ingrandiscono e hanno nella contestazione dell’egemonia statunitense, che trova conforto solo nella supremazia militare, un cemento importante. È grazie alla Cina e al sud globale che Mosca vince contro la rischiosa scommessa iniziata nel 2014 e sopravvive alle sanzioni occidentali. Oggi è molto più forte di prima. A Pechino, Xi e Putin rafforzano la collaborazione. Aumentano le importazioni russe di automobili elettriche cinesi e di componenti per l’industria della difesa come le esportazioni verso la Cina energetiche e del settore agroalimentare. Le stigmatizzate autarchie in geopolitica dichiarano comuni intenti di pace e di stabilizzazione del mondo. Il cessate il fuoco a Gaza con il rilascio immediato degli ostaggi e una conferenza di pace per pervenire alla soluzione dei due Stati. Putin appoggia la mediazione cinese, i 12 punti che continuano a rappresentare gli unici parametri di una diplomazia razionale e strategica. Con lo strabismo rituale, ex colleghi che ricevono prebende e posti al sole collaborando con think tank finanziati dagli statunitensi, mettono a tacere l’onestà intellettuale (saremmo noi i filoputiniani a tradire i valori della Repubblica?), ci spiegano che la Cina è dominante, che ha bisogno dell’Occidente restando lo scambio commerciale con l’Europa quasi il doppio di quello realizzato con Mosca. Sottolineano la subalternità russa. Non vedono tuttavia quella europea nei confronti di Washington. In realtà, la Russia e i Brics si stanno allineando alla Cina che di fronte alle azioni illegali della finanza occidentale, estromissione di Mosca dallo Swift, sanzioni economiche e sequestro di 300 miliardi di fondi russi in euro), ha accelerato il processo di dedollarizzazione. I Brics crescono in numero, sostengono globalizzazione e riforma del multilateralismo, Onu e Osce, fine dei doppi standard occidentali, applicazione di regole chiare e non à la carte secondo gli interessi Usa, riforma della governance economica Fmi e Bm. Se l’Occidente fosse sano e lo spazio politico mediatico non corrotto, su questi temi si centrerebbe la riflessione. Si dovrebbe mettere a punto una strategia diplomatica di mediazione con Cina, Brics e Sud globale per le riforme richieste e per la stabilizzazione delle aree di crisi. Ma tronfie e arroganti, come i miei ex colleghi che venivano un tempo cooptati per la loro fedeltà nelle stanze dei bottoni e ora sputano il verbo sui giornali più letti, le classi dirigenti occidentali disprezzano l’altro, lo disumanizzano, lasciano alle generazioni future il debito impazzito, il fallimento della transizione verde, il sistema di sorveglianza digitale e i conflitti. Il Fatto Quotidiano, 30 luglio 2024

Un Grillo al bivio

Senza Conte, il M5S rischia di sparire, ma Grillo deve decidere se partecipare attivamente al rilancio o restare in disparte.

Il dottor Stranamore è un’altra volta tra noi

Muti i filosofi e i giuristi, le assemblee parlamentari ridotte a fantasmi, le istituzioni relegate in un angolo. Dissolto il velo d’ipocrisia, la grande politica è tornata a imporsi in tutta la sua tragica volontà di potenza

Israele e il nuovo fronte in Libano: pretesti e propaganda

L’obiettivo dei criminali israeliani è aprire un nuovo fronte in Libano, perpetuando il conflitto senza prove concrete. Con il supporto degli Stati Uniti, Netanyahu e Gallant dichiarano guerra a Hezbollah, mentre le provocazioni di Erdogan e le minacce di Katz aggravano la situazione.

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