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L’amico terrorista | di Marco Travaglio

di Marco Travaglio Chissà se le migliori gazzette d’Occidente noteranno la macabra comicità della nota emessa ieri dal Servizio segreto militare ucraino Gur insieme al video di un uomo che esplode per una bomba sotto la sua auto: “Il 4 ottobre, intorno alle 7 del mattino, nella zona temporaneamente occupata di Energodar, un’auto che trasportava un criminale di guerra, il ‘capo della sicurezza’ della centrale nucleare di Zaporizhzhia, Andriy Yuriyovych Korotkyy, è esplosa… Dopo la presa della centrale, Korotkyy ha collaborato volontariamente con gli invasori russi, ha fornito loro gli elenchi dei dipendenti della stazione con i loro dati personali, indicando i cittadini filoucraini. Ogni criminale di guerra riceverà una giusta punizione”. Più che una nota, un volantino di rivendicazione tipico delle organizzazioni terroristiche: solo che il Gur è un pilastro della celebre “democrazia” ucraina, addestrato, finanziato e armato da Usa, Nato e Ue per combattere al posto nostro il regime autocratico e terroristico di Russia in difesa del mondo libero e del diritto internazionale. La narrazione era già piuttosto ridicola fino all’altroieri, visti i dieci anni di guerra civile nel Donbass e soprattutto degli atti terroristici perpetrati dai Servizi e dagli squadroni della morte ucraini in giro per il mondo: l’esplosione dei gasdotti russo-tedeschi Nord Stream 1 e 2 a opera di un incursore ucraino ricercato da Berlino, fuggito in Polonia e di lì a Kiev su un’auto diplomatica dell’ambasciata a Varsavia; gli assassinii a Mosca di Darya Dugina, figlia di un filosofo filoputiniano (autobomba) e dell’ex deputato socialista ucraino Ilya Kiva, espulso e condannato per tradimento dopo aver criticato Zelensky anche per la tossicodipendenza (colpo alla testa); l’assassinio a San Pietroburgo del blogger ucraino filorusso Vladen Tatarsky (statuetta esplosiva); l’attentato allo scrittore e politico nazionalista russo Zakhar Prilepin, ferito e mandato in coma dall’esplosione della sua auto vicino Mosca; gli omicidi di giornalisti “propagandisti”, cioè sgraditi al regime, rivendicati a maggio dal capo del Gur Kyrylo Budanov; il sostegno a gruppi jihadisti legati a Isis e al Qaeda in Niger, Mali e Burkina Faso, vantato a luglio dal portavoce del Gur in funzione anti-Wagner. Ma i terroristi di Stato ucraini avevano sempre colpito oltre confine. Ora si fanno gli attentati in casa: anziché star lì a perder tempo per arrestare e processare i presunti collaborazionisti, li fanno esplodere direttamente. Fortuna che l’Ucraina sta con i Buoni e infatti entrerà nell’Ue e nella Nato, mentre la Russia capeggia i Cattivi e infatti il Parlamento europeo la definisce “Stato terrorista” e Putin ha un mandato di cattura internazionale. Sennò poi uno chissà cosa va a pensare. Il Fatto Quotidiano, 5 ottobre 2024

Woody Allen | di Alberto Arbasino

Woody Allen, da comico cabarettistico a regista di successo, con uno stile satirico influenzato dal teatro yiddish, Groucho Marx e l’intellighenzia newyorkese.

Netanyahu tra ONU e realtà

Netanyahu ritira il cessate il fuoco, pressato dai suoi ministri. Israele vuole l’annessione senza compromessi, mentre Hezbollah resiste e l’ONU discute l’Iniziativa di Pace Araba.

Le bombe sul Libano e la soluzione strategica

di Tommaso Merlo Gli americani gli hanno riempito i magazzini di bombe ed Israele sparge morte e distruzione anche tra i civili libanesi. Si tratterebbe di “escalation per la de-escalation” a sentire gli strateghi di Tel Aviv. E cioè vorrebbero spaventare gli Hezbollah in modo da convincerli a smettere di colpire il Nord della Galilea e permettere agli sfollati israeliani di tornare a casa. Questo mentre è un anno che Nasrallah ripete che se Israele sigla un cessate il fuoco a Gaza, anche loro si adeguerebbero. Ma figurarsi. Netanyahu ed i suoi complici non hanno interrotto il genocidio a Gaza nemmeno per un giorno ed hanno boicottato ogni accordo con Hamas. Accettare la proposta di Nasrallah e senza aver raggiunto nessuno obiettivo militare a Gaza se non una bieca vendetta, sarebbe stata una doppia e gravissima sconfitta per loro. Israele poi tradizionalmente non tratta. O fai come dicono loro o ti aggrediscono finché non cedi. Fasciosionismo che conoscono benissimo i palestinesi. Per gli israeliani compromesso è sinonimo di sconfitta, non vogliono abbassarsi al livello di gente che ritengono inferiore e che per loro dovrebbe giusto sparire dalla circolazione. E chiunque osi mettersi di mezzo è un antisemita o un terrorista a prescindere. Ma il problema lungo il confine tra Israele e Libano è oggettivo con Hezbollah che ha la possibilità di colpire anche in futuro. Israele vuole una fascia di sicurezza tra l’altro prevista da una risoluzione ONU a seguito della guerra del 2006 e mai applicata, col mistero di cosa ci faccia il contingente italiano da quelle parti. Ma dato che Netanyahu ed i suoi complici sono dei bugiardi patologici, i bombardamenti e gli attacchi terroristici delle radioline in Libano, potrebbero in realtà essere l’ennesimo tentativo di escalation e basta. Provocare cioè gli Hezbollah in modo che una loro reazione veemente convinca gli americani ad entrare direttamente nel conflitto. Del resto bombardare a tappeto dal cielo non è servito a sconfiggere Hamas, figuriamoci Hezbollah enormemente più addestrato, equipaggiato e sparso su un territorio molto più vasto. Difficile poi pensare che gli Hezbollah non abbiamo previsto gli ormai classici bombardamenti israeliani in decenni che si preparano. Finora Libano ed Iran hanno calibrato le loro reazioni per evitare un conflitto regionale, sanno che è il sogno di Netanyahu che ha paura e pure fretta. Senza gli americani è spacciato ed è a fine corsa. Anche l’attacco di terra israeliano sembra improbabile o comunque tenuto come ultima opzione, gli analisti militari ritengono gli Hezbollah nettamente superiori sul loro terreno soprattutto rispetto ad un esercito israeliano stremato ed impegnato su più fronti. Agli Hezbollah non converrebbe quindi reagire ma continuare come se nulla fosse una strategia di logoramento magari allargata a tutta la Galilea che gli permetta al tempo stesso di tenere fuori gli americani ed assistere all’implosione del regime di Netanyahu. Bisogna però vedere quanta devastazione i libanesi possono tollerare. Le vittime civili possono incolpare gli Hezbollah per quanto subito oppure prendersela con loro se non reagiscono a dovere. E gli strateghi di Tel Aviv puntano anche su questo. Una strategia dell’escalation permanente che ignora la situazione a casa loro. Quello che doveva essere il paradiso degli ebrei si è trasformato nel loro inferno. Lo stato israeliano non è in grado di garantire nemmeno la basilare sicurezza e stabilità che ha storicamente promesso ai coloni. E dopo un anno di guerra, è in ginocchio. A livello politico, sociale, economico e se lo diventasse anche a livello militare rischia la fine. Stanotte son suonate le sirene in Galilea con oltre un milione di israeliani rinchiusi nei bunker, ulteriori sfollati e attacchi di panico. La guerra più lunga e devastante di tutta la sua storia e senza nessuna prospettiva politica all’orizzonte. Stanno cocciutamente ripetendo le solite fallimentari ricette militari da decenni. A Gaza, nei Territori Occupati e anche in Libano. Coi problemi che si aggravano invece di risolversi ed un paese mai stato così debole ed isolato. Eppure insistono a voler imporre la propria volontà con la violenza come quando sono sbarcati. Insistono a rifiutare di trattare gli altri alla pari e negoziare. Non riescono a capire che l’unica vera soluzione strategica è la pace.

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