“Le Passanti” di Fabrizio De André è un pezzo che nasce da una catena di adattamenti che attraversa diverse forme artistiche e lingue, ognuna portando il proprio tocco distintivo. L’origine di questo brano affonda le radici in “Les Passantes”, una poesia di Antoine François Pol, scritta nel 1911. Georges Brassens, noto per il suo spirito ribelle e la sua maestria nel cantautorato francese, decise di metterla in musica nel 1972, con piccole modifiche alla struttura originale per adattarla al suo stile. Brassens eliminò una strofa e operò aggiustamenti metrici, ma rimase molto fedele all’idea di fondo della poesia.
Il testo della poesia di Pol riflette un tema universale e struggente: la riflessione sulle persone incontrate di sfuggita, figure fugaci che attraversano la vita del poeta, lasciando un segno indelebile anche se effimero. Brassens, con la sua versione, ha mantenuto intatta l’essenza malinconica della poesia, trasformandola in una canzone che invita alla contemplazione.
Fabrizio De André, noto per il suo profondo rispetto e affetto per i cantautori francesi, portò la canzone nel panorama italiano. La sua versione, “Le passanti”, pubblicata nell’album Canzoni del 1974, ne conserva tutta la delicatezza e la nostalgia. Sebbene il testo italiano non sia una traduzione letterale, il significato profondo viene rispettato: l’elogio silenzioso e malinconico delle donne che attraversano la nostra vita, senza fermarsi, senza lasciare un nome o una storia, ma rimanendo nei ricordi e nei pensieri.
Una particolarità di “Le passanti” di De André sta nel fatto che la musica non è di Brassens, bensì di Jean Bertola, un altro nome significativo della musica francese, che ha saputo creare una melodia capace di accompagnare perfettamente il testo, accarezzando la sensibilità dell’ascoltatore con toni dolci e malinconici.
La convergenza tra poesia, musica e adattamenti interculturali rende questo brano un vero e proprio esempio di come l’arte possa superare confini linguistici e temporali, mantenendo intatta la sua capacità di commuovere e di far riflettere su quegli incontri sfuggenti che lasciano un segno, pur essendo destinati a dissolversi.
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“Le Passanti” è un’ode delicata e malinconica alle donne fugacemente incontrate nel corso della vita, donne che, per un breve istante, hanno lasciato un segno, un’impronta invisibile ma duratura nell’animo del protagonista. La canzone si muove tra il rimpianto e la contemplazione, esplorando la complessità delle relazioni umane, in particolare quelle mai pienamente vissute o lasciate a metà.
Il testo è un tributo a quelle figure femminili che hanno attraversato la vita dell’io narrante come apparizioni, amori non colti, desideri non compiuti, momenti sfiorati. Ognuna delle “passanti” è intrisa di una nostalgia dolce-amara, come un ricordo che continua a riaffiorare nonostante la sua evanescenza. Questo tema delle occasioni perdute o mai pienamente realizzate è centrale: l’io lirico osserva queste donne con una sorta di contemplazione estatica, ma non vi è mai un vero coinvolgimento fisico o emotivo pieno, come se l’amore, in qualche modo, rimanesse sempre a una certa distanza.
La dimensione del “rimpianto”
De André utilizza l’elemento del rimpianto in modo profondo e intimo. Le passanti non sono mai state vere e proprie compagne di vita, ma piuttosto fantasmi di un potenziale non realizzato, portatrici di un’illusione di felicità mai vissuta fino in fondo. Questo rimpianto si accentua nella parte finale del testo, dove il protagonista riflette sul fatto che, nei momenti di solitudine, quelle figure femminili, quelle felicità intraviste, tornano alla mente con una forza dolorosa.
“Si piangono le labbra assenti / di tutte le belle passanti / che non siamo riusciti a trattenere” è un verso che racchiude l’essenza di questo rimpianto. Il verbo “piangere” indica un dolore autentico, mentre l’impossibilità di trattenere queste donne rappresenta l’incapacità di cogliere l’attimo e di viverlo fino in fondo. La vita, secondo De André, è costellata da questi incontri mancati, da questi attimi che avrebbero potuto essere ma non sono mai stati.
Il tema del tempo
Il testo gioca anche con la percezione del tempo, mettendo in contrapposizione l’istante fugace e il peso del ricordo che esso lascia. Le donne passano rapidamente (“tanto di fretta l’hai vista passare”), ma lasciano un segno indelebile. La memoria, con il suo potere di amplificare o sbiadire i ricordi, diventa un filtro attraverso il quale il protagonista rivive quelle esperienze mancanti, talvolta idealizzandole. La fugacità degli incontri si scontra con la loro permanenza nel ricordo, dando vita a un continuo oscillare tra ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere.
L’amore immaginato
In diversi momenti del testo, l’amore appare come un’idea più che una realtà concreta. Questo emerge chiaramente in versi come “e ti piace ricordarne il sorriso / che non ti ha fatto e che tu le hai deciso”, dove l’immaginazione dell’io lirico costruisce un’esperienza amorosa che non è mai avvenuta. L’amore, quindi, non è qualcosa di vissuto ma piuttosto una creazione mentale, un rifugio nel quale il protagonista si rifugia per trovare un senso a quegli incontri sfuggenti.
Solitudine e compagnia
Interessante è anche la relazione tra solitudine e compagnia. Se da un lato il protagonista sperimenta una sorta di connessione immaginata con queste donne, dall’altro si percepisce una profonda solitudine. La compagnia che queste “passanti” offrono è temporanea, effimera, e quando se ne vanno, lasciano dietro di loro un vuoto che il protagonista non riesce a colmare. Questo vuoto si trasforma, col tempo, in un’abitudine al rimpianto, una “maniera di viversi insieme”, quasi una condizione esistenziale.
“Le Passanti” è una riflessione poetica sulla natura effimera dell’amore e della felicità. Fabrizio De André, con il suo lirismo delicato e profondamente umano, dipinge un quadro di incontri mancati e desideri inespressi, rivelando la fragilità delle relazioni umane e il peso che i ricordi possono avere nella costruzione della nostra identità emotiva. Le passanti non sono semplicemente donne che il protagonista ha visto passare, ma simboli di tutto ciò che nella vita sfugge, di quei momenti che non possiamo trattenere, e che, proprio per questo, rimangono indelebili nella memoria.
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“Le Passanti” di Fabrizio De André è una versione italiana di “Les Passantes” di Georges Brassens, che a sua volta è un adattamento della poesia omonima di Antoine François Pol, poeta francese nato nel 1888 e morto nel 1971. Pol aveva scritto questa poesia per esprimere il tema dell’amore fugace e dell’incontro mancato, concetti che Brassens ha conservato e adattato nel suo testo, apportando solo minime modifiche metriche.
Fabrizio De André ha poi preso questa versione, traducendola e reinterpretandola con il suo stile unico, mantenendo intatti i temi di rimpianto e malinconia che caratterizzano la poesia originale. Anche se la musica di “Le Passanti” è opera di Jean Bertola, De André è riuscito a rendere il brano personale, infondendo al testo un’atmosfera poetica e intimamente nostalgica, tipica delle sue composizioni.
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Le Passanti
Fabrizio De Andrè
Io dedico questa canzone
ad ogni donna pensata come amore
in un attimo di libertà
a quella conosciuta appena
non c’era tempo e valeva la pena
di perderci un secolo in più.
A quella quasi da immaginare
tanto di fretta l’hai vista passare
dal balcone a un segreto più in là
e ti piace ricordarne il sorriso
che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
in un vuoto di felicità.
Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l’unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano.
A quelle che sono già prese
e che vivendo delle ore deluse
con un uomo ormai troppo cambiato
ti hanno lasciato, inutile pazzia,
vedere il fondo della malinconia
di un avvenire disperato.
Immagini care per qualche istante
sarete presto una folla distante
scavalcate da un ricordo più vicino
per poco che la felicità ritorni
è molto raro che ci si ricordi
degli episodi del cammino.
Ma se la vita smette di aiutarti
è più difficile dimenticarti
di quelle felicità intraviste
dei baci che non si è osato dare
delle occasioni lasciate ad aspettare
degli occhi mai più rivisti.
Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme,
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere.