Un giorno di pioggia | di Gianni Rodari

In un giorno di pioggia, per combattere la noia, i bambini devono unirsi, giocare e inventare storie e canzoni. In tanti, la noia si vince con creatività e chiasso.

di Gianni Rodari

Nei mesi di vacanza i giorni di pioggia dovrebbero essere proibiti per legge, soprattutto al mare. Purtroppo, una legge così non l’ha ancora fatta nessuno, e ogni tanto un giorno di pioggia arriva a tradimento e dalle nuvole piove a goccioloni la infelicità. Allora nasce una gara, tra la pioggia e noi. La pioggia minaccia: «Ti voglio vedere annoiato a morte». Noi teniamo duro: «No, non mi annoierò». «Sì, ti annoierai». «Vedremo».

Per vincere questa gara, bisogna essere in molti. Se uno rimane solo in un giorno di pioggia, è perduto, la noia si impadronisce di lui e ne fa polpette. Se si è in due, si combatte meglio. Se non altro si chiacchiera, si dice: «Ma com’è noiosa questa pioggia», «Davvero, è più noiosa di una espressione con le frazioni». Detto ciò, bisogna cambiare discorso, se no si comincia a piangere. In tre, in quattro, le cose cominciano a mettersi bene. Ma se si è in molti, ma proprio in tanti, da dieci in su, allora la pioggia è nel sacco, la noia risale in disordine le valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza, si può scrivere il bollettino della vittoria. Perché in dieci si fa chiasso, e la noia non resiste al chiasso, come le mosche non resistono all’insetticida.

Naturalmente bisogna riunirsi nel posto adatto. Bisogna scartare le case afflitte da genitori che amano sopra ogni altra cosa il silenzio, la pulizia dei pavimenti, l’ordine eccetera. Bisogna scegliere la casa dove l’allegria è benvenuta, dove il chiasso è considerato musica bella come quella di Mozart. Non la conoscete? Ma allora cosa siete al mondo a fare? Non c’è bisogno di fare tanti piani (nel senso di “progetti”; perché del resto, se siete capaci di fare un «pianoforte», fatelo pure): le idee, quando si è in tanti, vengono da sole. Ne vengono anche troppe, bisogna combattere per cacciarne qualcuna fuori dalla finestra. Ma per favore, non cacciate via senza averla adeguatamente discussa l’idea di fare un po’ di teatro. Che ci vuole a inventare una storia e a dividersi le parti? Un quarto d’ora. Non cacciate via nemmeno l’idea di inventare canzoni bislacche. Chi inventa la più bislacca vince un bottone. Non ci vuol niente a inventare una canzone. Si dà un tema: «Canzone della sardina che voleva uscire dalla scatola per andare in altalena», oppure, «Canzone del gatto che voleva impiantare una fabbrica di topi in scatola». Poi si comincia subito a cantare.

Dopo un’oretta, forse, la voglia di fare il chiasso si placa un tantino. È il momento dei giochi in scatola, dei giochi da casa, a indovinare oggetti nascosti, parole segrete eccetera. Poi rispuntano le idee più movimentate. Si può anche ballare, purché si inventino dei nuovi passi, come per esempio, «il passo dell’elefante che cammina sui chiodi», «il passo della mosca zoppa che si arrampica sui vetri rotti», e così via. A un certo punto, forse, starà per cominciare il caos. Ma sarà già tardi e i padroni di casa avranno la scusa buona per mandare tutti a cena. Dico giusto o parlo bene?

Tratto da Il Corriere dei Piccoli, rubrica I «punti» di Rodari

Tra il 1968 e il 1970 Rodari inizia a scrivere la rubrica “I punti di Rodari”, la posta dei piccoli lettori a cui risponde sempre con originalità.

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