Claire Keegan. "Quando ormai era tardi. Storie di donne e uomini"

Claire Keegan. “Quando ormai era tardi. Storie di donne e uomini” | Recensione

Claire Keegan esplora i rapporti umani con prosa limpida e incisiva, scavando tra desiderio, solitudine e fallimento. Tre storie che disarmano con precisione emotiva.

di Alberto Piroddi

Claire Keegan
Quando ormai era tardi. Storie di donne e uomini

Claire Keegan si è affermata come una delle voci più intense e preziose della narrativa contemporanea, e con Quando ormai era tardi. Storie di donne e uomini conferma la sua capacità di condensare il mondo in un microcosmo. Attraverso tre racconti, ciascuno un gioiello di sintesi narrativa, Keegan scompone con chirurgica lucidità i rapporti umani, sondando gli angoli bui delle relazioni tra uomini e donne e portando alla luce ciò che spesso resta sepolto sotto il silenzio e la convenzione sociale.

Questa raccolta si presenta come un viaggio nei territori complessi della misoginia e delle dinamiche di genere, ampliando lo sguardo per abbracciare temi più profondi e universali quali la solitudine, la colpa, il desiderio e il fallimento. Attraverso una scrittura che coniuga una sensibilità poetica con l’esattezza di un’osservazione quasi documentaristica, Keegan costruisce un invito implicito: osservare da vicino la fragile infrastruttura delle relazioni umane e mettere in discussione le narrative consuete, disarmando il lettore con uno sguardo di penetrante lucidità.

La Storia eponima: “So Late in the Day”

La prima storia, da cui prende il nome l’intera raccolta, ruota attorno a Cathal, un uomo di mezza età che, mentre trascorre un giorno apparentemente ordinario, si ritrova a riflettere sulla sua relazione fallita con Sabine, una donna francese dalla vivacità contagiosa. Sin dalle prime righe, Keegan dipinge un ritratto di Cathal che oscilla tra il banale e il tragico, con la sua routine quotidiana che maschera un vuoto esistenziale. È un uomo intrappolato non solo nella sua solitudine, ma anche nella sua incapacità di comprendere le sue responsabilità emotive.

Sabine, nella sua vitalità e nella sua autonomia, si rivela un contraltare perfetto a Cathal, eppure la loro relazione è destinata a fallire non tanto per l’assenza di sentimenti quanto per l’inerzia morale di lui. Keegan cattura con precisione devastante l’inerzia emotiva che spesso caratterizza gli uomini educati in ambienti patriarcali, dove il lavoro domestico, il supporto emotivo e il sacrificio personale sono dati per scontati. Sabine, in un momento di esasperazione, sintetizza la radice della loro disconnessione con una frase lapidaria: “Sai cos’è alla base della misoginia? È semplicemente il non dare.”

Questo non dare—inteso come una mancanza di generosità, di empatia, di presenza—si configura come il tema centrale del racconto. Cathal è emblematico di un’intera generazione di uomini che, pur non essendo apertamente violenti o esplicitamente oppressivi, perpetuano una forma più sottile ma altrettanto distruttiva di disuguaglianza. Sabine, nella sua decisione di abbandonarlo, non compie un atto di ribellione, ma un gesto di sopravvivenza, una scelta di amore verso sé stessa. Keegan costruisce il racconto con una precisione che lascia spazio all’interpretazione: Cathal è un prodotto della sua educazione? È capace di redenzione? O è condannato a ripetere gli errori del passato? Il finale lascia queste domande aperte, aggiungendo uno strato di inquietudine che continua a risuonare.

“The Long and Painful Death”

Se la prima storia esplora il fallimento intimo di una relazione romantica, la seconda si addentra nel mondo della creatività, affrontando il conflitto tra genere e autorità intellettuale. La protagonista, una scrittrice quarantenne, si ritira per una residenza creativa nella casa di Heinrich Böll, celebre autore tedesco. Il luogo, carico di storia letteraria, dovrebbe rappresentare uno spazio di ispirazione e solitudine produttiva, ma il suo equilibrio viene disturbato da un professore tedesco che, invadendo il suo tempo e spazio, mette in dubbio il suo diritto di trovarsi lì.

La tensione tra i due non si manifesta in scontri aperti, ma in una serie di dialoghi sottilmente velenosi, in cui il professore cerca di riaffermare la propria superiorità intellettuale e la propria autorità morale. Il suo fastidio per la presenza della scrittrice è palpabile, e il suo disprezzo per la sua creatività è filtrato attraverso commenti passivo-aggressivi che denotano un malcelato sessismo. Keegan costruisce una tensione che si muove come un serpente, lenta ma letale, facendo emergere come le donne, anche quando conquistano spazi di riconoscimento, debbano spesso giustificare la loro esistenza in quei contesti.

La protagonista, tuttavia, non si lascia intimidire. Sebbene il professore rappresenti un ostacolo, diventa paradossalmente una fonte di ispirazione. L’ironia del titolo, “The Long and Painful Death,” si riferisce non solo al processo di scrittura ma anche al declino delle strutture patriarcali che uomini come il professore incarnano. Il racconto si chiude su una nota di trionfo sommesso, con la scrittrice che canalizza l’esperienza in una rinnovata creatività, trasformando l’oppressione in arte.

“Antarctica”

La terza e ultima storia è forse la più inquietante del trittico. Una donna sposata, madre di due figli, decide di prendersi una pausa dalla sua vita domestica per esplorare un desiderio latente: scoprire cosa significhi dormire con un altro uomo. Il tono iniziale è quasi leggero, con la donna che si concede un momento di trasgressione in una città lontana, acquistando regali di Natale per la famiglia e scegliendo con cura il proprio abbigliamento per l’incontro clandestino. Ma ciò che inizia come una fuga apparentemente innocua si trasforma rapidamente in un incubo.

Keegan eccelle nel ribaltare le aspettative del lettore. La donna, inizialmente in controllo della situazione, si ritrova intrappolata in una spirale di pericolo quando l’uomo che ha scelto per il suo esperimento si rivela possessivo e manipolatore. La tensione cresce inesorabilmente, e il racconto si sposta da una narrativa di desiderio a una di sopravvivenza. “Antarctica” diventa un’esplorazione della vulnerabilità femminile, ma anche una critica alla nozione di libertà individuale in un mondo che raramente concede alle donne il lusso dell’autonomia.

Il titolo stesso, evocativo di un paesaggio freddo e desolato, riflette l’isolamento emotivo della protagonista e il pericolo nascosto sotto la superficie delle sue scelte. Keegan non offre alcuna catarsi, lasciando il lettore in uno stato di inquietudine, consapevole della fragilità dell’equilibrio tra libertà e sicurezza.

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Keegan è una maestra della sottrazione. La sua prosa, pur essendo lirica, non indulge mai in orpelli inutili. Ogni parola è scelta con cura, ogni frase costruita per massimizzare il suo impatto. In poche righe, Keegan riesce a evocare mondi interiori complessi, a delineare intere vite con dettagli che sembrano quasi casuali ma che, in realtà, contengono l’essenza dei suoi personaggi. La sua capacità di combinare il linguaggio poetico con una narrativa implacabile ricorda i grandi maestri del racconto breve, come Alice Munro e Raymond Carver, ma con una voce che è inequivocabilmente sua.

Le ambientazioni, che spaziano dalla placida Irlanda rurale alle città europee, non sono mai meri sfondi. Ogni luogo riflette lo stato emotivo dei personaggi, amplificando il loro senso di isolamento o di disconnessione. Keegan utilizza il paesaggio come uno specchio, un’estensione delle tensioni interiori che animano le sue storie.

Il filo conduttore di questa raccolta è la tensione tra ciò che i personaggi desiderano e ciò che la società si aspetta da loro. In ogni storia, i protagonisti si trovano a fare i conti con le pressioni di un mondo che impone ruoli e norme che soffocano la loro individualità. Cathal desidera l’amore ma non sa come offrirlo. La scrittrice vuole creare ma deve affrontare i fantasmi del patriarcato. La donna di “Antarctica” cerca libertà ma scopre quanto sia illusoria.

Keegan evita qualsiasi tentativo di offrire soluzioni preconfezionate o risposte rassicuranti, e proprio in questa scelta risiede la forza magnetica delle sue narrazioni. I suoi racconti, lungi dal cercare di dipanare i dilemmi che mettono in scena, si limitano a esporli nella loro nuda complessità, lasciando che le contraddizioni e i paradossi emergano in tutta la loro potenza. Questo approccio, anziché risultare alienante o frustrante, amplifica l’intensità emotiva delle sue storie, che non cedono mai alla tentazione di una morale esplicita o di una consolazione immediata, ma si radicano invece in una rappresentazione spietatamente onesta e lucida della condizione umana.

Claire Keegan
Quando ormai era tardi. Storie di donne e uomini
Titolo originale: So Late in the Day: Stories of Women and Men
Einaudi, Stile Libero Big, 2024
pp. 96
€ 13,00
ISBN 9788806263690
Traduzione di Monica Pareschi

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