di Mario Gentilini
Uncle Scrooge, ovvero Paperon de’ Paperoni, appare per la prima volta nel 1947, nella storia Christmas on Bear Mountain, pubblicato in Italia con il titolo Il Natale di Paperino sul Monte Orso nel febbraio 1948. Questo debutto era limitato alle poche vignette che qui riproduciamo estraendole dal contesto del racconto.
Probabilmente fu da Ebenez Scrooge, il personaggio chiave del Cantico di Natale di Charles Dickens, che il nostro papero ereditò il nome disneyano e in parte anche il carattere; mentre la notizia più curiosa, e vorrei dire inedita per quanto riguarda il nome italiano di Paperon de’ Paperoni, mi è stata inviata circa un anno fa da una mia piccola amica di Spoleto, assieme alle copie fotografiche di due pagine di un’opera di G. Cappelletti: Le chiese di Spoleto dalle loro origini ai giorni nostri, edita a Venezia nel 1844. Riporto integralmente la notizia:
Sotto il vescovo successore di lui (il vescovo Rolando Taverna da Parma) frate Paperone de’ Paperoni, domenicano trasferito dalla cattedra di Foligno, il giorno 21 luglio dell’anno stesso (1282), avvenne fierissima lite tra i francescani e i benedettini del castello di Norcia…
Il nostro Paperone non discende da simili altezze: è solamente un semplice papero piuttosto anziano, con ricche basette, occhiali leggermente poggiati sul becco, con redingote, cilindro e bastone con pomo d’avorio. Con la sua lunga palandrana sgualcita e rattoppata, Paperon de’ Paperoni, molti anni fa, percorreva le strade di Paperopoli vendendo piccoli oggetti di poco valore. Ora questo ultra-arci-stra-multi-biarcimiliardario… e rotti, rappresenta l’immagine perfetta dell’infaticabile e infaticato industriale moderno che, pur contrario a tutti i diabolici ritrovati della moderna scienza e della tecnica, non esita a ricorrere ad essi per proteggere i propri enormi capitali. Le sue ricchezze non le nasconde sottoterra come i suoi antichi predecessori, ma ama rinchiuderle entro grandiose casseforti blindate che si innalzano contro il cielo, con il segno del dollaro ben visibile sulla porta dell’ingresso e sulle pareti esterne. Per lui non esiste musica più deliziosamente melodica del suono dei dollari, non esiste altra letteratura se non quella, armoniosa e bellissima, dei suoi libri-cassa.
Uomo decisamente imprevedibile – e forse è proprio questo suo suggestivo carattere che lo fa apparire continuamente nuovo, vivo e originale – Paperon de’ Paperoni è capace di vendere stringhe usate e spaiate a un negoziante imbroglione, è capace di ridursi quasi sul lastrico per un affare concluso troppo affrettatamente con la Banda Bassotti o con Rockerduck, l’unico “riccastro” di Paperopoli, ma è anche capace di risollevarsi dalla catastrofe con diabolica vitalità, col genio dei più consumati finanzieri. Eppure Paperon de’ Paperoni non è affatto invidioso delle ricchezze altrui, anzi a volte sa dimostrarsi anche generoso tanto da elargire… qualche dollaro a un umile sconosciuto individuo che gli ha suggerito un prezioso espediente per sfuggire alla Banda Bassotti. Egli desidererebbe, in fondo, che tutti potessero seguire il suo esempio, che tutti potessero ritemprarsi le forze e le idee tuffandosi in quell’oceano di dollari che sono i suoi innumerevoli depositi, protetti da innumerevoli vecchi archibugi e spingarde, le sole sue armi preferite per scacciare i postulanti. L’essenziale è di non toccarlo mai nel suo punto debole: i soldi… altrimenti mette mano a quelle famose spingarde, urlando a squarciagola “Uak” e “Barabak”! E poi… non molla nemmeno un cent. Furbissimo e nello stesso tempo ingenuo come un bambino, Paperon de’ Paperoni vive nel terrore indicibile che la ormai famosa Banda Bassotti (The Beagle Boys) possa penetrare entro i suoi munitissimi depositi e aspirargli con diaboliche macchine parte delle sue enormi ricchezze; e nella ancor più smisurata paura che la strega Amelia (Magica de Spell) esca dal suo antro alle pendici
del Vesuvio, per rubargli il suo primo cent portafortuna appeso dietro la sua scrivania. All’immagine dell’irriducibile industriale si affianca per contrasto quella bonaria e patetica del nipote, Paolino Paperino (Donald Duck). Creato da Walt Disney e Ub Iwerks per la sinfonia allegra “La gallinella saggia”, Paperino si trasferì subito dopo sulle tavole a fumetti. La prima tavola settimanale La disavventura di Paperino fu pubblicata in Italia nel n. 95 del periodico I tre porcellini del 16 gennaio 1937; nell’anno successivo Carl Barks, uno dei più intelligenti e fantasiosi disegnatori di Walt Disney, si occupò direttamente di questa nuova serie. Paperino rappresenta l’autentica immagine dell’uomo medio, del cittadino che protesta, dello sfaticato fatutto, senza mai un soldo in tasca, continuamente alle prese con creditori, cambiali, rate in scadenza. Il suo spirito combattivo, i suoi sogni di grandezza, i suoi slanci di generosità, di fantasia utopistica, di coraggio soccombono di fronte alla sfacciata fortuna di Gastone (Gladstone), e si frantumano nel freddo ingranaggio di una società moderna che non lascia mai realizzare le sue più innocenti aspirazioni. Ma con l’arrivo di Paperone il povero Paperino fu scosso, volente o nolente, dalla sua innata pigrizia e lanciato in compagnia dei suoi tre nipoti in paesi favolosi, alla continua ricerca di favolosi tesori, invischiato in favolose avventure. Naturalmente Paperino non riesce a rimediare nemmeno un cent, ma quand’anche si dovesse verificare un simile avvenimento “che ha dell’inverosimile”, per contropartita l’attivo, perspicace Paperone esige che il nipote vada a seminare il grano al Polo Sud, o a sbucciare le patate su un vecchio, sgangherato mercantile in giro per il mondo. I tre nipotini Qui, Quo, Qua (Huey, Dewey, Louie) chiamano “zio” sia Paperino che Paperone e, naturalmente, vivono in casa del primo. Di carattere allegro, riflessivo e affettuoso, essi sono sempre pronti a consultare il celeberrimo “Manuale delle Giovani Marmotte” per trovare la soluzione a certi loro difficili problemi. Gemelli inseparabili e ottimi paperi-bambini, ubbidiscono a zio Paperino… se proprio non trovano il mezzo per fare diversamente. Comunque, il più delle volte, sono proprio questi simpaticissimi paperi-bambini a trarre d’impaccio i paperi-zii.
Paperon de’ Paperoni rappresenta oggi, a distanza di venti anni dalla sua creazione, un gigantesco personaggio disneyano entrato con prepotenza e dirompente simpatia nelle nostre case e nei nostri discorsi quotidiani.
È divenuto come un simbolo, sprigionando attorno a sé un fascino irresistibile, ed è teneramente amato dai piccoli e dagli adulti di tutte le condizioni sociali, di tutte le razze e religioni; a riprova della sua popolarità, se mai ce ne fosse bisogno, elenchiamo i nomi con cui Paperone è conosciuto in alcune nazioni del mondo:
Che sia “teneramente” amato perché grandi e piccoli vedono in lui il parente diretto e inequivocabile dello squattrinato Paperino, al quale vanno tutte le più affettuose simpatie dei lettori? Il fatto è che Paperon de’ Paperoni, soprattutto quando vuole ottenere qualche grosso lavoro gratis dal nipote, sbandiera ai quattro venti l’intenzione di nominare erede universale Paperino. Ma tutti diciamo: «Lunga, lunghissima vita, vecchio Paperone!».
Ma a proposito di vita, questi vecchi paperi sono tanto personaggi che oltre a una stabile dimora (e solidissimi forzieri) è stato doveroso creargli una autentica città: Paperopoli, una repubblica-sovrana nel cui territorio sorge anche il più grande deposito-forziere blindato di Paperon de’ Paperoni. Ed è in genere qui a Paperopoli che i componenti della Banda Bassotti amano bazzicare. Nessuna linea di confine separa Paperopoli da Topolinia, l’altra repubblica-sovrana in cui vivono Topolino (Mickey Mouse), Minni (Minnie Mouse), Pluto (Pluto), Pippo (Goofy), Gamba di Legno (Peg-Leg-Pete), ecc.: infatti i cittadini delle due repubbliche si spostano con facilità da un territorio all’altro perché fra di loro sono, naturalmente, molto amici.
Introduzione al volume Vita e dollari di Paperon de’ Paperoni, Arnaldo Mondadori Editore, 1968