Dopo quello scatto nulla fu più come prima. Con questa immagine che raffigura il generale sudvietnamita Nguyễn Ngọc Loan mentre, il primo febbraio 1968 a Saigon, giustizia a bruciapelo un ufficiale vietcong, il fotografo Eddie Adams vinse il Premio Pulitzer e il World Press Photo.
Ma lui non l’ha mai amata: “Brutta luce, brutta composizione: brutta foto. Scattai una volta sola, il ragazzo cadde a terra schizzando sangue dappertutto, mi voltai dall’altra parte”. Eppure essa ebbe un impatto devastante. Non solo fece crollare le simpatie internazionali per la causa del governo sudvietnamita, ma alimentò l’opposizione alla Guerra del Vietnam (circa 1955-1975) nell’opinione pubblica americana. Era stata scattata durante l’Offensiva del Têt, quando nella notte del 30 gennaio 1968, mentre si festeggiava il capo-danno vietnamita (Tết Nguyên Ðán), l’esercito comunista del nord e i guerriglieri vietcong, a sorpresa, assaltarono contemporaneamente tutte le principali città del sud e alcune basi militari statunitensi. Alla fine vennero respinti ma il costo in vite umane fu alto.
Nonostante l’immagine sia diventata un’icona dei movimenti pacifisti e gli abbia dato un’enorme popolarità, stranamente Adams si è sempre rammaricato soprattutto per aver consegnato all’ignominia l’ufficiale che stava sparandogli generale uccise il vietcong; io uccisi il generale con la mia macchina fotografica. Tuttora le fotografie sono le armi più potenti del mondo. La gente crede loro, ma le fotografie mentono, anche senza essere manipolate. Sono soltanto metà della verità. Quello che la fotografia non ha detto è: che cosa avreste fatto voi nei panni dei generale a quell’ora, in quel posto, in quel giorno caldo, avendo catturato il cosiddetto cattivo dopo che questi ha fatto fuori uno, due o tre americani?”.