di Giovanni Tolu
Si è tenuta ieri al Lazzaretto di Cagliari la conferenza promossa da A Innantis! dedicata al futuro della lingua sarda e del plurilinguismo in Sardegna. Un appuntamento atteso da tempo, che ha visto la partecipazione di attivisti, linguisti, docenti e rappresentanti istituzionali, tutti riuniti per discutere il destino della lingua sarda e delle altre lingue storiche dell’isola in un quadro sempre più incerto, ma che richiede risposte concrete e azioni incisive.
L’incontro è stato segnato dall’ambizione di andare oltre la sterile retorica sulla “tutela del sardo” e di costruire una vera politica linguistica, ancorata a scelte strutturali e ad azioni tangibili, capaci di garantire alla lingua sarda uno status pari a quello di altre lingue minoritarie europee. A Innantis! ha presentato un pacchetto di proposte articolate, che spaziano dall’incremento del finanziamento regionale alla co-ufficialità tra italiano e sardo, passando per l’inserimento del sardo nei tribunali e il potenziamento della sua presenza nell’istruzione e nei media.
La proposta più concreta e immediata riguarda l’aumento del finanziamento regionale per le politiche linguistiche dallo 0,05% al 0,1% del bilancio complessivo della Regione Autonoma della Sardegna. “Attualmente, la cifra destinata al sardo è ridicola”, ha spiegato un esponente di A Innantis!, sottolineando che gli attuali 4,6 milioni di euro annui sono una somma insufficiente persino per garantire la continuità dei progetti linguistici già esistenti. Portare questo investimento ad almeno 11 milioni di euro all’anno sarebbe il primo passo per dimostrare che la Sardegna prende sul serio la questione linguistica.
Uno dei nodi centrali della conferenza è stato quello della co-ufficialità. Il sardo, pur essendo riconosciuto come lingua storica, non gode di alcuna effettiva tutela giuridica. La proposta di A Innantis! è chiara: inserire la co-ufficialità nello Statuto di Autonomia della Sardegna, sul modello di quanto accade in Alto Adige per il tedesco. “Non si tratta di folklore, ma di diritti”, è stato ribadito. “Se la Regione non assume una posizione chiara in merito, la nostra lingua resterà sempre una sorta di soprammobile culturale, da esibire in occasioni ufficiali ma da ignorare nella vita reale”. La battaglia per la co-ufficialità non è solo una questione simbolica: significherebbe che i cittadini sardi avrebbero il diritto di interagire con la pubblica amministrazione e con la giustizia nella propria lingua, che i documenti ufficiali sarebbero disponibili anche in sardo e che il sistema scolastico potrebbe garantire un’istruzione bilingue reale.
In questo senso, un altro punto chiave del dibattito è stata la necessità di ratificare la Carta Europea delle Lingue Minoritarie, che l’Italia si ostina a ignorare. “Siamo in una situazione paradossale”, hanno spiegato gli organizzatori. “L’Italia non ratifica la Carta e poi la Corte Costituzionale ci dice che il sardo non può essere trattato come il tedesco o il francese perché la Carta non è stata ratificata. Un circolo vizioso che penalizza la nostra lingua e i nostri diritti”. Da qui la proposta di portare la questione in sede europea, denunciando l’Italia alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per la violazione dei diritti linguistici dei sardi.
Non meno importante è stato il dibattito sulla presenza della lingua sarda nell’istruzione. A oggi, il sardo viene insegnato nelle scuole in maniera sporadica e non strutturata, spesso grazie a progetti temporanei privi di continuità. La proposta di A Innantis! è quella di creare percorsi universitari per la formazione di docenti di sardo e di rendere obbligatoria l’insegnamento della lingua nelle scuole, almeno con un’ora settimanale garantita per tutti gli studenti, sul modello delle esperienze friulana e corsa.
Uno degli elementi più innovativi della conferenza è stata la proposta di creare un’Agenzia per le Lingue di Sardegna (ALiS), un ente autonomo che possa gestire con continuità e competenza le politiche linguistiche, sul modello dell’ARLeF friulana. Attualmente, le iniziative sulla lingua sarda sono frammentate e dipendono dagli umori della politica: con un’agenzia indipendente si potrebbero coordinare progetti a lungo termine e garantire una pianificazione linguistica più efficace.
La conferenza ha anche affrontato un tema spesso ignorato: l’utilizzo del sardo nei tribunali. Attualmente, nonostante la legislazione italiana riconosca teoricamente il diritto di esprimersi nella propria lingua nei procedimenti giudiziari, questo diritto è di fatto inesistente in Sardegna. Il sardo non viene utilizzato nei tribunali, e chi ne fa richiesta viene spesso guardato come un eccentrico. La proposta avanzata è quella di istituire sportelli linguistici nei tribunali dell’isola e di prevedere la possibilità di utilizzare il sardo negli atti ufficiali, così come accade in altre regioni d’Europa con lingue minoritarie.
Infine, A Innantis! ha proposto la creazione di un portale istituzionale per il plurilinguismo in Sardegna, che raccolga materiali, strumenti e risorse linguistiche, garantendo un accesso libero e strutturato alla documentazione sulla lingua sarda e sulle altre lingue dell’isola.
L’incontro si è concluso con un appello alla mobilitazione. “Non possiamo più aspettare”, hanno ribadito gli organizzatori. “Ogni anno che passa la nostra lingua si indebolisce. Se non agiamo subito, rischiamo di perdere definitivamente un patrimonio che è nostro, ma che ancora oggi non è tutelato come dovrebbe”.
Quella che si è svolta ieri al Lazzaretto di Cagliari è stato un momento di consapevolezza collettiva, un richiamo all’azione. Ora resta da vedere se le istituzioni raccoglieranno la sfida o se continueranno a trattare il sardo come una lingua da museo.