Le colpe della democrazia

La destra di Meloni incarna menzogna e disprezzo per le regole, riflettendo un Paese senza visione collettiva. Dopo il populismo, resta il vuoto.

di Giuseppe Di Maio

Chi ha un grammo di cervello ha capito che le contraddizioni e le intemperanze della premier nascondono l’incapacità di governare, la sua e quella della sua classe dirigente. Come pure affiora, senza alcun dubbio, l’inidoneità al governo di tutta la destra, che è destra perché è convinta che il paese si governi da solo, mentre essa gli può infliggere regole inique che separano il destino dei furbi da quello dei poveri fessi, ossia di coloro che credono ancora nella correttezza delle regole. Per conto nostro, intenti come siamo a parlare della mutazione genetica della sinistra, dimentichiamo spesso della mutazione che ebbe la destra, poiché tanti blaterano ancora di una destra conservatrice, borghese e moralizzata, una specie di fossile del XIX secolo, di cui non v’è più traccia nella società italiana non solo dalla rivoluzione antiborghese del ’68, ma già dalla rivoluzione fascista dei primi del ‘900. È per questo che, con raccapriccio impotente, ci domandiamo ancora come mai tutte le bugie della Meloni non spostino di una virgola il suo elettorato, mentre le false accuse all’indirizzo di Conte provocavano una frana nei consensi del Movimento.

La storia politica è conseguenza di quella sociale. Dalle classi altoborghesi, alla piccola borghesia, a quelle popolari, l’avvicendamento dei ceti alla guida della nazione ha segnato la storia del secolo scorso. La resistenza di un blocco sociale ad essere sostituito dal ceto successivo, ha causato gli scontri politici caratteristici del primo e del secondo dopoguerra, nonché quello più silente che ha portato alla seconda repubblica. Il fascismo è stato l’emersione violenta di una classe sociale (la piccola borghesia), il Berlusconismo è la conquista del potere dei ceti popolari, di cui l’underdog meloniano rappresenta per ora la fase più plebea. Dopo di lei, sarà il turno degli influencer, e dei tiktoker. Quest’ultima fase, sebbene la più popolare, non sta contribuendo al benessere dei ceti corrispondenti, perché è portavoce della sola morale, del mero stile, e delle sciagurate ambizioni dei ceti più bassi che bramano di diventare padroni, non di cancellare o di attenuare la disuguaglianza.

Il tratto caratteristico dell’attuale volgo è la menzogna, l’intolleranza alle regole, il disprezzo per l’autorità, l’empietà, la mancanza di visione collettiva, cioè esattamente il tratto della nuova destra, che ha una funesta rispondenza con buona parte del paese, e che le possibilità offerte dalla democrazia hanno reso dominante.

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