Un nuovo obbrobrio ai danni dei lavoratori

Oggi si è concluso nelle Commissioni finanze e lavoro della Camera l’esame della proposta di legge sulla “partecipazione dei lavoratori” alla gestione e ai risultati di impresa. Un nuovo obbrobrio e l’ennesima presa per i fondelli dei lavoratori.

di Giuseppe Conte

Oggi si è concluso nelle Commissioni finanze e lavoro della Camera l’esame della proposta di legge sulla “partecipazione dei lavoratori” alla gestione e ai risultati di impresa. Il testo originario, frutto di una iniziativa popolare, contemplava un modello di “co-gestione” dei lavoratori nell’impresa che aveva una sua coerenza.

La versione uscita dalle Commissioni, confezionata dalla maggioranza di governo a suon di emendamenti, costituisce un nuovo obbrobrio e l’ennesima presa per i fondelli dei lavoratori.

Qualche esempio. Le aziende potranno elaborare piani di “partecipazione finanziaria” dei lavoratori dipendenti che prevedono la possibilità di sostituire i premi di risultato con l’attribuzione di azioni.

In sostanza questa maggioranza, dopo avere detto no al salario minimo, dopo avere scelto la strada della massima precarizzazione dei rapporti di lavoro, adesso attribuisce alle aziende il potere di decidere, unilateralmente e arbitrariamente, di pagare il premio di risultato (che è una retribuzione accessoria se non strutturale, che permette al lavoratore di beneficiare dei contributi previdenziali), con delle azioni. Azioni che – in caso di tensione finanziaria o di stato prefallimentare – potrebbero rivelarsi anche una sonora fregatura.

Ma dove le studiano queste soluzioni, chi le suggerisce alla maggioranza? La ministra Santanché?

Altro esempio. L’originario diritto dei lavoratori ad essere informati e preventivamente consultati in merito alle scelte aziendali è diventato invece una mera possibilità, rimessa al buon cuore del datore di lavoro, con un arretramento anche su elementari conquiste del diritto sindacale.

Altro esempio ancora. La versione finale introduce una discriminazione incomprensibile tra lavoratori di aziende private e lavoratori di società a partecipazione pubblica. Come sempre Meloni e soci, quando incrociano i “poteri forti”, indietreggiano con l’inchino.

Senza parlare di tutti gli emendamenti che, di fatto, sopprimono la contrattazione collettiva in tutti i passaggi più significativi del provvedimento.

Fidatevi: questi sono talmente incapaci da essere pericolosi!

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