Piero Comandini: leader PD ma assente nella politica sarda

I primi 9 mesi del Consiglio Regionale sardo raccontati da Comandini: numeri sterili, niente politica, giochi di potere e conflitti interni al PD.

di Mario Guerrini

I primi 9 mesi del Consiglio Regionale della Sardegna. Raccontati dal presidente dell’assemblea, Piero Comandini. Segretario regionale permanente del PD. Comandini ha parlato da burocrate: 40 sedute, 22 leggi, 6 mozioni, 10 odg, 113 interrogazioni presentate, 127 sedute delle commissioni permanenti, 186 audizioni in commissione. Un arido resoconto statistico. Uno zero di contenuto politico. Non una parola sul suo sacrilego doppio incarico di Presidente del Parlamento sardo e di segretario del Partito Drmocratico. Deve essere super partes. Per questo non ha affrontato i problemi politici. Di cui parla peraltro tutti i giorni in quanto si esprime ambiguamente da segretario del convento Dem. Soprattutto con sottili strategie anti Governatrice Alessandra Todde. Non confortandola nella sua missione sulla Sanità, la madre di tutte le battaglie sociali.

Ma la colpa non è solo di Comandini. È del sistema di capibastone e cacicchi che, ad onta del farlocco proclama di Elly Schlein il giorno della sua elezione, nel PD sono sempre più operativi che mai. La battaglia sulla segreteria dei democratici sardi è feroce. Ogni boss vuol dire l’ultima parola. Dietro le quinte. Una guerra di potere. In cui non si fanno prigionieri. E dove si barattano poltrone e centri di influenza. Secondo la antica filosofia regina degli “affari”.

IL MIO OSSERVATORIO (6034)

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