Ci sono un’omissione e una contraddizione, nel parallelo della Meloni fra i due affaristi impiccioni Elon Musk e George Soros. L’omissione: Musk controlla X e ha un ruolo pubblico con Trump; Soros agisce nell’ombra e non ha cariche pubbliche né media di proprietà. La contraddizione: Soros, appena premiato da Biden per le sue interferenze in Europa, ha sempre messo le sue Ong “umanitarie” e “filantropiche” al servizio delle politiche guerrafondaie Usa&Nato. Per esempio finanziando le “rivoluzioni colorate” che hanno destabilizzato l’Est post-comunista, quasi tutte sfociate in guerre sanguinose. Le prove generali sono nella Serbia di Milosevic nel 2000, dopo le bombe Nato. Nel 2003 il bis in Georgia: il presidente Shevardnadze, già ministro di Gorbaciov, straccia nelle urne il rivale Saakashvili. Che grida ai brogli e riempie l’ex piazza Lenin di Tbilisi, ribattezzata Libertà. Shevardnadze è tutt’altro che filo-russo: ha appena combattuto gl’indipendentisti in Abkhazia. Ma Bush vuol recidere ogni legame tra Georgia e Russia. Il presidente e la sua scorta vengono aggrediti e cacciati dal Parlamento dai deputati di Saakashvili, che sventola fiori in omaggio alla “rivoluzione delle rose”. Shevardnadze se ne va per evitare una strage, la Corte Suprema annulla il voto e le nuove elezioni le vince Saakashvili.
Nel 2004 tocca all’Ucraina: il premier Yanukovich, equidistante fra Nato e Russia, è eletto presidente contro il filo-occidentale Yushchenko. Che grida ai brogli e chiama i supporter in piazza Maidan con bandiere arancioni. La star è la oligarca di estrema destra Tymoshenko. Il Guardian rivelerà presto cosa c’è dietro la “rivoluzione arancione”: “La campagna è una creazione Usa, un esercizio sofisticato e brillante di branding occidentale e marketing di mass media utilizzato in quattro Paesi in quattro anni per cercare di salvare elezioni truccate e rovesciare regimi sgraditi”. E cita fra i registi i partiti e le istituzioni Usa, ma anche “l’Ong Freedom House e l’Istituto per la società aperta del miliardario Soros”. Solo a Kiev la campagna è costata 14 milioni. La Corte Suprema annulla le elezioni e vince Yushchenko, che nomina premier la Tymoshenko. La scena si ripete nel 2014: siccome gli ucraini hanno rieletto Yanukovic, parte un’altra rivolta di piazza con appoggio Usa e appositi cecchini per creare il caos. Bagno di sangue, presidente in fuga e nuovo governo filo-occidentale con quattro ministri neofascisti e tre stranieri selezionati da due agenzie finanziate dalla Fondazione Renaissance di Soros. Che si vanta di aver partecipato al casting. Poi gli otto anni di guerra civile e l’invasione russa. Queste cose la neo-atlantista Meloni dovrebbe saperle: perché non le dice?
Il Fatto Quotidiano, 10 gennaio 2025