Sanità sarda: il nemico interno

Sanità sarda al collasso: lotte interne al PD, con Comandini in prima linea, bloccano le riforme di Bartolazzi. Tattiche dilatorie e caos sulla pelle dei cittadini.

di Antonio Vacca

In Sardegna, il sistema sanitario non è solo al collasso per inefficienza amministrativa, ma anche per una guerra interna combattuta con cinismo e tattiche dilatorie. Non si tratta di scontri tra maggioranza e opposizione, ma di una frattura interna alla stessa coalizione di governo: il Campo Largo, formato da Partito Democratico, Progressisti e Movimento 5 Stelle. Il nemico, questa volta, non è esterno, ma ha nome e cognome: Piero Comandini, segretario regionale del PD e Presidente del Consiglio Regionale, due ruoli che confliggono e che stanno strangolando la sanità sarda.

La figura chiave di questa partita è l’assessore alla Sanità Armando Bartolazzi, oncologo e uomo di fiducia della governatrice Alessandra Todde. Bartolazzi è stato chiamato a ripulire un sistema sanitario incancrenito dalle nomine politiche della precedente amministrazione sardista-salviniana guidata da Christian Solinas. La sua proposta è chiara: commissariare i direttori generali delle ASL, azzerare la vecchia dirigenza e riorganizzare la sanità con criteri di efficienza e trasparenza.

Ma questa proposta ha scatenato una resistenza interna feroce. Il PD e i Progressisti non vogliono cedere il controllo delle ASL. Per loro, mantenere le vecchie logiche clientelari è più importante che risolvere il disastro sanitario. Lo scontro è diventato una guerra di logoramento, giocata sulla pelle dei cittadini.

A complicare il quadro arriva la riforma sanitaria proposta da Carla Fundoni, presidente della Commissione Sanità e fedelissima del PD. Questa riforma è un intrico di accorpamenti e divisioni territoriali che non risolvono nulla. L’unico obiettivo è bloccare il piano di Bartolazzi. Mentre quest’ultimo propone interventi rapidi e concreti, Fundoni e Comandini spingono per un cambiamento di facciata che garantisca la continuità del controllo politico.

I direttori generali delle ASL, nominati sotto la giunta Solinas, sono diventati i protagonisti di questa paralisi. Figure come Marcello Tidore (UDC) alla ASL 8 di Cagliari, che ha riorganizzato le commissioni mediche con nomine discutibili, o Cinzia Bettelini (Lega) all’Areus, che assegna incarichi quinquennali nonostante i divieti della governatrice Todde, rappresentano un sistema bloccato e autoreferenziale.

Poi c’è Raimondo Pinna dell’Arnas Brotzu, sfiduciato dal corpo medico per la sua gestione inefficiente. E mentre gli ospedali collassano, dirigenti come Flavio Sensi della ASL di Sassari si premiano da soli con bonus di produzione. Una gestione che rasenta la beffa nei confronti di pazienti costretti ad attese interminabili e medici frustrati da una burocrazia corrotta.

Di fronte a questo caos, Comandini sceglie la tattica più sicura: rinviare. La soluzione al commissariamento dei direttori generali? Se ne parla a giugno. Tradotto: mai. Ogni giorno di ritardo permette ai manager di nomina politica di continuare indisturbati, mentre il sistema sanitario sprofonda sempre di più.

Il rinvio non è solo una scelta di comodo, è una strategia per mantenere il controllo. Comandini agisce da segretario del PD, non da Presidente del Consiglio Regionale. I cittadini sardi, intanto, restano ostaggi di una sanità bloccata da giochi di potere.

Bartolazzi è il vero bersaglio di questa guerra interna. La sua colpa? Essere un tecnico esterno che vuole ripulire la sanità senza sottostare alle logiche di partito. La sua proposta di commissariamento è l’unica via per azzerare i dirigenti inefficaci e ricostruire il sistema. Ma questo significherebbe spezzare i fili del controllo politico, e per il PD è un rischio inaccettabile.

La governatrice Todde difende Bartolazzi con fermezza, trasformando lo scontro in una questione di principio. Ma è una battaglia in salita, perché il nemico è in casa, annidato nella stessa maggioranza che dovrebbe sostenere il cambiamento.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: ospedali al collasso, medici demotivati, pazienti abbandonati a se stessi. La sanità sarda è paralizzata da una politica che antepone gli interessi di partito alla salute pubblica. I dirigenti nominati da Solinas continuano a gestire le ASL come feudi personali, mentre ogni tentativo di riforma viene sabotato.

Oggi si terrà l’ennesimo vertice di maggioranza sulla sanità. Ma la domanda è sempre la stessa: prevarrà il buonsenso o i giochi di potere? Finché il nemico resterà in casa, con tanto di simbolo di partito, il caos sarà l’unica certezza per i sardi.

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