L’assessore alla Sanità della Sardegna, Armando Bartolazzi, è l’uomo al centro di uno scontro politico che sta paralizzando il sistema sanitario sardo, già provato da anni di cattiva gestione. Portato a Cagliari dal Movimento 5 Stelle e uomo di fiducia della Governatrice Alessandra Todde, Bartolazzi rappresenta una figura competente e stimata in campo oncologico. La sua nomina, però, ha sollevato un vespaio di polemiche all’interno del cosiddetto Campo Largo, dove l’idea di un esterno su una poltrona cruciale come quella della Sanità non è stata digerita.
Bartolazzi non propone l’ennesima riforma della Sanità sarda – quelle che spesso servono solo a cambiare le etichette senza risolvere nulla. La sua idea è pragmatica: riorganizzare e rendere efficienti le strutture ospedaliere esistenti. Un obiettivo semplice sulla carta, ma quasi impossibile da realizzare finché il sistema rimane ostaggio dei manager di nomina sardista-salviniana, messi in posizioni chiave durante il governo di Christian Solinas. Questi dirigenti sono, per legge, intoccabili per garantire la loro autonomia dal potere politico. L’unica soluzione per rimuoverli è commissariare la Sanità, ma il disegno di legge che renderebbe possibile questa mossa è fermo da tempo.
Dietro questa impasse c’è una faida interna al Campo Largo, con il PD sardo e i suoi capibastone in prima linea nel chiedere la testa di Bartolazzi. La Todde ha fatto del sostegno all’assessore una questione di principio, difendendo il suo operato contro le pressioni interne. Lo scontro più feroce è con Giuseppe Comandini, presidente del Consiglio Regionale e segretario del PD sardo. Comandini sembra più attento a preservare l’equilibrio di potere all’interno del suo partito che a risolvere i problemi della Sanità.
Il risultato di questa guerra intestina è un sistema sanitario sempre più vicino al collasso. I manager legati alla precedente amministrazione continuano a occupare posizioni di potere, garantendosi incarichi a lungo termine, come nel caso di Cinzia Bettelini di AREUS, che progetta nomine quinquennali, cementificando ulteriormente l’occupazione della Sanità da parte degli interessi politici.
La situazione è surreale e drammatica al tempo stesso. La Sanità pubblica sarda è allo stremo, mentre la politica si incarta nei giochi di potere e nelle logiche clientelari. La responsabilità è condivisa: l’eredità disastrosa di Solinas si intreccia con le manovre ostruzionistiche del PD, creando un pantano in cui a pagare sono, come sempre, i cittadini. La popolazione sarda è ostaggio di un sistema dove i diritti alla salute vengono calpestati in nome della conservazione delle poltrone.
Non è questione di destra o sinistra, ma di interessi consolidati che soffocano qualsiasi tentativo di cambiamento reale. Bartolazzi ha ragione quando sostiene che non serve una nuova riforma, ma un’azione decisa per far funzionare ciò che già esiste. Ma finché la politica continuerà a mettere i propri interessi davanti a quelli dei cittadini, la sanità pubblica resterà una terra di conquista per gruppi di potere e clientele.
In questa vicenda si riflette tutta la fragilità del Campo Largo: una coalizione che dovrebbe essere unita contro la destra, ma che finisce per auto-sabotarsi, dimostrando che le lotte interne sono più importanti degli obiettivi comuni. La Todde è chiamata a una sfida ardua: resistere alle pressioni e difendere il principio di una Sanità pubblica al servizio dei cittadini. Ma senza una volontà politica forte e senza il coraggio di sfidare i capibastone, il rischio è che anche questo tentativo di cambiamento finisca nel nulla.
La Sanità non è un campo di battaglia per faide interne. È un diritto fondamentale che deve essere tutelato con ogni mezzo. I sardi non possono più aspettare, non possono più essere le vittime sacrificali di giochi di potere. Serve un’azione immediata e coraggiosa, perché mentre la politica gioca, la salute delle persone si deteriora.