Austerità per il popolo privilegi per il governo Meloni

Austerità per il popolo, privilegi per il governo Meloni

Meloni cede all’UE, taglia i diritti dei lavoratori e aumenta i privilegi del governo. Gli italiani pagano mentre la "pacchia" dei potenti continua.

di Alberto Piroddi

Il governo di Giorgia Meloni si era presentato in pompa magna con lo slogan “la pacchia è finita”, un monito tanto aggressivo quanto generico, rivolto ai soliti bersagli di comodo: gli eurocrati di Bruxelles, la burocrazia europea, i burocrati della “sinistra internazionale”. Un mantra populista per galvanizzare il malcontento popolare e dare l’illusione di una politica finalmente dura, inflessibile, pronta a sbattere i pugni sul tavolo delle istituzioni europee. Ma, a conti fatti, l’unica pacchia a finire è stata quella degli italiani. La postura da “impettita patriota” della Meloni è collassata sotto il peso della realtà, fino a piegarsi agli umilianti 90 gradi di un servilismo fantozziano nei confronti di Francia e Germania.

Gli italiani, che avrebbero dovuto beneficiare del pugno di ferro contro Bruxelles, sono stati invece schiacciati sotto il nuovo Patto di Stabilità. Un accordo che ci riporta dritti ai tempi di Mario Monti, quando l’austerità veniva spacciata per responsabilità e le lacrime e sangue erano l’unico orizzonte possibile. La Meloni, dopo aver tuonato contro i diktat europei, si è inginocchiata con rassegnazione davanti alle richieste dei “tecnocrati” contro cui diceva di voler combattere. Il risultato? Un Paese più povero, più vincolato, più ingabbiato nei parametri decisi altrove. Un Paese dove le risorse vengono drenate per soddisfare le voglie belliciste di Ursula Von der Leyen, che ha trovato nella Meloni un’alleata insperata. La fiera sovranista si è trasformata in una diligente esattrice per conto della NATO e delle lobby delle armi. Altro che pacchia finita: il conto della guerra lo pagano gli italiani, senza nemmeno il diritto di chiedere spiegazioni.

In compenso, mentre fuori dai confini nazionali la Meloni si piega senza fiatare, in Patria la pacchia per lei e la sua congrega è appena iniziata. A spese nostre, naturalmente. Non paghi di aver ripristinato i maxi-vitalizi, quelli che premiano anche gli ex senatori condannati in via definitiva – perché in fondo la coerenza morale è un optional – ora si sono anche aumentati gli stipendi. Ministri, viceministri e sottosegretari si sono assicurati un bel ritocco salariale. Mentre i lavoratori arrancano con salari da fame e contratti da schiavi moderni, il governo si serve il suo banchetto senza vergogna. Il salario minimo resta una chimera, una promessa soffocata dai sorrisi tronfi dei membri della maggioranza. Finché ci sarà la Ditta Meloni & Co. al timone del Paese, i lavoratori potranno osservare i diritti e la dignità dal binocolo, un’illusione lontana e sfocata.

E la cosa più oscena è la coincidenza temporale: lo stesso giorno in cui hanno trovato il tempo e il coraggio di aumentarsi gli stipendi, hanno respinto l’emendamento presentato da Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle, che chiedeva semplicemente di supportare i lavoratori in cassa integrazione con risorse aggiuntive. La scena è perfetta nella sua brutalità: mentre i privilegi dei potenti vengono sigillati con arroganza, chi perde il lavoro e sopravvive con sussidi minimi viene respinto senza pietà. Un messaggio chiaro e preciso: le risorse ci sono, ma non per voi. Gli italiani che si illudevano di aver trovato un governo dalla parte del popolo si ritrovano, ancora una volta, schiacciati sotto un’élite che gioca a fare la patriota mentre si arricchisce alle loro spalle.

La retorica della pacchia è un vecchio trucco. Funziona finché la gente crede che il nemico sia fuori dai confini, un’entità astratta e minacciosa come l’Europa dei burocrati o i migranti che arrivano sui barconi. Intanto, però, la vera pacchia è quella che i governanti si garantiscono, con una spudoratezza che nemmeno le precedenti amministrazioni avevano osato esibire così sfacciatamente. Gli stipendi crescono per chi siede nei palazzi del potere, mentre fuori aumenta la fila di chi non riesce a pagare le bollette, di chi vede il proprio stipendio evaporare sotto il peso dell’inflazione e dei nuovi tagli imposti da Bruxelles con il placet della nostra premier.

Meloni prometteva di “prendere a schiaffi l’Europa”, ma si è limitata a prenderli, senza fiatare. E a ogni schiaffo, la postura si è abbassata un po’ di più, fino a quel servile 90 gradi che è la posizione più comoda per chi non vuole disturbare i veri padroni. Gli italiani, però, di questa pacchia non vedono nemmeno le briciole.

 

 

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