La decadenza del giornalismo italiano: Gruber e Guerzoni contro Marco Travaglio

Gruber e Guerzoni mostrano il declino del giornalismo italiano, incapaci contro un Travaglio lucido e documentato, simbolo di verità e indipendenza.

di Alberto Piroddi

L’ultima puntata di Otto e Mezzo ha offerto un inquietante spaccato della condizione del giornalismo in Italia, incarnato nelle performance imbarazzanti di Lilli Gruber e Monica Guerzoni. Due nomi che, anziché rappresentare il volto di un’informazione libera e coraggiosa, paiono sempre più schiacciati da logiche di convenienza politica e da un’incompetenza disarmante, resa ancora più evidente dalla presenza di Marco Travaglio. Quest’ultimo, con la sua preparazione e lucidità, non solo ha messo in difficoltà i suoi interlocutori, ma ha anche smascherato la pochezza di un sistema mediatico che sembra incapace di reggere il confronto con la verità.

Lilli Gruber, una volta stimata giornalista internazionale, è ormai il simbolo di un giornalismo addomesticato. L’episodio più lampante della serata è stato il suo maldestro tentativo di interrompere Travaglio, chiaramente incapace di controbattere agli argomenti solidi e documentati del direttore del Fatto Quotidiano. La Gruber non si limita più a moderare: si erge a difensore delle sue simpatie politiche, incapace di mascherare il suo sostegno a un Partito Democratico che, sempre più spesso, vota a favore delle stesse misure sostenute dalla destra. Di fronte a critiche puntuali e scomode, preferisce glissare, banalizzare, o, peggio ancora, togliere la parola.

La sua gestione del dibattito non solo mina la credibilità del programma, ma tradisce una profonda mancanza di rispetto per il pubblico, che meriterebbe un’informazione imparziale e approfondita. Per una conduttrice che si vanta di essere la paladina della democrazia e del pluralismo, il suo atteggiamento verso Travaglio è tanto grottesco quanto ipocrita.

Se la Gruber è prevedibile nella sua partigianeria, Monica Guerzoni riesce a fare di peggio: rappresenta l’inconsistenza elevata a sistema. La giornalista del Corriere della Sera, priva di dati, argomentazioni solide o persino di una coerenza minima, è apparsa palesemente impreparata, incapace di rispondere alle osservazioni di Travaglio senza scivolare in un balbettio imbarazzante. Un momento particolarmente surreale è stato il suo tentativo di attaccare Conte sul presunto sostegno ambiguo tra Trump e Harris, una mossa tanto ridicola quanto irrilevante, specie se paragonata ai temi cruciali della serata, come il voto europeo su armi e politica estera.

La Guerzoni, anziché rappresentare la voce critica di uno dei principali quotidiani italiani, si è ridotta a fare da spalla a Bersani e Gruber, annaspando nel vuoto di una retorica senza sostanza. La domanda sorge spontanea: è questa la classe giornalistica che dovrebbe informare e stimolare il dibattito pubblico?

In questo desolante panorama, Marco Travaglio emerge come l’ultimo baluardo di un giornalismo vero, basato su fatti, documentazione e coerenza intellettuale. La sua capacità di smascherare le contraddizioni, non solo della politica, ma anche di chi dovrebbe raccontarla, è una boccata d’aria fresca in un paese soffocato dalla mediocrità. Travaglio ha avuto il coraggio di denunciare le ambiguità del PD, l’assurdità di certe posizioni filoatlantiche e la retorica ipocrita di una sinistra che, nei fatti, sostiene le stesse misure della destra.

Questa onestà intellettuale, che lo porta spesso a essere attaccato da ogni schieramento politico, è ciò che rende Travaglio un giornalista con la G maiuscola, uno dei pochi rimasti capaci di fare servizio pubblico senza piegarsi a logiche di convenienza o autocensura.

La puntata di Otto e Mezzo non è solo uno spettacolo di pessimo giornalismo: è il simbolo di un sistema informativo in crisi, incapace di affrontare la complessità della realtà senza rifugiarsi in semplificazioni, slogan e partigianeria. Il pubblico italiano merita di più. Merita giornalisti che sappiano distinguere tra informazione e propaganda, che abbiano il coraggio di porre domande scomode e di affrontare le risposte con competenza e dignità.

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