di Alberto Piroddi
La campagna contro la giunta Todde e il suo presunto “tradimento” dei sardi per non aver dato priorità alla Legge Pratobello 24 è un perfetto esempio di come la propaganda riesca a manipolare la realtà, alimentando un’interpretazione distorta dei fatti. In un contesto dove la narrazione si basa sull’emotività e su slogan accattivanti, diventa facile far presa su chi non ha gli strumenti per leggere la complessità delle dinamiche politiche e amministrative. Ed è proprio questo il cuore del problema: la propaganda si nutre della superficialità, dell’incapacità di affrontare analisi complesse, preferendo slogan ridondanti e facili accuse di tradimento e prepotenza.
Prima di tutto, è essenziale capire che la giunta Todde non ha affossato la Pratobello 24, ma ha scelto di seguire un iter regolare, quello previsto dal sistema democratico. Cosa c’è di più democratico che rispettare le regole? Non c’è stato alcun colpo di mano, nessun sotterfugio dietro le quinte. Il provvedimento andrà in commissione, come ogni legge seria dovrebbe fare, per essere discusso, migliorato e, soprattutto, calibrato rispetto alle esigenze concrete del territorio. Ma ovviamente, la narrativa populista preferisce vendere l’idea che ogni rinvio sia un tentativo di affossare la volontà popolare.
E qui entra in gioco la retorica demagogica della petizione con le 210.000 firme. Facciamo due conti: 210.000 firme rappresentano circa il 15% della popolazione sarda. Questo è sicuramente un segnale importante, ma siamo lontani dall’idea di un plebiscito unanime, come alcuni vorrebbero far credere. Anche perché, e questo è il nodo centrale, quante di queste firme sono state raccolte grazie a una campagna di disinformazione? Quanti firmatari hanno realmente letto e compreso il testo della Pratobello 24 o si sono fatti trascinare da parole come “speculazione” e “assalto”?
In Sardegna, come altrove, si diffonde con facilità un senso di vittimismo, alimentato dalla percezione che qualsiasi intervento esterno, soprattutto nel settore energetico, sia un complotto per sfruttare il territorio. Ma è proprio qui che la propaganda si insinua con più forza: la transizione energetica non è una scelta, è una necessità. Che ci piaccia o no, le fonti fossili sono in declino e dobbiamo trovare alternative. Non farlo significherebbe lasciare la Sardegna dipendente da carbone e petrolio, con il conseguente aumento di costi energetici e disastri ambientali. Ma questo la propaganda non lo dice.
Chi è contrario all’eolico e al fotovoltaico su vasta scala, si rende conto che attualmente il 70% dell’energia prodotta in Sardegna proviene da fonti fossili? Si rende conto che la transizione energetica è una questione non solo di sostenibilità ambientale, ma di sovranità economica? La legge Pratobello, nella sua versione attuale, rischia di bloccare del tutto il percorso verso un futuro energetico più pulito e indipendente, limitando la Sardegna a un modello che non potrà reggere il confronto con le esigenze del XXI secolo. Certo, nessuno vuole la speculazione. E qui entra in gioco la legge 5/24, fortemente voluta dalla giunta Todde, che già contiene una moratoria su nuove installazioni e prevede un piano per la definizione delle aree idonee. La Sardegna non sarà una terra di conquista, e questo è un fatto, non una promessa.
Per quanto riguarda il tema della democrazia, chi accusa Todde di aver “ignorato il popolo” dimostra di non capire come funziona il processo democratico. Le firme, per quanto numerose, non sono un mandato divino che obbliga un governo ad agire senza riflettere. La democrazia rappresentativa si fonda su un sistema di pesi e contrappesi, dove le decisioni vengono prese dopo analisi approfondite e confronti istituzionali, non sulla base di petizioni che spesso nascono da campagne emotive. Se si seguisse alla lettera questa logica, ogni decisione pubblica verrebbe presa solo in funzione di chi urla più forte. È così che vogliamo governare una regione?
Infine, la questione del “pressing” dell’imprenditore Sergio Zuncheddu viene gonfiata per alimentare la narrativa del “tradimento”. Zuncheddu è certamente una figura di potere in Sardegna, ma la decisione della giunta di non far dettare l’agenda da nessuno dimostra esattamente il contrario: la giunta Todde non si piega a pressioni esterne, che siano di multinazionali o di influenti imprenditori locali. Prima viene il bene della Sardegna, e per questo la discussione sulla legge Pratobello richiede il giusto tempo e il giusto percorso. Perché la fretta è cattiva consigliera, e le decisioni affrettate rischiano di fare danni ben peggiori delle pale eoliche.
Insomma, se davvero vogliamo parlare di democrazia e sovranità energetica, bisogna farlo con onestà intellettuale e non con slogan vuoti e campagne basate sul sensazionalismo. La Sardegna ha bisogno di una transizione energetica che sia equa, sostenibile e rispettosa del territorio. Questo è esattamente ciò che sta facendo la giunta Todde.