Hegel e la tradizione ermetica – Le radici “occulte” dell’idealismo contemporaneo | di Glenn Alexander Magee

Hegel integra elementi della tradizione magico-ermetica nel suo sistema razionale, conciliando razionalità e mistero attraverso la dialettica e il concetto di Aufhebung.

di Lorenzo Verani

Il pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel è una delle espressioni più complete e complesse del razionalismo moderno, un sistema filosofico che sembra escludere qualsiasi forma di misticismo o religiosità esoterica. Tuttavia, come mostra Glenn Alexander Magee nel suo libro Hegel and the Hermetic Tradition [it. Hegel e la tradizione ermetica – Le radici “occulte” dell’idealismo contemporaneo], ci sono elementi profondi della tradizione magico-ermetica che sembrano permeare il pensiero hegeliano, sollevando la questione del rapporto tra razionalità e mistero.

Hegel: il razionale come realtà

Hegel costruisce il suo sistema filosofico attorno all’idea che tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale. Questa massima, spesso fraintesa come una giustificazione delle circostanze storiche contingenti, è in realtà la chiave per comprendere la visione di Hegel del mondo come un’unità organica. Secondo Hegel, la realtà è il dispiegamento dell’Assoluto attraverso un processo dialettico, in cui ogni tesi produce la sua antitesi e infine una sintesi che trascende i due opposti.

L’idea di Hegel di un Assoluto che si realizza attraverso la storia e la dialettica non sembra compatibile con la tradizione magico-ermetica, che invece concepisce il divino come una realtà trascendente, separata dal mondo. Tuttavia, come mostra Magee, ci sono sorprendenti somiglianze tra la concezione hegeliana della realtà e le idee della tradizione ermetica.

Il paradosso ermetico: Dio e il mondo

Una delle questioni centrali della tradizione ermetica è il rapporto tra Dio e il mondo. Nell’ermetismo, Dio è concepito come un principio trascendente che, pur essendo distinto dal mondo, ha bisogno di esso per completarsi. Questo concetto di un Dio che non è completamente autosufficiente, ma che dipende in qualche modo dalla creazione, è in netto contrasto con la teologia cristiana ortodossa, che vede Dio come perfetto e completo in se stesso.

Anche in Hegel troviamo un concetto simile: sebbene Dio sia l’Assoluto, Egli non si manifesta come tale senza la mediazione del mondo. Il mondo non è solo una creazione di Dio, ma è il luogo in cui l’Assoluto si realizza pienamente. Questo rapporto di interdipendenza tra Dio e il mondo è centrale nella filosofia hegeliana e trova una sorprendente eco nelle concezioni ermetiche, in cui Dio e il mondo sono visti come interconnessi in un processo di generazione reciproca.

La dialettica e l’Aufhebung

Un altro punto di contatto tra Hegel e la tradizione ermetica è il concetto di Aufhebung, un termine tedesco che può essere tradotto come “conservare e superare” allo stesso tempo. Questo concetto è centrale nel sistema dialettico di Hegel, poiché ogni fase del processo dialettico viene superata, ma anche conservata nella sintesi successiva. Ogni tesi contiene già in sé la sua antitesi, e il conflitto tra i due viene risolto in una sintesi che non elimina né la tesi né l’antitesi, ma le integra in una forma più alta di unità.

Questo concetto ricorda il processo alchemico dell’ermetismo, in cui gli elementi opposti vengono trasmutati per rivelare la loro unità nascosta. Anche nell’ermetismo, la molteplicità del mondo non è mai semplicemente negata, ma viene trasfigurata per rivelare l’unità sottostante. Tuttavia, in Hegel, questo processo non ha un fine escatologico o mistico. L’unità non è una realtà trascendente che si raggiunge alla fine del processo, ma è già presente in ogni momento del processo dialettico.

In questo senso, l’Aufhebung di Hegel è un concetto radicalmente razionale. Non c’è alcun mistero o magia nel processo di superamento e conservazione: è semplicemente il modo in cui la realtà razionale si sviluppa. Tuttavia, come mostra Magee, ci sono sorprendenti somiglianze tra questo concetto e il processo di trasmutazione descritto dagli ermetici. Entrambi i sistemi, sebbene radicalmente diversi, vedono il processo di sviluppo come un continuo superamento delle opposizioni per raggiungere una forma più alta di unità.

La conoscenza e il potere nel sistema hegeliano

La conoscenza, per Hegel, non è un semplice atto intellettuale, ma un atto di trasformazione del reale. Conoscere significa, in ultima analisi, realizzare il potenziale intrinseco della realtà, portando alla luce ciò che era implicito nella dialettica dell’Essere. Questo concetto di conoscenza è vicino all’idea ermetica che conoscere significa controllare. Nella tradizione magico-ermetica, il sapiente non si limita a contemplare il mondo, ma lo trasforma attraverso la sua conoscenza, rendendosi partecipe del processo creativo divino.

Per Hegel, la filosofia non è una mera astrazione, ma un sapere che ha effetti reali sul mondo. Il filosofo, come il mago ermetico, partecipa al dispiegamento dell’Assoluto attraverso la sua comprensione attiva della dialettica. In questo senso, il sapere hegeliano è una forma di potere, un potere di trasformazione che è il cuore del sistema filosofico di Hegel e che lo collega, anche se indirettamente, alla tradizione magico-ermetica.

La dialettica storica e l’eternità

Un altro tema centrale del sistema hegeliano è il ruolo della storia nel dispiegamento dell’Assoluto. Per Hegel, la storia non è una serie di eventi contingenti privi di significato, ma il teatro in cui si realizza la razionalità dell’Assoluto. Ogni epoca storica rappresenta un momento dialettico di questo processo, in cui lo Spirito Assoluto prende coscienza di sé attraverso il dispiegamento delle sue determinazioni finite. Questa visione teleologica della storia trova paralleli nel pensiero ermetico, dove la storia è spesso vista come un processo di progressiva realizzazione dell’unità divina.

Tuttavia, c’è una differenza fondamentale. Mentre per gli ermetici la storia è un percorso di purificazione verso una perfezione finale, per Hegel il fine è già presente in ogni momento del processo. La storia non è un progressivo avvicinamento a Dio, ma una manifestazione della perfezione già presente nell’Assoluto. In questo senso, per Hegel non esiste una “fine della storia” come redenzione o ritorno all’unità, perché l’unità è già immanente nel processo storico stesso. Ogni momento della storia, anche il più oscuro, non è che una parte necessaria del tutto.

Questa visione della storia come una dialettica tra la finitezza del mondo e l’eternità dell’Assoluto solleva una questione intrigante: se l’Assoluto è già presente in ogni momento del processo storico, quale è il ruolo del male e della sofferenza nella realizzazione della razionalità? Hegel risponde che il male e la sofferenza non sono che momenti dell’astrazione, che vengono superati e integrati nella totalità razionale. Qui, l’influenza del pensiero ermetico è evidente: come nella tradizione alchemica, dove gli elementi impuri devono essere trasmutati per rivelare la loro purezza nascosta, così in Hegel il negativo è parte del processo dialettico che conduce alla realizzazione dell’Assoluto.

Il sapere come autorealizzazione

Nel sistema hegeliano, il sapere non è mai un semplice atto di contemplazione, ma un processo attivo di realizzazione dell’Assoluto. Questo concetto di sapere attivo si avvicina molto alle idee della tradizione ermetica, dove la conoscenza non è mai passiva ma implica una trasformazione tanto del soggetto quanto dell’oggetto. Nella filosofia ermetica, l’uomo è visto come il mediatore tra il divino e il mondo, e la sua conoscenza è ciò che permette al divino di completarsi.

Anche per Hegel, il sapere umano è ciò che permette all’Assoluto di realizzarsi. La conoscenza umana è parte integrante del processo dialettico, poiché è attraverso il sapere che lo Spirito Assoluto prende coscienza di sé. In questo senso, il sapere è un atto di creazione, un processo in cui l’Assoluto si realizza attraverso la mediazione del soggetto umano. Questo concetto di sapere attivo e creativo è uno dei punti di contatto più sorprendenti tra Hegel e la tradizione magico-ermetica.

Tuttavia, c’è una differenza significativa: mentre nell’ermetismo la conoscenza umana è vista come un ritorno all’unità perduta, in Hegel la conoscenza non implica un ritorno, ma un progresso dialettico verso una sintesi superiore. L’uomo, nel sistema hegeliano, non ritorna a Dio, ma partecipa al processo di realizzazione di Dio nel mondo. Questo rende il sapere hegeliano una forma di auto-realizzazione, non solo per il soggetto umano, ma per l’Assoluto stesso.

Il ruolo del negativo nella dialettica

Un aspetto fondamentale della filosofia di Hegel è il ruolo del negativo nel processo dialettico. Per Hegel, la negazione non è semplicemente l’opposto del positivo, ma un momento necessario della realizzazione del vero. Ogni tesi contiene in sé il suo opposto, e questo opposto deve essere negato per permettere una sintesi superiore. Il negativo, quindi, non è un ostacolo alla realizzazione del vero, ma una parte essenziale del processo stesso.

Questo concetto di negazione trova una sorprendente analogia nella tradizione ermetica, dove il processo alchemico implica la trasmutazione degli elementi impuri attraverso la loro distruzione e rigenerazione. Come l’alchimista deve passare attraverso il “nigredo” (la fase oscura della decomposizione) per raggiungere la purificazione, così in Hegel il negativo è parte integrante del processo che conduce alla realizzazione dell’Assoluto.

Tuttavia, mentre nell’ermetismo il negativo è visto come una fase temporanea da superare per ritornare all’unità originaria, in Hegel il negativo non è mai veramente superato, ma viene integrato nel processo dialettico. La dialettica hegeliana non elimina il negativo, ma lo conserva in una sintesi più alta. Questo rende la filosofia di Hegel profondamente diversa da quella ermetica, pur conservando sorprendenti somiglianze strutturali.

Il “Mago” hegeliano: filosofia e magia

Nella tradizione ermetica, il mago è colui che possiede la conoscenza dei segreti dell’universo e, attraverso questa conoscenza, può influenzare e trasformare la realtà. Il mago è dunque un intermediario tra il mondo divino e il mondo umano, capace di manipolare le forze naturali e spirituali per realizzare i suoi scopi. In un certo senso, il filosofo hegeliano può essere visto come una figura analoga. Anche per Hegel, la conoscenza non è passiva, ma attiva e trasformativa. Il filosofo, attraverso la sua comprensione del processo dialettico, diventa un agente della realizzazione dell’Assoluto nel mondo.

Questo parallelo tra il mago ermetico e il filosofo hegeliano è una delle intuizioni più affascinanti del lavoro di Magee. Come il mago ermetico, il filosofo hegeliano partecipa al processo di creazione attraverso la sua conoscenza. Ma mentre il mago cerca di dominare le forze della natura attraverso rituali e incantesimi, il filosofo hegeliano trasforma la realtà attraverso il pensiero. In questo senso, il sistema di Hegel può essere visto come una forma di magia concettuale, in cui il pensiero non è solo uno strumento di comprensione, ma anche un potere attivo che partecipa alla realizzazione del reale.

Tuttavia, c’è una differenza fondamentale: mentre la magia ermetica è spesso associata a pratiche occulte e rituali esoterici, la filosofia di Hegel è interamente razionale. La “magia” hegeliana non consiste in rituali o incantesimi, ma nel potere del pensiero dialettico di trasmutare l’astratto nel concreto, di rivelare la razionalità nascosta nel mondo. Questo rende il sistema hegeliano radicalmente diverso dalla tradizione ermetica, pur mantenendo una sorprendente somiglianza nella struttura del sapere e del potere.

Il ruolo della natura nel sistema hegeliano

Nell’ermetismo, la natura è vista come un riflesso del divino, un libro da decifrare per scoprire i segreti dell’universo. Allo stesso modo, per Hegel, la natura è una manifestazione dell’Assoluto, ma in una forma alienata. La natura, per Hegel, è il momento in cui lo Spirito si estrania da sé stesso, prendendo una forma oggettiva e materiale. Tuttavia, questa estraneazione non è definitiva, ma viene superata nel ritorno dello Spirito a sé stesso attraverso la coscienza umana.

In questo senso, la natura non è semplicemente un oggetto passivo da studiare, ma un momento attivo del processo dialettico. La conoscenza della natura, per Hegel, non è una semplice osservazione empirica, ma un atto di riconciliazione tra lo Spirito e la sua manifestazione alienata. Questo concetto di natura come parte del processo dialettico trova paralleli nell’ermetismo, dove il mondo naturale è visto come un riflesso delle realtà spirituali superiori.

Tuttavia, mentre nell’ermetismo la natura è spesso vista come un enigma da decifrare attraverso pratiche esoteriche, in Hegel la natura è compresa attraverso la ragione. Non c’è nulla di occulto o misterioso nella visione hegeliana della natura: essa è parte integrante del processo razionale dello Spirito. In questo senso, Hegel trasforma la visione ermetica della natura, rendendola parte del suo sistema razionale e dialettico.

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Il lavoro di Glenn Alexander Magee rivela un aspetto sorprendente della filosofia di Hegel: la sua relazione con la tradizione magico-ermetica. Sebbene Hegel sia considerato uno dei massimi esponenti del razionalismo moderno, il suo sistema contiene sorprendenti somiglianze con le concezioni ermetiche della conoscenza, del potere e del rapporto tra Dio e il mondo.

Tuttavia, è importante sottolineare che queste somiglianze non implicano una semplice sovrapposizione tra Hegel e la tradizione ermetica. Hegel supera molti degli elementi tradizionali dell’ermetismo, integrandoli in un sistema razionale e dialettico che non ha bisogno di riferimenti esoterici o mistici. In questo senso, Hegel può essere visto come un pensatore che ha trasformato la sapienza ermetica, portandola all’interno di un sistema di pensiero moderno e razionale.

Come ogni grande sistema filosofico, il pensiero di Hegel contiene molteplici livelli di significato e può essere interpretato in modi diversi. L’analisi di Magee ci invita a considerare una dimensione meno esplorata del pensiero hegeliano, una dimensione in cui razionalità e mistero si incontrano, rivelando nuove possibilità di comprensione per la filosofia moderna.

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