Netanyahu tra ONU e realtà

Netanyahu ritira il cessate il fuoco, pressato dai suoi ministri. Israele vuole l'annessione senza compromessi, mentre Hezbollah resiste e l'ONU discute l'Iniziativa di Pace Araba.

di Tommaso Merlo

Quando è uscita la notizia del possibile cessate il fuoco col Libano, i ministri-coloni di Netanyahu lo hanno chiamato prendendolo a pesci in faccia e minacciandolo che al suo ritorno da New York non avrebbe trovato un governo ad attenderlo ma forche. È così che Netanyahu si è rimangiato tutto in un baleno. I suoi ministri-coloni vogliono sangue e terra promessa, Netanyahu vuole invece rimanere a piede libero e passare alla storia come uno dei padri del sionismo e non certo il suo becchino.

Con la prima sfuriata di bombe sul Libano intanto, si è giusto allungata la sterminata lista di vittime innocenti e di crimini di guerra israeliani. Gli Hezbollah hanno ripreso infatti a colpire la Galilea come se nulla fosse anche se allungando il raggio d’azione ed usando per la prima volta un missile terra aria intercettato sopra Tel Aviv. Mentre Israele bombarda a caso e prende di mira esponenti nemici, Hezbollah non ha per ora abboccato all’escalation e si è limitato a mandare segnali di resistenza. Il loro scopo è il cessate il fuoco a Gaza mentre quello di Netanyahu quello di coinvolgere gli Stati Uniti in una guerra contro l’Iran in modo da conquistare con la forza un ruolo egemone nella regione che gli permetta di coronare i loro sogni sionisti.

Nel frattempo arrivano nuovi droni dall’Iraq e missili dallo Yemen, mentre all’ONU arrivano i potenti. Tra montagne di frasi fatte e pure male, è riecheggiata l’Iniziativa di Pace Araba del 2002 che proponeva la normalizzazione tra mondo arabo ed Israele: pace in cambio del ritiro israeliano da Cisgiordania, Gaza e Golan e la creazione di uno stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale. I palestinesi ci stavano di brutto ma l’altro padre del sionismo Ariel Sharon e poi il suo degno erede Netanyahu mandarono tutto alle ortiche, non gli andava bene neanche tornare ai confini del 1967.

Lo ha ricordato tra gli altri il Re di Giordania in questi giorni newyorkesi, pare sua maestà sia nervosetto e tema di fare la fine che hanno fatto altre teste coronate tra quelle dune a causa delle sue ambiguità e di quel suo perfetto accento inglese.

Il Medioriente ribolle ma le novità sono assai poche. Israele vuole l’annessione senza nessun compromesso e ai palestinesi offre come sempre tre opzioni: o se ne vanno o si sottomettono oppure fanno una brutta fine. È la storia degli ultimi settantacinque anni.

Gli unici che potrebbero costringere Israele ad accettare un rilancio dell’Iniziativa di Pace Araba sono gli americani chiudendo il rubinetto dei soldi e delle armi, ma finché a Washington comanda la lobby ebraica è molto dura. C’è poi il rischio di una guerra civile, i coloni sono talmente fanatici e caricati a molla che se anche gli americani gli imponessero di andarsene dagli insediamenti abusivi, a quelli gli parte la valvola e spaccano su tutto.

Anche per questo la creazione di un unico stato federale laico appare la più fattibile, coi palestinesi ricompensati con altre terre. La svolta storica potrebbe verificarsi quando Israele sarà costretta a scegliere tra un compromesso o la sua fine. Uno scenario possibile. Se gli Stati Uniti facessero mancare il loro supporto, gli Israeliani sarebbe costretti a cedere altrimenti rischiano davvero si torni alla Palestina libera del 1948 come cantano i cortei in tutto il mondo.

All’ONU ha preso la parola anche quel trombone di Abu Mazen, il presidente palestinese ne ha sparate un paio non male nonostante la veneranda età e una mollezza tale da sfiorare la complicità. “Non ce ne andremo, la Palestina è la nostra terra e al massimo se ne andrà chi la occupa”, ha detto ansimando. Ha anche accusato Israele di genocidio e si è rammarico che gli Stati Uniti abbiamo messo per ben tre volte il veto sul cessate il fuoco. Il vecchio presidente ha ribadito di non volere la guerra ma giustizia e libertà per il suo popolo.

A conferma di come certi mostri siano dentro di noi più che altro. E un conto sono le storie che ci si racconta da soli, un altro la realtà. Ma mentre a Gaza e in Libano si muore senza un perché, all’ONU è atteso Netanyahu che ha la faccia tosta di prendere la parola in una istituzione che ha sempre umiliato commettendo crimini di guerra, devastando il Medioriente e rendendo il mondo più insicuro.

Altro punto echeggiato nel palazzo di vetro, le Nazioni Unite sono un nobile tentativo che l’umanità sta compiendo per prevenire certi orrori e garantire pace e diritti umani per tutti. E se qualcuno osa umiliare tale nobile tentativo, ad andarci di mezzo è il mondo intero.

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