Il declino dell’America tra pallottole e lobby mentre la Cina avanza con una strategia vincente

Trump simbolo del declino USA, dominato da lobby e capitalismo sfrenato. La Cina avanza con una strategia ibrida, superando l'Occidente in tecnologia e mercato.

di Tommaso Merlo

Ronzano ancora pallottole intorno al ciuffo di Trump. Siamo al Far West, l’ex presidente rischia di fare la fine degli studenti sterminati a scuola perché la lobby delle armi vuole continuare a fare soldi a palate. Sono circa 400 milioni le pistole regolari che circolano negli Stati Uniti, in costante crescita come i problemi di salute mentale e di droga che nessuno cura. Una polveriera ma guai a togliere ai cow-boy la loro prolunga penis e al business il suo dominio assoluto. Odio, violenza ed un argine sempre più labile tra complottismo e realtà. Trump dice di aver talmente stravinto il dibattito con Kamala che non vuole farne più e racconta che a Springfield gli immigrati mangiano cani e gatti, manco fossero in Cina che intanto galoppa verso la leadership planetaria e senza sparare un colpo. Trump ha speso la vita tra ragazzine, bancarotte e studi televisivi e si esprime come se fosse al bancone del bar.

Dall’altra parte gli scritti politici del serafico Xi sono entrati a far parte della dottrina ufficiale della Repubblica Popolare Cinese ed i primi frutti sono impressionanti. Quello cinese non è comunismo, è un intelligente sistema ibrido in cui il capitalismo non regna ma è guidato dalla politica. Il turbo capitalismo americano è nelle mani di pazzoidi come Elon Musk e squali come Jeff Bezos, con immense risorse che finiscono nelle tasche di una manciata di ricconi sfondati che tra i privilegi hanno pure quello di comprarsi la politica mentre i poveri cristi annaspano sempre di più. L’idea di fondo neoliberista è che più lasci libero il mercato più cresce e più i benefici ricadono su tutti. Balle colossali che i cinesi hanno capito. Il mercato produce innovazione e ricchezza ma anche devastante ingiustizia sociale e soprattutto ha bisogno di un cervello, di un cuore e di una visione ispirata al bene comune che solo la politica gli può dare. Il business privato punta al massimo profitto nel più breve tempo possibile, il pubblico ha invece una visione più complessiva, profonda e lungimirante. In Cina alternano con saggezza e i risultati sono davvero impressionanti.

Una quindicina di anni fa è iniziata la corsa mondiale alle auto elettriche, il business del secolo. È notizia di queste settimane che la BYD cinese produce modelli che costano solo 9.000 Euro e che sbaragliano la concorrenza su tutto. Roba che se arrivassero negli Stati Uniti la Tesla chiuderebbe in un paio di giorni e per questo i liberisti a stelle e strisce hanno messo dazi del 100% per bloccarle. Ma la Cina batte gli Stati Uniti anche sul solare e perfino su smartphone e compagnia bella mentre l’Europa si è smarrita del tutto. Un sorpasso epocale frutto di una strategia. Da tempo le aziende occidentali sono accorse in Cina per sfruttare la manodopera a basso costo ed accedere ad un immenso mercato locale, e mentre facevano soldi a palate i cinesi hanno imparato i trucchi del mestiere e oggi ci battono sia sui prodotti che sul modello economico.

Poi certo, a livello di libertà e democrazia la Cina ha ancora molta strada da fare, ma da quando abbiamo ceduto il potere politico alle lobby private e da quando insanguiniamo il mondo di guerre inutili, abbiamo perso il diritto di dare patenti di democrazia e diritti umani agli altri. Anche a livello internazionale la Cina ha messo la freccia proponendo una leadership più intelligente e pacata di quella americana. Credono in un sistema multipolare e non nell’egemonia. Invece di sfruttare cooperano e invece di minacciare persuadono.

Ma negli Stati Uniti imperversano le elezioni. Kamala è unta a reti unificate ed ha incassato perfino l’endorsment di Taylor Swift coi suoi 300 milioni di followers, eppure non sfonda. Paga l’immonda vaghezza sul genocidio e la testardaggine sul conflitto ucraino, paga uno scarso spessore personale e il fatto di essere il prodotto dell’establishment più ipocrita dai tempi di Abramo Lincoln. Il vecchio Trump da parte sua ha più condanne che idee e ormai vola in Florida e ringrazia l’Oklahoma ma incarna ancora la frustrazione verso un modello politico e sociale fallimentare. Peccato che Trump non sia la causa, ma uno dei sintomi del turbocapitalismo e dei soldi che si sono comprati tutto. Perfino la realtà. Volano pallottole ed insulti ma Xi può stare tranquillo. In Occidente cambiano i governi di continuo ma non certo chi comanda davvero e nessuno mette in discussione il sistema di fondo. Al punto che il conclamato declino americano potrebbe rivelarsi irreversibile.

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