Il verbo latino “règere” ha dato origine a molti termini italiani legati al concetto di guidare e governare, come “reggere”, “reggimento” e “regista”. Nel tempo, queste parole hanno assunto significati più specifici, come il “reggimento” militare e la “regia” teatrale, mantenendo comunque l’idea di direzione e controllo. Anche termini come “regalo” e “regalía” derivano da questo stesso verbo, con significati che si sono evoluti dal donare al re fino ad indicare semplici doni o compensi. Infine, parole come “regione” e “rione” riflettono l’origine di “règere” legata alla delimitazione e gestione di territori, mostrando come le accezioni delle parole possano cambiare nel tempo.
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I nostri padri latini avevano un verbo, règere, ch’è passato tal quale nell’italiano con la sola aggiunta di una g: règgere. In antico voleva dir molte cose: dirigere, guidare, governare, condurre, ecc., press’a poco le stesse del verbo italiano: reggere lo Stato, reggere una famiglia, reggere un’azienda. Solo che noi oggi diamo piú comunemente a questo verbo il significato di “sostenere”, “sopportare”, che è poi una conseguenza diretta del dirigere, del guidare; e diciamo, per esempio, “reggere un peso”, e figuratamente “reggere lo scherzo”, “reggere al dolore”.
Il primo significato di “guidare”, “governare” è però ancora ben vivo nei derivati reggente e reggenza; e anche in reggimento, che vale propriamente “governo”, “maniera di governare”, sí che anche noi diciamo oggi “reggimento dispotico” cioè governo dispotico, e anche regíme. Ma la parola reggimento è divenuta soprattutto comune nel significato concreto di corpo militare al comando di un colonnello; e in questo senso ci è venuto, come molte altre parole militari e guerresche, attraverso il francese régiment, costruito sul latino regimentum, che vale, come ormai sappiamo, direzione, guida; cioè corpo militare sotto la guida di un colonnello (il reggimento era in passato l’unità tattica per eccellenza, e da esso son poi derivate tutte le altre unità).
Un altro francesismo che risale chiaramente allo stesso reggere è regía, che ha in italiano un doppio significalo: è chiaro infatti che la regía, poniamo, di Fellini non ha niente che fare con quella dei tabacchi; ma l’una e l’altra sono sorelle germane, nate entrambe in Francia (règie) dal comune régir, règgere, e quindi il significato è in fondo il medesimo: governo, direzione di un film, di uno spettacolo teatrale, governo, direzione, amministrazione di un particolare prodotto, di una determinata merce da parte di una autorità riconosciuta. Da regía nel primo significato si è poi fatto regista, colui che dirige un film, uno spettacolo teatrale qualsiasi, vocabolo felicemente coniato nel febbraio del 1932 da Bruno Migliorini, che súbito sostituí il francese régisseur.
Ma quel lontano règere si vanta di più schietti derivati. Avanti a tutti metteremo il rex, nell’accusativo règem, donde il nostro re e l’ormai antiquato rege (“A lato a i regi – Ei sederà cantando” dice il Parini); poi, si capisce, la regina, e poi ancora il regno, la reggia, e gli aggettivi regio e regale.
Su questo regale dovremo fermarci un po’, ché da esso ci vennero il regalo, la regalía e il verbo regalare. Regalo e regalare ci son giunte attraverso lo spagnolo regalo, propriamente “dono al re”, e lo spagnolo regalar, propriamente “rendere omaggio al re”; regalía invece è il latino medievale regàlia, alla lettera “diritti del re”; tutti termini che risalgono all’aggettivo latino regalis, corrispondente al nostro regale, cioè “del re”, “pertinente al re”. Si dicevano nel medio evo regàlia le cose destinate al re, cioè tutte quelle cose materiali e tutte quelle particolari attribuzioni a cui il re aveva diritto da parte dei suoi sudditi. Da questo antico uso è derivato al sostantivo regalo il significato puro e semplice di “dono”. Ma non è finito. Da quello stesso latino regàlia, con un solo spostamento d’accento, è nata la nostra regalía, in origine nobilissima parola, ma scesa attraverso i secoli tanto in basso da trasformarsi in un compenso che è poco più di una mancia. E c’è di peggio: sempre da quel regàlia son derivate nientemeno le regaglie o rigaglie, sí, quelle dei polli, cioè il fegatino, il polmone, il cuore, il ventriglio, che erano anch’esse parti della selvaggina uccisa che spettavano di diritto al signore perché considerate particolarmente prelibate, un vero boccone da re.
Ma i discendenti di règere non si fermano qui: ecco i sostantivi règola e règolo, ecco il regolamento, il verbo regolare, che con una s- iniziale di valore privativo ci dà lo sregolato, cioè il privo di règola. Règola è propriamente il latino règula che indicava un’assicella di legno per rigar diritto sulla carta; poi, per traslato, ogni cosa che serviva a far rigar diritto; cioè lo stesso che “norma”, “principio”, “guida”. Il regolamento è il complesso di certe règole. Il significato proprio iniziale del latino ci è rimasto nel sostantivo maschile règolo, che indica appunto l’assicella di legno o d’altra materia per tirar linee diritte su una qualsiasi superfìcie.
Un’altra discendente di règere è la regione, dal latino règio, regiònis, che ebbe un primo significato di “direzione”, “linea direttrice, di demarcazione”, poi “linea di confine”, poi ancora “territorio compreso entro più linee di demarcazione”, e infine, più genericamente, “zona territoriale limitata”, “contrada”, “quartiere”. Servio Tullio divise Roma e il territorio circostante in 30 regiones: 4 nella città, 26 nella campagna; Augusto divise l’Urbe in 14 regiones, e 14 erano ancora nel Cinquecento. Oggi si chiamano rioni, attraverso le corruzioni popolari reioni e riioni. La forma non alterata regione è rimasta per indicare una suddivisione più vasta e a volte più indeterminata di territorio: abbiamo cosí la regione lombarda, toscana e via dicendo, le regioni delle nevi eterne, le regioni del cielo e del mare, e perfino le regioni dell’arte e del pensiero.
Ma tornando ancora a rione, c’è da aggiungere che a capo di ciascuna di queste circoscrizioni cittadine, nell’età medievale, il popolo eleggeva una specie di magistrato al quale affidava gli interessi propri e quelli più generali della circoscrizione stessa. Costui era il “capo del rione”, più brevemente detto caporione. Vocabolo di onestissimi natali, dunque, ma che ha finito con l’acquistare nel tempo, per quella sfortuna che perséguita, come sappiamo, certe parole, un significato tutt’altro che lodevole. La causa di questa degenerazione di significato è da ricercare nel modo di comportarsi di questi antichi capi di rione i quali, eletti il più delle volte tra il popolo minuto, rozzi spesso e ignoranti, si rendevano strumento di inveterati antagonismi esistenti tra rione e rione, spesso ne fomentavano le rivalità e le passioni e ne capeggiavano le contese.
Tutte cose, queste ultime, di cui il lontano onesto dirittissimo règere è solo etimologicamente responsabile.
Fonte: Aldo Gabrielli, Nella foresta del vocabolario. Etimologie curiose. Storie di frasi e di parole, Mondadori, 1977