Come ogni Ferragosto, si ripresenta l’emergenza carceri e Nordio, fedele alla tradizione, sfodera l’ennesimo “piano” che, come sempre, sarà dimenticato entro l’anno. Quest’anno si aggrappa all’idea geniale di mandare i tossici in comunità e rimpatriare gli stranieri, come se davvero queste mosse risolvessero il sovraffollamento. Ovviamente, ogni Guardasigilli ha già proposto queste soluzioni da tempo immemore, con i risultati disastrosi che conosciamo. E mentre il governo gli stoppa l’abolizione della Severino e altre proposte assurde, lui continua a illudersi di avere in mano la soluzione, come se il fallimento del suo referendum non gli avesse insegnato nulla.
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Come a ogni Ferragosto dalla notte dei tempi, c’è l’emergenza carceri. Ma tranquilli: Nordio ha “un piano”. Ne ha sempre uno, a ogni Ferragosto. E sempre diverso da quello dell’anno precedente, che è inutile domandargli quale fosse: complici l’alcol e la calura, non se lo ricorda più. Il piano 2023 erano le famose “caserme dismesse da adattare” a penitenziari. Carletto Mezzolitro ne aveva anche annunciato un “monitoraggio in autunno” (senza specificare l’anno), di cui purtroppo si persero subito le tracce: o si scordò di incaricare i monitoristi, o i monitoristi incaricati si scordarono di monitorare. Altro Ferragosto, altro piano. Magari costruire nuove carceri e ampliare quelle esistenti, progetto a cui l’ultimo ministro della Giustizia degno di questo nome, Bonafede, aveva destinato una quota del Pnrr? Non sia mai: “si può perché nessuno le vuole alle proprie spalle” (manco fossero cetrioli), come se lo Stato non avesse la potestà di costruire infrastrutture con la forza (lo fa soprattutto per quelle inutili, tipo il Tav Torino-Lione e il Ponte). Quindi il nuovo piano? Nordio si fa intervistare dal Corriere per dire che vuole prima “illustrarlo al capo dello Stato” (ove mai lo ricevesse) e “sarebbe irriguardoso anticiparlo qui”. Infatti lo anticipa irriguardosamente lì: i tossici sconteranno la pena “in ambienti diversi dal carcere”, indovinate dove? “In comunità” (non in Parlamento, ecco). E gli stranieri, non ci credereste, “nel proprio Paese”: lui e Tajani ci stanno “lavorando notte e giorno”. Così usciranno la bellezza di “15-20 mila detenuti” deportati fra San Patrignano, l’Africa e l’Asia, ed “ecco risolto il sovraffollamento”. Il fatto che le paroline magiche “caserme”, “tossici” e “stranieri” le abbiano pronunciate tutti i Guardasigilli dal Pleistocene a oggi mentre le carceri si riempivano vieppiù, non gli dice nulla. Del resto, il suo “piano” arriva due giorni dopo la firma del Colle al suo decreto Carceri, che evidentemente era solo il nuovo gioco dell’estate dopo lo yo-yo, l’hula hoop e il frisbee.
FdI gli ha appena stoppato l’abolizione della Severino e della custodia cautelare per chi delinque senza sparare (colletti bianchi, narcotrafficanti e altri galantuomini). Ma il ministro sotto spirito assicura che “non c’è mai stata sintonia migliore”: Giorgia lo nominò, “anche se presiedevo il comitato dei referendum” contro la Severino e la custodia cautelare, e “FdI era contrario”. Purtroppo dimentica di precisare come finirono, i referendum: col record della più bassa affluenza di tutti i tempi (20,9%). Però Carletto ha fatto bene a rammentare quella trionfale esperienza: ora la Meloni potrebbe domandarsi cosa le sia saltato in mente, regalargli un fiasco come buonuscita e nominare un ministro vero.
Il Fatto Quotidiano, 14 agosto 2024